chiesa SAN GIOVANNI BATTISTA di Luciano Monti 2013
Una visita alla bella chiesa riminese con i suoi capolavori...
Gradara La Rocca Malatestiana
Marche- Paesi Medievali- Rocca di Gradara HD
Castello di Gradara
Ultima tappa del nostro breve tour alla scoperta di borghi, paesi e cittadine medievali marchigiane.
Il castello di Gradara è il complesso che sorge sulla sommità di una collina nel comune di Gradara, in provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche, costituito da un castello-fortezza medievale (la rocca) e dall'adiacente borgo storico, protetto da una cinta muraria esterna che si estende per quasi 800 metri, rendendo l'intera struttura imponente. Gradara è stata, per posizione geografica, fin dai tempi antichi un crocevia di traffici e genti: durante il periodo medioevale la fortezza è stata uno dei principali teatri degli scontri tra le milizie fedeli al Papato e le turbolente signorie marchigiane e romagnole.
La leggenda vuole che la rocca abbia fatto da sfondo al tragico amore tra Paolo e Francesca, moglie di Gianciotto Malatesta, fratello di Paolo, cantato da Dante nella Divina commedia. Il castello, di proprietà dello Stato Italiano, dal dicembre 2014 fa parte dei beni gestiti dal Polo museale delle Marche.
Nel tempo il castello è progressivamente diventato uno dei monumenti più visitati della regione ed è teatro di eventi museali, musicali ed artistici. Particolarmente suggestiva è la vista della rocca e del sottostante borgo storico nelle ore notturne.
La fortezza sorge su una collina a 142 m s.l.m.: il mastio, torrione principale, si innalza per 30 metri, dominando l'intera vallata; è possibile arrivare con lo sguardo fino al mare Adriatico, a nord, o verso il monte Carpegna, ad ovest.
Fu costruito attorno al 1150 dalla potente famiglia dei De Griffo: successivamente caduta in disgrazia presso il papato, venne sottratta loro l'investitura della Curte Cretarie e affidata al condottiero dei Guelfi di Romagna, Malatesta da Verucchio(detto Mastin Vecchio), capostipite e fondatore della dinastia dei Malatesta, i grandi Signori di Rimini, Cesena e Pesaro.
Furono i Malatesta a decidere l'edificazione delle due cinte di mura, erette tra il XIIIe il XIV secolo. Nel 1445 Galeazzo Malatesta decise di vendere Gradara a Francesco Sforza per 20.000 fiorini d'oro; quando però Francesco arrivò a Gradara per entrarne in possesso, Sigismondo Pandolfo Malatesta, uomo d'arme e mecenate, si rifiutò di consegnargliela e anche di restituire il denaro.
A seguito di ciò nel 1446 Francesco Sforza, alleato del Duca Federico da Montefeltro, mosse verso Gradara per prendersela con le armi: il suo esercito, ben fornito di cannoni,bombarde e schioppi, cinse d'assedio ed attaccò duramente per 40 giorni la fortezza, la quale sembrava destinata a cadere. Grazie alle intemperie e all'imminente arrivo dei rinforzi del Malatesta, Francesco Sforza fu tuttavia costretto a ritirarsi, lasciando Gradara nelle mani di Sigismondo.
Il dominio del casato su Gradara finì nel 1463 quando Sigismondo Pandolfo Malatesta, scomunicato da papa Pio II, si scontrò direttamente con Federico da Montefeltro, che assediò Gradara per conto della Chiesa. La fortezza, che aveva resistito a numerosi assedi in passato, in quella circostanza dovette arrendersi, per poi essere consegnata in vicariato dal Papa agli Sforza di Pesaro, fedeli alleati della Chiesa.
Da quel momento Gradara passerà di mano diverse volte e alcune tra le più importanti casate della penisola si contenderanno il suo possesso: i Della Rovere, i Borgia, i Medici hanno passeggiato per i saloni del castello, confermando il ruolo da protagonista della fortezza malatestiana nel complicato e tumultuoso scacchiere politico dei territori pontifici situati nelle attuali Marche e Romagna.
