Backstage Delle Propagini 2009 Del Gruppo A Zappalat - Putignano ( 1° Parte )
LA FESTA DELLE PROPAGGINI, IL 26 DICEMBRE INIZIA IL CARNEVALE DI PUTIGNANO
Da sempre sospesa fra storia e leggenda, poesia e costume, la festa delle Propaggini rappresenta uno dei momenti di maggiore peculiarità del Carnevale di Putignano. Ancor oggi, per 6/7 ore di fila, decine di poeti dialettali si alternano sul palco della piazza cittadina per declamare versi satirici in rima contro i politici, i potenti e determinate abitudini sociali. L;attacco diretto e sfrontato si alterna con messaggi allusivi di natura sessuale, sempre e comunque al fine di propiziare un futuro migliore.
Secondo una certa tradizione letteraria, le origini della festa, primo archetipo di quello che sarebbe poi diventato il Carnevale, sarebbero legate ad un preciso evento storico, la traslazione delle reliquie di Santo Stefano. Una traslazione compiuta dall'Abbazia di Monopoli a Putignano, al fine di preservarle dai concreti rischi delle scorribande saracene.
Le connotazioni temporali, quelle dell'anno 1394, quello da cui, di fatto, si continua a scandire l'incedere delle edizioni. Secondo questa teoria, le Propaggini sarebbero sorte dal clima di festa e di trepidazione che i contadini avrebbero offerto come cornice al sopraggiungere della processione chiamata a custodire le reliquie.
In quei contadini, assorti nel lavoro di piantare le viti con la tecnica delle propaggini (da cui l'etimologia della festa) un evento così straordinario avrebbe così suscitato un proposito di festa travolgente, destinato ad aprire un solco importante nel costume, nella tradizione, nella cultura dei tre colli putignanesi. Secondo altri studiosi, pur nella credibilità del riferimento storico della traslazione (ancora oggi conservate a Putignano, nella chiesa di Santa Maria La Greca), le radici del Carnevale affonderebbero in un'epoca ancora più remota. Nelle pieghe degli ultimi secoli prima di Cristo, allorché Putignano era colonia della Magna Grecia ed riti propiziatori verso il dio Dioniso avrebbero rappresentato il primo passo di una festa destinata ad evolversi ed a mutare nel tempo. In quest'ottica, il riferimento temporale del 1394 non sarebbe l'anno zero del futuro Carnevale, quanto piuttosto il passaggio di cristianizzazione di una festa pagana già esistente.
Una festa, cioè, levigata da tutti gli eccessi in contrasto con il concetto di morale, ma che non avrebbe dismesso le caratteristiche tipiche del carnevale, quali il gioco dei ruoli e la teatralità, il chiasso liberatorio ed il principio di insubordinazione delle classi inferiori rispetto a quelle posizionate più in alto nelle scale sociali. Una teoria questa, supportata da studi di un certo spessore, e che accentuerebbe in maniera importante l'aspetto legato all'anzianità del Carnevale di Putignano. In perfetta aderenza con i presupposti di ribaltamento dei ruoli, e in un certo senso di ammortizzatore sociale, la festa delle Propaggini ha conservato nei secoli le caratteristiche che da sempre le hanno dato una fisionomia specifica. Su tutte, quella di mettere in piazza i misfatti, gli episodi più controversi della vita cittadina nell'anno che la precede.
Il tutto rigorosamente in versi, il tutto rigorosamente in vernacolo, sulle ali della satira ispirata di compagnie di poeti dialettali (i cosiddetti propagginanti) di assoluta levatura artistica. La data, quella del 26 dicembre, giorno di Santo Stefano e varo ufficiale di quello che è considerato il Carnevale più lungo del mondo. E Io con il Gruppo La Zappalat abbiamo fatto una piccola Propagine x conto nostro e questo e 1 dei 2 video dove si vedono le papere e i retrosciena e le cazzate che facciamo
TORINO - Chiesa di San Filippo Neri
La chiesa di San Filippo Neri con i suoi 69 m di lunghezza e 37 di larghezza è l'edificio di culto più grande della città di Torino.
Fu commissionata dalla Confederazione dell'oratorio di San Filippo Neri, per volere del duca Carlo Emanuele II, nel 1675 all'architetto Antonio Bettino. Nel 1679 il progetto viene affidato a Guarino Guarini ma un rovinoso crollo avvenuto durante l'assedio francese del 1706, danneggiò l'intero cantiere. Nel 1714, a seguito di un periodo di grandi piogge, quando l'edificio è quasi terminato, la grande cupola crolló e trascinó con sé buona parte delle murature. Il progetto venne ripreso e affidato a Filippo Juvarra che vi operò tra il 1715 e il 1735, mentre l'ultimo rimaneggiamento dal 1823 al 1854 é ad opera dell'architetto Giuseppe Maria Talucchi.(Wikipedia)
Madonna della Salute Anduins, 24 novembre 2013 Processione
© Eleonora Crupi
San Michele: tre santuari speciali. E un mistero...
