Belmonte Piceno Borgo Medievale
Il territorio comunale ospitò uno stanziamento piceno di grande importanza, come dimostrano i resti di una necropoli risalente al VII secolo a.C.; più tardi i romani vi dedussero una colonia, sulle cui rovine i monaci farfensi costruirono una chiesa con torrione.
A causa della sua posizione, il borgo rivestì una grande importanza strategica tra Medioevo e Rinascimento e più volte diede asilo a milizie mercenarie comandate da capitani di ventura. Il toponimo, privo di specificazione fino al 1863, allude chiaramente alla posizione arroccata del borgo. I caratteristici resti archeologici detti “morrecini” –pietre usate come monumenti funebri dagli abitanti della colonia romana, che vi appoggiavano le anfore contenenti le ceneri dei defunti– rappresentano, con la necropoli picena, una significativa testimonianza del passato remoto di questi luoghi.
La chiesa di San Salvatore custodisce una Pietà quattrocentesca in legno e preziose reliquie: nel cosiddetto “tabernacolo della Croce” è conservato un pezzo di legno tradizionalmente considerato parte della croce a cui Cristo fu inchiodato sul Golgota.
Una festività molto importante che si svolge a Belmonte Piceno il 3 maggio è Santa Croce.
Si dice che all'interno di una teca in argento sia contenuto un minuscolo pezzettino del crocefisso su cui fu inchiodato Gesù.
DA VEDERE:
Chiesa S. Salvatore (XII sec.), ricostruita nel XVIII sec. ha come elementi di spicco una Pietà, scultura lignea del XV sec., una croce stazionale in argento del XVII sec. ed un reliquiario della S. Croce.
Torre quadrangolare e resti di cinta fortificata del sec. XV.
Chiesa romanica di S. Maria in Muris (S. Simone e Giuda). Sulle rovine romane tra il 936 ed il 962 i monaci benedettini costruirono una chiesetta rurale, in puro stile longobardo, con torrione di vedetta (rimurato nel XVI sec.) e con un eccezionale criptoportico preromanico all’ingresso sotto la torre. Le testimonianze romane sono una lapide funeraria e uno spezzone di marmo bianco su cui è scolpito un leone, incastonati nella facciata.
Santuario Santa Maria delle Grazie e San Giacomo della Marca - Monteprandone
San Giacomo della Marca, al secolo Domenico Gangale, nacque a Monteprandone, provincia di Ascoli Piceno, il 1 settembre 1393. In gioventù intraprese gli studi ad Ascoli Piceno e successivamente a Perugia, dove si laureò in diritto civile ed ecclesiastico. Esercitò dapprima il ruolo di notaio a Firenze e in seguito di giudice a Bibbiena, ma l’ambiente delle corti di giustizia, lontano dalle sue aspirazioni spirituali, lo indussero ad abbandonare il mondo giudiziario ed entrare nel convento di S. Maria degli Angeli di Assisi.
Il 13 giugno 1420 fu ordinato sacerdote e subito si distinse per l’efficacia delle sue prediche che attiravano numerosi fedeli in ogni luogo egli si recasse. La predicazione di San Giacomo, che trattava i temi basilari della fede cristiana, si estese contro i gruppi di eretici, principalmente i fraticelli, che attentarono più volte alla sua vita. Papa Eugenio IV gli conferì incarichi speciali per la predicazione contro le eresie oltre l’Adriatico e per missioni diplomatiche nell’Europa centro orientale. Fu un convinto assertore delle Crociate e, grazie al suo intervento in veste di pacificatore, le città di Fermo ed Ascoli, eterne nemiche, stipularono una storica pace nel 1446 e poi nel 1463. Nello stesso anno risolse ancora una volta una questione di confine tra Monteprandone e Acquaviva.
Il santo si prodigò a dare Statuti Civili ad undici città e creò i Monte di Pietà, per combattere l’usura. Scrisse diciotto libri. Istituì nel Convento di Santa Maria delle Grazie, da lui fondato, una ricca libreria per l’istruzione dei religiosi e di quanti coltivassero l’amore per lo studio. Morì a Napoli il 28 novembre 1476. Il suo corpo fu sepolto nella chiesa di Santa Maria la Nova a Napoli.