Dal 1641 Gradara passò sotto il diretto controllo dello Stato della Chiesa tramite i legati pontifici, iniziando la sua lunga agonia.
Quando, nel 1920, la famiglia Zanvettori acquistò la Rocca di Gradara, il castello e la cinta muraria erano ridotti allo stato di rudere. Umberto Zanvettori finanziò il restauro del castello e della cinta muraria del borgo e, pur facendo degli interventi più interpretativi che filologici, riportò il sito all'originario splendore.
Nel 1928 la rocca fu venduta allo Stato italiano, con diritto di usufrutto da parte della vedova di Zanvettori, Alberta Porta Natale, fino al 1983.
Penna san Giovanni (Marche, Italy) (manortiz)
Panorama da Smerillo e da Monte san Martino
Penna San Giovanni, situato a m 672 s.m., è un centro di notevole interesse per le acque salso - bromo - iodiche - solforose e per le caratteristiche paesistiche e climatiche. Fu patria del Beato Giovanni da Penna, seguace di S. Francesco, ricordato nei Fioretti; dello storiografo Giovanni Colucci (sec. XVIII), autore della monumentale opera Antichità picene; del pittore Mario Nuzzi meglio conosciuto come Mario dè Fiori (sec. XVII). Il nome gli deriva da un termine prelatino nel significato di vetta rocciosa di forma aspra ed acuta e dal nome attuale con quello di Castello della Penna o Castel San Giovanni. Sulla base di alcuni reperti archeologici, si fa risalire la sua origine all'epoca romana quando qui, secondo la tradizione, sorgeva un villaggio legato alla non lontana Faleria. Il luogo fu fortificato in epoca medievale e fu residenza di signori locali. Nel 1259, al tempo dell'occupazione di Manfredi, gli abitanti insorsero e distrussero la Rocca sulla sommità del monte. La fortezza fu poi ricostruita alla metà del '300 dai Varano che avevano preso possesso del paese per conto del Cardinale Albornoz che cercava di mettere ordine nella Marca in nome del Pontefice; alla metà del sec. XV fu conquistata e tenuta per due decenni da Francesco Sforza insieme con molti altri castelli vicini per passare poi definitivamente sotto il dominio della Chiesa. Del periodo medievale, Penna conservava il tratto della primitiva cinta muraria del sec. XIII, i rifacimenti del sec. XV con torre quadrangolare aggettante e le porte dei sec. XIII e XIV: Porta della Pesa (sec. XIV), la Portarella (sec. XIII), Porta del Forno (sec. XIV) e Porta S. Maria del Piano o Porta Marina (sec. XIV). Sulla cima del colle, i resti di una torre della originaria Rocca in cui si apre uno stretto cunicolo nel quale la leggenda dice si nasconda una chioccia d'oro con i suoi pulcini. Tra i monumenti più importanti, la Chiesa di S. Francesco costruita nel 1457 da Salino Lombardo ma rimaneggiata nel XVII e XVIII secolo, conserva il portale della primitiva costruzione ed il pavimento in cotto. All'interno tele dei secoli XV e XVIII. L'antico convento adiacente con chiostro e loggiato ha subito varie trasformazioni nei secoli scorsi ed è stato adibito a scuola. Nel palazzo Municipale, edificato alla fine del sec. XVIII dall'arch. Pietro Maggi, sono conservati reperti di epoca romana ed una interessante tavola, quasi certamente un trittico privato delle cornici, raffigurante la Madonna tra S. Rocco, S. Sebastiano, S. Apollonia e S. Giovanni da alcuni attribuita all'ambito dei Crivelli. Sulla parte aggettante della facciata si innesta la torre dell'orologio. La Pieve di San Giovanni Battista fu costruita tra il 1251 e il 1256 da Giorgio da Como, noto per la fabbrica delle