Un video realizzato da Lorenzo Cicconi Massi nell’ambito del Progetto Europeo IPA Adriatic “Adriatic Route”:
“This publication has been produced with the financial assistance of the IPA Adriatic Cross-Border Cooperation Programme. The contents of this publication are the sole responsibility of Regione Marche and can under no circumstances be regarded as reflecting the position of the IPA Adriatic Cross-Border Cooperation Programme Authorities”.
le campane della Chiesa di Santa Maria della Pietà in Gorzano, fraz. di San Damiano d'Asti
Gorzano - Frazione di San Damiano d'Asti
chiesa Santa Maria della Pietà
5 campane Mazzola in LAb3
Lab.3 - 1963
Sib.3 - 1898
Do.4 - 1898
Do#.4 - 1964
Mib.4 - 1964
Il Campanaro del paese e nostro socio, Simone, collauda un Carillon Semiautomatico costruito da lui con una scheda Arduino UNO. molto ingegnoso ed efficace!!!
VISITARE MONTE SAN PIETRANGELI - MARCHE - FERMO
visitare Monte San Pietrangeli - Monte San Pietrangeli monumenti -Storia di Monte San Pietrangeli - breve conoscenza di Monte San Pietrangeli - chiese da visitare Monte San Pietrangeli - venite a Monte San Pietrangeli - Fermo Monte San Pietrangeli - colline marchigiane Monte San Pietrangeli - breve racconto Monte San Pietrangeli.
Fermo, Pietà (XIII sec), Duomo portale laterale (manortiz)
La lunetta del portale è composta da tre figure tagliate a tre quarti: al centro il Cristo morto, a sinistra la Madonna a destra San Giovanni. Si tratta probabilmente della scultura più antica di tutta la parete esterna della Cattedrale. Un lavoro di piena epoca romanica (sec. XIII), di grande effetto e di esemplare semplicità. La figura di Cristo nell’abbandono della morte, fortemente rimarcata nei segni del volto, nel capo reclinato e nelle mani a croce abbandonate sul corpo. La Vergine fissa e di tre quarti è nell’atto di presentare il Cristo; il panneggio ha echi classici pur nella sua semplicità ed essenzialità. San Giovanni stravolto dal dolore ha una mano sul capo piegato a sinistra e l’altra sospesa in un gesto che indica il Cristo.
Giuseppe Ghezzi, Pietà, Chiesa di san Salvatore in Lauro, Roma (manortiz)HD 720
Giuseppe Ghezzi (November 6, 1634[1]–1721) was an Italian painter of the Baroque period, active mainly in Rome.
Biography[edit]
Born in Comunanza, in the Marche (then part of the Papal States), he was the son of the painter Sebastiano Ghezzi, a painter and architect for the papacy of Pope Urban VIII. Sebastiano died when Giuseppe was only 11 years old, and he was sent to Fermo to study philosophy an letters, but took also painting instruction under Lorenzino da Fermo. He then moved to Rome where he chose painting over law studies. He painted in many Roman churches.
He painted in the style of Pietro da Cortona. Giuseppe Ghezzi was the first secretary in perpetuity for the Accademia di San Luca in Rome. He was the father of the more prominent caricaturist Pier Leone Ghezzi (born June 28, 1674). Another son, Placido, was Apostolic Protonotary.
On December 10, 1676, he borrowed a number of privately owned works by Venetian masters and exhibited them in the cloisters of San Salvatore in Lauro in Rome. He published a book of collected poems about art that describes an academic competition.