cattedrali di Fermo e di Iesi; a croce latina e ad un'unica navata, riformata nel 1736, conserva la statua in legno del Battista, opera di notevole importanza artistica (sec. XVI), forse opera di Desiderio Confini, ed un interessante Crocifisso dello stesso periodo. Della originaria chiesa di San Antonio Abate resta il robusto campanile costruito, forse, sul basamento di una antica casa-torre medievale. Nel palazzo Priorale, risalente al sec. XIII ma molto rimaneggiato, si trova l'elegante Teatro comunale costruito in legno e dipinto da Antonio Liozzi (sec. XVIII). D'interesse anche ciò che resta del monastero di S. Filomena: la chiesa, ad unica navata, conserva il matroneo ormai murato e l'originale pavimento in cotto recentemente restaurato. All'interno una Sacra Famiglia attribuita al Sassoferrato (sec. XVII). Fuori dal centro abitato, immerse nel verde, due piccole chiese, tra le più antiche di Penna: la chiesa di San Bartolomeo e quella romanica di San Biagio. A qualche chilometro di distanza dal paese, sulle rive del torrente Salino, scaturiscono le sorgenti di acque minerali salso-cloro-iodiche-solfuree di Villa Saline salutari nella cura delle malattie del ricambio e delle affezioni della pelle. L'uso delle acque è attestato almeno fin dalla fine del sec. XIII quando la sorgente fu acquistata da Penna per l'estrazione del sale.
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La Loggia di Gradara - Gradara - Pesaro Urbino - Dimore D'Epoca nelle Marche
La Loggia di Gradara è una dimora costruita per i viaggiatori che scelgono di fermarsi dentro le mura del Castello Malatestiano, tra la Romagna e le Marche. Nel suggestivo borgo, cinto dall'abbraccio discreto dei bastioni, la Loggia può essere definita una dimora per scelta: partendo da una tradizione di ospitalità familiare di oltre mezzo secolo, la sua vocazione all'accoglienza è oggi riformulata tenendo conto delle suggestioni paesaggistiche e sensoriali dello spazio circostante. La Loggia domina le colline e sogna la costa; per questo si è arricchita di materiali terrestri e minerali e in tutte le stanze prevede particolari che parlano del mare e lo evocano. La dimora culmina con un abbaino che guarda al cielo e offre ai suoi ospiti una terrazza-pontile dove rinfrescarsi nelle sere estive, grazie ad un sistema di nebulizzazione. La Loggia di Gradara è un luogo davvero speciale, dove è bello decidere di rimanere e sapere di poter tornare.
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La Loggia di Gradara is the best choice of residence for travellers who decide to lodge inside the walls of the imposing Malatesta Castle overlooking the picturesque fortified village beautifully set between the Romagna and Marche regions. La Loggia is the perfect retreat if you are looking for a long standing, unrivalled tradition of warm family hospitality, in tune with the highly evocative fascination of the surrounding landscape and the impressive sensorial impact of the ambience. From the hilltop La Loggia is inspired by the nearby Riviera and the extremely refined décor of its spaces is matched by state-of-the-art technology with details evocative of the sea. A rooftop window opens onto the sky and a wide terrace is the best retreat for alfresco winding down in the hot summer evenings thanks to a special nebulization system. La Loggia di Gradara is a really unique venue, where guests realize that staying there is greatly enyoyable and then look forward to getting back.