Ghezzi died in Rome in 1721. from Wiki
VERONA - Chiesa di San Fermo Maggiore
Monte san Pietrangeli - Rubate ostie alla chiesa della Madonna del Buon Cuore
Chiese del fermano ancora nel mirino dei malviventi
Una Porziuncola a Montelparo Marche, Chiesa di s Maria in Camurano (manortiz)
la Chiesa di S.Maria in Camurano
Fin dall'alto medioevo , c'è nel territorio di Montelparo una contrada dedicata a S.Maria, è in questa zona che si trova la Chiesa di S.Maria in Camurano. Secondo il Pastori, frate agostiniano di Montelparo, questo fu il primo luogo solitario dei Frati Minori Francescani detto de Maculis. La forma attuale della Chiesa risale alla metà del Cinquecento. Originariamente vi era solamente una piccola cappella situata al centro della chiesa che doveva essere una Pinturetta eretta lungo la strada in prossimità di un trivio. Successivamente fu decorata con interessanti affreschi votivi risalenti alla seconda meta del sec. XV. La Chiesa di S.Maria in Camurano si presenta ampia ad unica navata. La sua costruzione si fa risalire intorno all'anno 1549 quando la primitiva cappella o tempietto stradale fu isolato a mo' di Santuario e protetto da un rivestimento in
pietra arenaria, squadrata e levigata ad imitazione della Chiesina della Porziuncola in S.Maria degli Angeli in Assisi. Sul tettino, lungo la fascia incorniciata corre un'iscrizione AVE MARIA GRATIA PLENA A(nno) D(omini) 1549. La cappella-Santuario è costruita su base rettangolare ha la volta a botte con decorazioni risalenti al sec. XVI. Nella parete occidentale nella parte che emerge dal piano dell'altare si conserva un interessante affresco raffigurante a sinistra S.Maria Maddalena compatrona della Comunità di Montelparo. Lungo la parete di destra a fianco dell'immagine votiva di S.Antonio Abate è stata affrescata la scena della annunciazione.
from
Il Rosone del Duomo di Fermo - The Cathedral's Rose window (manortiz)
La facciata della cattedrale è in pietra d'Istria, scandita da sottili lesene, e presenta al centro un elegante portale con fasci di colonne scolpite, sormontato da un'ampia cuspide racchiudente la statua della Vergine: in asse è posto il grande rosone con dodici colonnine decorate con motivi tortili e a spina di pesce, desinenti in eleganti archi trilobati ravvivati da tessere musive policrome, opera dello scultore fermano Giacomo Palmieri (1348).
RETESOLE TG LAZIO Dai Crivelli a Rubens, i tesori di Fermo in mostra a Roma
Pezzi pregiati delle Marche di passaggio a Roma. Fino al 9 luglio il Complesso monumentale di San Salvatore in Lauro accoglie un'interessante mostra suddivisa in due sale e costituita in larga parte da opere provenienti da Fermo così come da altre località limitrofe.
Il terremoto del 2016 ha causato danni permanenti anche a chiese e musei nel comune marchigiano. L'allestimento in questione permette a determinati lavori di essere ammirati nella Città Eterna in attesa di un ricollocamento nei rispettivi siti di appartenenza. Nella prima sala della struttura capitolina trovano posto tre grandi pale che rappresentano L'Adorazione dei pastori e firmate da Pieter Paul Rubens, Pietro da Cortona e Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio.
Più ricco il secondo ambiente, caratterizzato dalla presenza di pale e polittici rinascimentali i cui autori rispondono ai nomi di Carlo e Vittore Crivelli, Pietro Alemanno, Ottaviano Dolci e Giuliano Presutti. Un'occasione per comprendere il fermento tangibile nelle Marche tra il XV e il XVI secolo.
Qualità e raffinatezza: per chi ne sa già molto e per chi è alla ricerca di splendide rarità.
Servizio a cura di Alessandro Basile.
Gli affreschi strappati all''interno della Chiesa della Badia (3)
Un monumento medievale da visitare, la Badia di Piraino con i suoi pregevoli affreschi absidali del tredicesimo secolo recentemente riportati a vista ed ancora sconosciuti.
La Chiesa della Badia o “Teotokos” cioè Casa della Madre di Dio, è un luogo di grande suggestione.
La Badia è verosimilmente la chiesa più antica del centro.
Nel 1101 venne concessa dal Conte Ruggero, il Normanno, all’Abate Debasiliani, della Badia di San Nicolò Lo Fico di Raccuia.
Nel 1681 la madre di Girolamo Lanza, per grazia ricevuta, fece dono alla chiesa di una campana.
Nel 1732, Lucio Denti, fece restaurare la Badia, testimonia questo avvenimento una lapide marmorea.