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Urbino la vecchia entrata all_Oratorio di San Giovanni
Urbino la vecchia entrata all_Oratorio di San Giovanni studi dell'Architetto Sergio Feligiotti
S. Andrea di Suasa
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Le origini del castello di Sant'Andrea di Suasa, situato lungo la vallata del fiume Cesano, risalgono a circa 1500 anni fa, dopo la distruzione di Suasa da parte di Alarico, re dei Visigoti . Castrum Sancti Andreae è il nome originario, ed è rinato grazie all'opera dei monaci benedettini che, dopo aver fondato il monastero dove si trova San Lorenzo in Campo, disboscarono e coltivarono l'intera valle del Cesano. Nell'alto medioevo il castello di Sant'Andrea di Suasa dipendeva dal monastero di San Lorenzo in Campo, ma intorno al 1150 ottenne una certa autonomia amministrativa. Aveva un Priore, un notaro, era, però, soggetto alla contea di Fano. Nel 1303 Pandolfo e Ferrantino Malatesti occuparono la città di Fano, il Vicariato di Mondavio e le zone limitrofe. Nel 1322 il pontefice Giovanni XXII assegnò al Rettore della Marca l'amministrazione diretta dei castelli posti nella vallata del Cesano, sottraendoli alla giurisdizione di Fano. Nel 1343 tutta la zona fu di nuovo occupata da Galeotto Malatesta e la dominazione malatestiana cessò solo nel 1463. Il castello di Sant'Andrea di Suasa legò le proprie sorti a quelle di Mondavio che, insieme a Senigallia, passarono nel 1474 sotto il dominio del duca Giovanni Della Rovere. I Della Rovere governarono il ducato di Urbino fino alla devoluzione alla Santa Sede, avvenuta nel 1631. Con la devoluzione del ducato, Sant'Andrea di Suasa entrò a far parte della Legazione di Urbino e Pesaro. Nel 1804 il comune passò, per pochi anni, a quello di Torre San Marco. Durante il Regno d'Italia napoleonico Sant'Andrea di Suasa apparteneva al Dipartimento del Metauro, distretto II di Pesaro, cantone III di Fossombrone. Con la distrettuazione definitiva del 1811, faceva parte del Dipartimento del Metauro, distretto IV di Urbino, cantone di Fossombrone. Con la Restaurazione pontificia il comune ritornò a Sant'Andrea di Suasa, appartenendo alla Delegazione di Urbino e Pesaro. Nell'assetto territoriale del 1817, il comune faceva parte della Delegazione apostolica di Urbino e Pesaro, distretto di Urbino, dipendente da San Lorenzo in Campo, sede di un Governatore. In base all'assetto territoriale del 1835, il comune faceva parte del distretto di Senigallia, dipendeva da Mondavio, sede di un Governatore, all'interno della Delegazione apostolica di Urbino e Pesaro. Con l'Unità d'Italia entrò a far parte della provincia di Pesaro e Urbino, appartenendo al mandamento di Mondavio. Nel 1869 Sant'Andrea di Suasa venne soppresso e costituito frazione del comune di Mondavio. La sua soppressione era stata decretata dalla legge comunale e provinciale del 20 marzo 1865, che stabiliva le norme per la soppressione di quei comuni con una popolazione inferiore a 1500 abitanti. Sant'Andrea di Suasa ne contava poco più di 720. DESCRIZIONE: Il borgo si sviluppa lungo il crinale di un ampia collina alla sinistra del fiume Cesano, in provincia di Pesaro Ubino, in uno scenario davvero unico, infatti il paesaggio è dominato ad ovest dalle cime dei monti Catria e Acuto e da un susseguirsi di montagne (a nord le cime del Montefeltro e della gola del Furlo, a sud sono ben distinguibili il monte San Vicino, e nelle belle giornate il Monte Conero) e ad est verso il mare le colline. La struttura urbana tradisce la sua origine dovuta all'operosità dei monaci benedettini. Infatti se l'origine del primo insediamento (il Castrum) è collocabile nell'età tardo imperiale (dopo la distruzione di Suasa), il suo sviluppo urbanistico così come giunto a noi, si è avuto attorno all'anno 1000 d.C. (la prima traccia documentale risale al 1193 d.C). Ancora integro il possente circuito murario con l'unica porta d'accesso a torre, oggi raggiungibile tramite una arcata sormontata da una rampa, ma in passato servita da un ponte levatoio
Francesco nell'arte: da Cimabue a Caravaggio - Vittore Crivelli
Vittore Crivelli (Venezia, 1435 ca. – Fermo, 1501 ca.)
Visitazione della Vergine a Sant’Elisabetta, tra San Giovanni Battista e San Francesco (1495 ca.)
Tempera su tavola, ordine inferiore: cm 116x192x22 – ordine superiore: cm 67x97x16,5.