Negli ultimi anni sulle pareti interne della chiesa, sono stati rinvenuti degli affreschi, di stile bizantino. Raffiguranti una Madonna con Bambino.
Di fattura locale è l’acquasantiera in pietra arenaria, destinata a contenere l’acqua benedetta o l’acqua santa.
Un bellissimo esempio di acquasantiera è custodita nel museo etno-antropologico. Risale al 1625, e si trovava nella Chiesa del Convento dei Frati Minori Osservanti di San Francesco. L’acquasantiera sulla base inferiore riporta scolpito il nome del Frate e la data (1685) dell’epoca della sua realizzazione.
Bussolengo (Verona Veneto) affreschi della Chiesa di S. Valentino - slideshow
La chiesa di San Valentino, situata nelle vicinanze di piazzale Vittorio Veneto, è il più glorioso e noto monumento di culto di Bussolengo.
Edificata in tempi immemorabili, la chiesa di San Valentino è nominata per la prima volta in un codice appartenuto un tempo alla chiesa di Santa Maria Maggiore di Bussolengo, in esso si dice che nell’anno 1339 un sedicente Gilberto vescovo di Tiberiade avrebbe riconsacrato il 12 aprile la chiesa violata da soldatesche veneziano-fiorentine o bavaresi in lotta con gli Scaligeri.
Nel 1391 il vescovo di Verona Giacomo de Rossi concede ai Disciplini il permesso di restaurarla, farne la sede della Confraternita e costruirvi, in luogo annesso, un ospedale per la cura dei viandanti e dei pellegrini.
Nella prima metà del XV secolo essa è già arricchita di due splendidi cicli di affreschi, uno all’interno e l’altro all’esterno, narranti le storie di San Valentino.
Sotto il portico a sud, antecedente ai due cicli, vi è la grande, mirabile Crocefissione del XIV secolo.
Nel 1567 il vescovo Agostino Valerio la trova ben tenuta dai Disciplini esine cura cioè priva di un presbitero titolare. Nella circostanza ordina il rifacimento della predella dell’altare maggiore. Alla fine del XVI secolo vi sono all’interno quattro altari: l’altare maggiore, l’altare della Beata Vergine, l’altare della Pietà e l’altare di San Giacomo. È del 1595 la prima notizia dell’esistenza del Sepolcro o Compianto del Cristo morto e di portici all’esterno della chiesa nonché di un altare sul quale si celebra in diebus sancti cioè nei giorni della festa del santo.
Ora la chiesa, prezioso scrigno d’arte e di ricordi, vetusta e fascinosa nei suoi più che sette secoli di vita, continua a tessere la storia del paese nell’odore del fumo di candela, nei rosari dei devoti, nelle messe e nel curioso sguardo dei turisti.
La bellezza salvata: in mostra 150 opere restaurate dopo l'alluvione
Fino al 26 marzo 2017 a Palazzo Medici Riccardi un itinerario articolato fra alcuni dei luoghi più colpiti dal disastro del '66
s. Vittoria in Matenano, The Cappellone with frescoes by the brother Marino Angeli (manortiz)
with frescoes from year 400 by the brother Marino Angeli Ciamaglie
At the highest point of the Matenano hill, among tall ancient holm oaks, stands the Church of the Resurrection, commonly known as the Cappellone or Big Chapel. Consisting of a neoclassical a capanna façade, the sacred structure called Sepelitio de'morti from the 15th century onwards, owes its name to the ossuary located in the basement, which held the bones of those who in life had professed their belief in God the Omnipotent Father, bodily resurrection and eternal life. The inhabitants of Santa Vittoria, instead, continued to call it by another name because still today it conserves a portion of the ancient monastic church, modified around the 17th century to introduce the canons' chancel, known, in fact, as the Cappellone. Especially noteworthy is the 14th-century Chapel of the Innocents which is located along the left side of the church and contains fine frescoes attributed to Fra' Martino Angeli who managed to animate his characters with lacerating expressiveness. Not only is it, as everyone knows, the only architectural remnant of the earlier monastic church, but the chapel is also a splendid example of the art of painting that flowered among the brothers of the Farfense monastery.
from:
il corpo della chiesa monastica, costruita nel severo stile romanico, si presentava ancora nelle strutture originali del sec.X, con l'aggiunta di due prolungamenti verso ponente: la Sepelitio de' Morti, realizzata nella seconda metà del sec.XIII, e trasformata nel decennio 1645-1655 in Cappellone, e l'Oratorio degli Innocenti, eretto in stile gotico nel 1369, ed affrescato dal monaco-pittore, Frà Marino Angeli Ciamaglie da S.Vittoria nella metà del sec. XV, della scuola di Giacomo da Campli (secondo alcune fonti, autore lui stesso di tali affreschi).