Sant’Elpidio a Mare (FM), Pinacoteca Civica “Vittore Crivelli”.
- Sala della Vittoria, Pinacoteca Civica di Ascoli -
Tutte le info sulla mostra, su o
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santa maria della piazza
Come trasformare un compito di arte in ... ingegnosa interpretazione
Villa samantha: la chiesa sconsacrata
Volo attorno ad una vecchia ed abbandonata chiesa dei colli bolognesi. Molto discussa e con un alone di mistero attorno sembra carica di emozioni. Sconsacrata ed abbandonata ma vissuta di notte. verso Sasso Marconi a pochissimo da Casalecchio di Reno
the BEST CASTLE to visit in ITALY GRADARA CASTLE
visit the best castle in Italy.-The Gradara Castle is a medieval fortress that is located in Gradara.one of the best old town in Italy,also one of the best location for a day trip.the castle dates back to the period between 11th and 15th centuries,and it still look like new.
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Kazukii – Endless
Boville Ernica (Fr), uno dei Borghi più belli d'Italia
La cerchia muraria è rimasta totalmente in piedi: l'abitato del centro storico è quasi del tutto delimitato dal circuito medioevale, che solo in alcuni luoghi è stato superato da nuove abitazioni. Esistono ancora 18 torri, alcune circolari altre quadrate. Una di esse, massiccia e di maggiori dimensioni rispetto alle altre, posta alle spalle della Chiesa di San Pietro Ispano e collegata al Palazzo Filonardi, sorto sul luogo del castello, si ritiene fosse il maschio del borgo. La posizione di alcune torri circolari, oggi interne ma collegate da mura alla cerchia esterna, fa pensare ad un doppio circuito difensivo, o ad un'addizione dovuta all'espansione del borgo. Cíè qualche scrittore locale che parla di una terza cerchia, osservando la conformazione delle strade interne e ricordando le mura abbattute alla fine dell'Ottocento. Nel circuito murario si aprono tre porte: San Francesco, Santa Maria e San Nicola.Il centro storico conserva la suggestione dei piccoli paesi formati da una fitta rete di stradine, vicoli, piazzette e angoli che sembrano delineati da un inconsapevole architetto. Sul corso si affacciano i principali palazzi e San Michele, la chiesa più importante.L'ingresso al paese è rappresentato dal piazzale Granatieri di Sardegna dove sorgono il monumento che ricorda la battaglia del 1861 fra soldati del regno d'Italia e borbonici e una fontana con una caratteristica conca ciociara in pietra.Sulla balaustra del piazzale è stata collocata una pietra che indica la direzione dei numerosi paesi che si possono vedere da Boville. Porta San Nicola rappresenta l'ingresso monumentale al centro storico; il portale settecentesco, rimaneggiato nel 1865, ricorda l'architettura di Porta Romana di Veroli.Porta San Francesco è l'altro antico e notevole ingresso di Boville. Si tratta di una porta rimasta allo stato tardomedioevale e ingloblata nel Convento francescano, posto alla sua sinistra. Al di sopra del varco si eleva una robusta torre quadrata, posta a difesa; sul suo fianco destro proseguono le mura.Nel corso del Cinquecento e del Seicento sono sorti diversi palazzi di pregevole architettura.Il Palazzo Filonardi è la trasformazione dell'antico Castello di Boville, avvenuta nel Cinquecento, ad opera del cardinale Ennio. Sorge vicino la Chiesa di San Pietro nella piazza San Pietro che costituisce il cortile del palazzo.L'edificio rinascimentale, presenta delle eleganti cornici alle finestre ed un bel portale rinascimentale attribuito al Vignola. L'interno presenta un grande salone sul cui pavimento sono incisi i motivi araldici dei Farnese e dei Della Rovere, famiglie protettrici del cardinale Filonardi. Il Palazzo Simoncelli si eleva lungo il corso Umberto I, eretto dall'omonimo prelato bovillese utilizzando costruzioni preesistenti, con una facciata a tre ordini. L'edificio incorpora la Chiesetta di San Giovanni Battista ove è stato scoperto recentemente un affresco del Domenichino. Il palazzo, già sede del Monastero delle benedettine di clausura, oggi è residenza municipale; la Chiesa di San Giovanni ospita manifestazioni culturali.La Chiesa di San Michele Arcangelo è la principale di Boville. Si ha notizia di una chiesa con il medesimo nome già dal 1125; l'edificio attuale è stato ricostruito nel Settecento su disegno di Jacopo Subleyras. La facciata è in mattoni, con gli elementi architettonici dei due ordini in pietra. L'interno è suddiviso in tre navate e contiene il cosiddetto Cappellone, ovvero la cappella Filonardi con il sepolcro del cardinale Ennio. Sull'altare di San Sebastiano c'è una tela del cavalier d'Arpino e sull'altare di fronte un Sant'Ermidio, opera di Sebastiano Conca. La Chiesa di San Michele possiede molti dipinti attribuiti al Reni e a pittori del Settecento romano.La Chiesa di San Pietro Ispano è anch'essa molto antica; l'attuale edificio, che è opera del vescovo Simoncelli, fu edificato alla fine del Cinquecento. Líinterno è ad una sola navata e conserva nella cripta líunico elemento visibile della precedente costruzione romanica. Secondo la leggenda sacra, la cripta è la grotta ove per molti anni San Pietro Ispano, un combattente spagnolo contro i musulmani, visse macerando il suo corpo. Il Simoncelli, familiare di Paolo V, ottenne dal papa decorazioni appartenute all'antico edificio di San Pietro in Vaticano; fra queste un angelo musivo attribuito a Giotto, una importantissima reliquia del celebre mosaico della Navicella, un busto argenteo attribuito al Cellini, contenente la reliquia di San Pietro Ispano, due angeli del Bregno, una croce in porfido, due bassorilievi in gesso dorato nel XVII secolo, un bassorilievo attribuito al Sansovino rappresentante originariamente la maternità della Madonna, trasformata poi in Sacra Famiglia, una natività ed una incoronazione della Madonna, affreschi seicenteschi, e molte altre pitture e sculture del Seicento e del Settecento.
Corinaldo, il borgo arancione dei matti
Corinaldo fa parte dei borghi arancioni ed è uno de i più bei borghi d'Italia. Visitandolo se ne ha la conferma in quanto la sua conformazione e gli scorci che offre rimangono indelebili nella memoria del turista: se è vero che molti borghi finiscono per assomigliarsi, Corinaldo fa sicuramente eccezione.
Si può facilmente parcheggiare l'auto fuori dalle mura, varcare la maestosa porta d'ingresso (Porta di Santa Maria del Mercato) ed entrare in un mondo che sembra rimasto ancorato ai secoli scorsi.
Pare che il toponimo derivi da Cuori in alto ma c'è chi dice Corri in alto a indicare la salvezza nella parte alta del borgo, in ogni caso ricordi gloriosi di valorose e strenue difese della popolazione arroccata all'interno delle mura a difesa degli attacchi dei nemici.
La prima immagine che rimane impressa di Corinaldo è la scalinata, semplice e maestosa allo stesso tempo, sicuramente spettacolare col suo pozzo alla metà della salita.
Si chiama Piaggia e il pozzo è detto della polenta, al centro della rievocazione nel terzo weekend di Luglio. Si narra che in tempi andati un contadino, sfinito, in una pausa lungo la scalinata posò un sacco di farina di granoturco sul bordo del pozzo, questo si aprì e cadde all'interno. I Corinaldesi ebbero polenta per lungo tempo. La fama di fama di polentari non disturbò mai gli abitanti, anzi dalla storiella nacque l'annuale rievocazione della polenta. E poi cosa volete che sia essere tacciati per polentari quando Corinaldo è da sempre identificato come il paese dei matti? chissà perché, forse un po' matto era il calzolaio Scuretto, un accanito bevitore, più che matto forse burlone e imbroglione. C'è ancora la sua casa, la si trova facilmente girando per il borgo e un cartello ne racconta la storia, guardando bene la casa non c'è, o meglio c'è solo la facciata, e non perché sia andata distrutta. Semplicemente il figlio di Scuretto, emigrato in America fece fortuna e inviò parecchi soldi al padre perché costruisse una casa, ma Scuretto preferiva bersi tutto nelle osterie del paese. Quando il figlio si insospettì e chiese una foto Scuretto fece costruire solo la facciata e si fece ritrarre dietro a una finestra, la casa non fu mai finita e ancora oggi è così ... matto o burlone è un'altra storia divertente di questo borgo.