1771 d.C. 5 giugno. -- Tutti i canonici, raccolti in capitolo, decisero di non risparmiare spese e sacrifici pur di riuscire ad avere una nuova chiesa, degna erede di tanta gloria e custode del prezioso tesoro del Sacro Corpo di S. Vittoria. La chiesa monastica, costruita nel sec.X, viene demolita perché pericolante e fatiscente. Essa si sviluppava nello spazio divorato dalle frane della grande ripa, con prosecuzione verso sud. La cronaca della demolizione si trova in un breve manoscritto del'epoca, oggi custodito nell'Archivio Capitolare: ...la torre però fin dalla fine del secolo scorso cominciò a minacciar rovina: fu più volte riparata ma i terremoti, i fulmini, e la qualità del terreno in cui riposava ne rese la caduta inevitabile. Prevedutosi un tal accidente, fu risoluto di demolir tutta la chiesa che in vari luoghi pericolava... ...caduta poco appresso la torre, si demolì tutta la chiesa, e l'annesso monastero. La pietà della divota donna Maria Vittoria Perfetti fece serbare intatto il coro, il Presbiterio e parte della nave destra, e con questo formò l'oratorio della Resurrezione tuttora esistente, e che di presente serve d'oratorio alla Ven. Compagnia del Santo Rosario. Monumento è questo che può servire ai posteri di lume per riconoscere il sito, la qualità, la struttura della vecchia chiesa.
From From :
COME I CRISTIANI RISPONDONO ALL'ISIS: L'ESEMPIO DEI VENTUN MARTIRI COPTI IN LIBIA
ISCRIVITI AL NOSTRO CANALE:
LA CHIESA COPTA CONSIDERA MARTIRI
I 21 UOMINI UCCISI IN LIBIA
Un occidentale non esperto non avrebbe potuto accorgersene. Ma Antonios Aziz Mina, vescovo copto di Giza, cittadina egiziana, nel guardare il video della esecuzione dei ventuno lavoratori cristiani copti uccisi dall’Is ha osservato le labbra dei condannati negli ultimi istanti, e dal labiale ha letto che invocavano il nome di Gesù Cristo. Forse, nell’incendio che si va allargando sulla Libia, e nell’angoscia che da quel Paese riverbera sul Mediterraneo e l’Europa, a qualcuno potrà apparire una notizia minore. Le “vere” notizie non sono forse i bombardamenti, le città conquistate e perdute, le cupe minacce lanciate dall’Is? E quel labiale invece, solo poche parole afone, subito travolte nel torrente di sangue che sale dal povero corpo di un uomo trucidato. Eppure a volte proprio nelle parole dette piano sta qualcosa di molto grande. Non sarebbe stato umanamente più comprensibile, in quell’ultimo istante, supplicare pietà, o maledire gli assassini? Per noi europei, nati in una Chiesa non fisicamente minacciata, è ragione quasi di uno sbalordimento quell’estremo invocare Cristo, nell’ultimo istante. Noi, che, quanto alla morte, ci preoccupiamo che sia “dignitosa” e “dolce”, e magari convocata quando noi riteniamo che sia l’ora. Questa morte dei ventuno giovani copti, non “dignitosa” e atroce, ci colpisce per la statura che assumono le vittime, morendo nell’atto di domandare Cristo. Statura, anche questo particolare era stato previsto dall’attento regista dell’Is, nel girare quel video sulla riva del mare. Mentre carnefici e vittime camminano verso il luogo dell’esecuzione infatti è evidente come i boia siano stati scelti fra uomini molto alti, e come bassi, accanto a loro, appaiano i prigionieri. Quasi a evocare tacitamente l’idea che i terroristi siano “grandi”, e le vittime solo “piccoli” uomini; dentro a un mondo sconvolto, giacché non è il nostro Mediterraneo solare, quella spiaggia livida su cui si frangono onde arrossate dal sangue. Ogni dettaglio, quindi, era