Se ci si trattiene dal salire subito la scalinata della Piaggia si può percorrere le mura. Le mura circondano l'intero borgo di Corinaldo e sono percorribili per lunghi tratti, lungo il percorso si incontrano porte, baluardi, camminamenti di ronda e torri di difesa, come la Torre di Guardia dello Scorticatore, lungo le mura dall'inquietante omonimo nome.
Ma tutto ruota attorno alla Piaggia, il luogo più suggestivo e immortalato dai turisti, coi suoi 109 scalini e il pozzo di cui abbiamo parlato.
Questo paese di matti non è solo pittoresco ma conta anche costruzioni notevoli come il Palazzo Comunale e il Teatro Carlo Goldoni, la torre pentagonale dello Sperone a difesa del Cassero. In piazza del Cassero poi sorgono due piccole chiese: la Chiesa del Suffragio e quella dell'Addolorata.
Infine Corinaldo diede i natali a Santa Maria Goretti e c'è l'omonimo Santuario da visitare, mentre la casa si trova in campagna fuori dalle mura a pochi minuti di distanza.
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Insieme si può - Sen Jan di Fassa
Messaggio istituzionale in vista del Referendum del 20 novembre 2016
RIMINI - Il Tempio Malatestiano
Prima opera architettonica di Leon Battista Alberti, fu iniziata nel 1447 trasformando la preesistente chiesa di San Francesco in Tempio-Mausoleo per il Signore della città Sigismondo Pandolfo Malatesta.
Insieme all'Alberti lavorarono altri grandi artisti dell'epoca come Matteo de' Pasti (esecutore del progetto), Agostino di Duccio (autore, tra le altre sculture, dei 61 giocosi Angioletti che corrono, giocano e danzano a simboleggiare, in un piacevole insieme, la fantasia dell'innocenza) e Piero della Francesca, di cui si ammira l'affresco con il Principe Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo (1451).
Purtroppo il grande Tempio, per il declino politico ed economico del suo committente, non fu mai portato a termine motivo per cui l'aspetto attuale, pur di notevole interesse, appare ben diverso dal disegno originale del suo illustre progettista.
XXIII Giornate FAI di primavera Urbino Oratori San Giovanni e San Giuseppe
Descrizione
Chiesa di Iano
La Chiesa di Iano a Sasso Marconi e il paesaggio
Urbino e Raffaello puntata 27 2009
Continua ad Urbino il successo della mostra dedicata a Raffaello.
Curetta di Servigliano (Marche) a s. Maria delle Piagge un dipinto di Antonio Liozzi (manortiz)
Antonio Liozzi (Penna San Giovanni, 1730 -- Penna San Giovanni, 1807)
Nato in una famiglia della piccola borghesia locale, studiò pittura con il maestro di scuola romana Marco Benefia - Della sua opera si ricordano soprattutto la progettazione e le decorazioni pittoriche a motivi floreali in trompe-l'œil del Teatro Flora di Penna San Giovanni, costruito interamente in legno e importante esempio di arte e architettura barocca. Liozzi si occupò inoltre della rappresentazione di soggetti sacri. (fom Wiki)
Urbino restauro convento San Bernardino e Mausoleo dei Duchi
Urbino, 14 febbraio intervista all'architetto Stefano Gizi soprintendente beni architettonici in merito al restauro al complesso del convento San Bernardino e Mausoleo dei Duchi.