stato previsto dagli assassini per evocare un mondo “altro”, in cui dominano i boia intabarrati di nero, a cancellarne perfino le umane sembianze. Ma quell’ultimo labiale non lo avevano previsto, e non sono riusciti a censurarlo. Ostinato come il «no» di Asia Bibi all’abiura, fermo come il «no» di Meriam Ibrahim, in Sudan, quando era in prigione, in catene, con un figlio in grembo, e la prospettiva della impiccagione davanti a sé. Noi cristiani del mondo finora in pace fatichiamo a capire. Ci paiono giganti quelli che muoiono, come ha detto il Papa dei ventuno copti, da martiri. Eppure se guardiamo le facce di quegli stessi prigionieri nel giorno della cattura, in fila, i tratti mediterranei che li fanno non così diversi da molti ragazzi nel nostro Sud, ci paiono uomini come noi, con gli occhi sbarrati di paura. E allora che cosa determina, nell’ultima ora, quella irriducibile fedeltà a Cristo? Una grazia, forse, e insieme il riconoscere, con assoluta evidenza, nell’ultimo istante, il nome in cui, perfino nella morte, nulla è perduto: famiglia, figli, madri e padri e amori, non annientati ma ritrovati e salvati. Pronunciano davanti alla morte quel nome come un irriducibile «no» al nulla, in cui i boia credono di averli cancellati.
san Rocco in HD 1080 nella chiesa del Crocifisso di Monteleone di Fermo (manortiz)
Nome: San RoccoTitolo: Pellegrino e TaumaturgoRicorrenza: 16 agostoProtettore di:animali, articolazioni, assicurativi, contagiati, emarginati, farmacisti, ginocchia, operatori sanitari, pellegrini, viandanti, volontari
Di questo Santo, che fu uno dei più illustri del secolo xiv e uno dei più cari a tutta la cristianità, si hanno poche notizie. Oriundo di Montpellier (Francia), della sua giovinezza si narrano cose meravigliose. Ventenne, rimasto privo del padre e della madre, distribuì parte dei suoi beni ai poveri e parte li donò ad uno zio paterno. Quindi, vestitosi da pellegrino, si avviò elemosinando alla volta di Roma, per visitare il centro del Cristianesimo, sede della verità e della civiltà, e per vedere il Pastore Supremo dei popoli e delle nazioni, il Papa.
Nell'attraversare le contrade della nostra bella Italia, seppe che la peste faceva strage in parecchie parti della penisola. Ed ecco S. Rocco nel genovesato, in Toscana, a Cesena, a Rimini e specialmente ad Acquapendente farsi consolatore dei poveri ammalati ed operare prodigi di cristiana carità. Fu salutato ovunque quale salvatore, ed in Roma il suo nome risuonò in benedizione. Ma egli schivava la lode e per evitarla, poco dopo aver soddisfatta la sua pietà, lasciò la Città Eterna e si portò a Piacenza, dove infieriva allora il morbo fatale. Qui il suo apostolato ebbe del meraviglioso, dell'eroico, del sovrumano, e Dio lo benedisse talmente, che gli bastava alle volte un segno di croce per rendere la sanità anche, a molti. Ma infine anch'egli fu attaccato dalla peste: per non essere di peso a nessuno si ritirò in un antro fuori della città, dove, consumato da febbre, soffrì dolori indicibili. La Divina Provvidenza però (come già un giorno al grande Anacoreta della Tebaide), quotidianamente gli inviava un pane per mezzo di un cane. Guarito per grazia di Dio e per l'aiuto datogli da un pio signore, che sulle orme del cane aveva rintracciato il povero sofferente, Rocco lasciò Piacenza e si ritirò in Francia. Quivi, creduto una spia, connivente lo stesso suo zio, a cui aveva lasciato parte dei suoi beni, fu messo in prigione. Passò quindi i suoi ultimi anni sconosciuto.
Alla sua morte, avvenuta come si ritiene il 16 agosto 1327, furono udite voci di fanciulli che gridavano: È morto il Santo! E le campane suonarono a festa da sole. S. Rocco era passato a ricevere il premio delle sue fatiche e delle sue opere buone.
Si seppe la storia della sua santa vita da uno scritto da lui lasciato all'edificazione dei posteri, ma più di tutto la sua santità ci fu resa nota dagli innumerevoli miracoli che la Provvidenza operò sulla sua tomba gloriosa. La devozione a S. Rocco è universale ed è invocato contro le malattie contagiose.
s.Vittoria in Matenano, Church of the Resurrection: frescoes by the brother Marino Angeli (manortiz)
with frescoes from year 400 by the brother Marino Angeli Ciamaglie
At the highest point of the Matenano hill, among tall ancient holm oaks, stands the Church of the Resurrection, commonly known as the Cappellone or Big Chapel. Consisting of a neoclassical a capanna façade, the sacred structure called Sepelitio de'morti from the 15th century onwards, owes its name to the ossuary located in the basement, which held the bones of those who in life had professed their belief in God the Omnipotent Father, bodily resurrection and eternal life. The inhabitants of Santa Vittoria, instead, continued to call it by another name because still today it conserves a portion of the ancient monastic church, modified around the 17th century to introduce the canons' chancel, known, in fact, as the Cappellone. Especially noteworthy is the 14th-century Chapel of the Innocents which is located along the left side of the church and contains fine frescoes attributed to Fra' Martino Angeli who managed to animate his characters with lacerating expressiveness. Not only is it, as everyone knows, the only architectural remnant of the earlier monastic church, but the chapel is also a splendid example of the art of painting that flowered among the brothers of the Farfense monastery.
from:
il corpo della chiesa monastica, costruita nel severo stile romanico, si presentava ancora nelle strutture originali del sec.X, con l'aggiunta di due prolungamenti verso ponente: la Sepelitio de' Morti, realizzata nella seconda metà del sec.XIII, e trasformata nel decennio 1645-1655 in Cappellone, e l'Oratorio degli Innocenti, eretto in stile gotico nel 1369, ed affrescato dal monaco-pittore, Frà Marino Angeli Ciamaglie da S.Vittoria nella metà del sec. XV, della scuola di Giacomo da Campli (secondo alcune fonti, autore lui stesso di tali affreschi).
1771 d.C. 5 giugno. -- Tutti i canonici, raccolti in capitolo, decisero di non risparmiare spese e sacrifici pur di riuscire ad avere una nuova chiesa, degna erede di tanta gloria e custode del prezioso tesoro del Sacro Corpo di S. Vittoria. La chiesa monastica, costruita nel sec.X, viene demolita perché pericolante e fatiscente. Essa si sviluppava nello spazio divorato dalle frane della grande ripa, con prosecuzione verso sud. La cronaca della demolizione si trova in un breve manoscritto del'epoca, oggi custodito nell'Archivio Capitolare: ...la torre però fin dalla fine del secolo scorso cominciò a minacciar rovina: fu più volte riparata ma i terremoti, i fulmini, e la qualità del terreno in cui riposava ne rese la caduta inevitabile. Prevedutosi un tal accidente, fu risoluto di demolir tutta la chiesa che in vari luoghi pericolava... ...caduta poco appresso la torre, si demolì tutta la chiesa, e l'annesso monastero. La pietà della divota donna Maria Vittoria Perfetti fece serbare intatto il coro, il Presbiterio e parte della nave destra, e con questo formò l'oratorio della Resurrezione tuttora esistente, e che di presente serve d'oratorio alla Ven. Compagnia del Santo Rosario. Monumento è questo che può servire ai posteri di lume per riconoscere il sito, la qualità, la struttura della vecchia chiesa.
From From :
Loreto si prepara ad accogliere il Papa
Servizio trasmesso nel notiziario di Tv Centro Marche,
in onda ogni giorno alle 6.30 - 7.30 - 11.30 - 13.30 - 17.30 - 19.30 - 20.30 - 23.00
Iscriviti al nostro canale per conoscere gli eventi e le curiosità delle Marche:
Monte San Pietrangeli Paese Mio