Ben tre i santuari dedicati all'arcangelo Michele e collegati tra loro da segreti simboli: dall’imponente e suggestivo Mont Saint-Michel in Francia, alla Sacra di san Michele in Piemonte, fino a Monte Sant’Angelo in Puglia.
Putignano festa patronale di San Stefano 2016
.CON LA PARTECIPAZIONE DEL NEO ELETTO VESCOVO GIUSEPPE FAVALE E DEL CLERO DI PUTIGNANO E LE COFRATERNITE ADDOLORATA-CARMINE-SS.SACRAMENTO-SS.TRINITÀ ECCETERA.
.I COMUNI LIMITROFI TRA CUI ALBEROBELLO-NOCI-GIOIA DEL COLLE-CASTELLANA GROTTE-TURI ECCETERA.
Ruvo di puglia - chiesa San Michele arcangelo
La Madonna della Grotta venerata dai fedeli dei due mari
Madonna della Grotta, Praticò Realizzeremo l'ascensore
La voce e il corpo di Furio Jesi
Furio Jesi, Sul mito di Europa
in L'uomo europeo, vol. 8, 1978, di F. Quilici
In questo raro documento video Jesi compare in qualità di esperto all'interno di un documentario sull'identità europea, nei primi minuti del film.
Ne L'Uomo europeo (1976/1980) Quilici si è avvalso della collaborazione di Fernand Braudel, Claude Lévi Strauss, André Leroi-Gourhan, oltre che Jesi.
L'immagine è poco definita e irreale: lo studioso cammina ieratico lungo una strada innevata delimitata da boschi. Indossa un ampio cappotto bianco, ha barba e lunghi capelli neri, il viso è sormontato da grandi occhiali dalla spessa montatura. Parla con voce precisa e abilità da narratore, servendosi di molte pause espressive e toniche: campi lunghi e primi piani si alternano, contrastati con immagini di mare, rovine mediterranee e icononografia classica di statue e pitture. Il suono dei suoi passi si mescola con inserti di musica di flauti arcana e insinuante. Lo schermo è completamente inondato di luce, il bianco lattiginoso si alterna all'azzurro, rami neri si stagliano netti sull'obiettivo. La camera si muove con lui; il regista ne ha fatto uno specialista del silenzio e dell'interiorità: calpestando una terra fredda si muove con dolcezza in vasti spazi psichici. A un certo punto guarda in camera e parla con noi, il volto seminascosto dai rami e gli occhi hanno lo stesso punto di nero del paesaggio che oppone resistenza alla luce abbacinante. In questi pochi minuti quello che vediamo è il suo sguardo, le immagini che affiorano alla nostra visione sono epifanie di un tempo azzerato che sta nella sua mente.
Di seguito la trascrizione letterale del testo.
[voce narrante]
Il ratto d'Europa; di questa favola così densa di significati simbolici abbiamo avuto la fortunata opportunità di parlare con un famoso mitologo, Furio Jesi, che abbiamo avvicinato non lontano dalla sua casa, in quella campagna in cui egli si era ritirato a vivere, in odio all'appiattimento e alla affollata solitudine della vita cittadina.
[L'intervento di Jesi:]
«Siamo nelle neve, siamo nella nebbia, in una campagna padana e quindi paradossalmente le circostanze sono adeguate ad evocare un mito che è partito da una tradizione solare, da un'immagine solare come quella del mare della Fenicia, come quella di Creta; ma che ha come protagonista una figura, Europa, che, a ben guardare, è una figura lunare, anziché solare, quindi una figura molto più ambigua, una figura in cui la luce non è la luce dura del sole ma è una luce che può avvicinarsi, può diventare la luce delle regioni settentrionali, può diventare la nebbia delle regioni settentrionali.
Mito dell'Europa ma prima di tutto di Europa, quindi storia molto antica di un personaggio femminile, che si ritrova secondo la tradizione a cogliere fiori sulla riva della Fenicia, viene affascinata dalla figura di Zeus in forma di toro che esce dalle acque, lo segue, viene trasportata fino all'isola di Creta e là avvengono, avvengono le nozze fra Zeus ed Europa.
C'è da chiedersi però, e il punto più oscuro rimane questo, quale forza si sia concretata abbia assunto forme in questo mito, tanto da permettergli di rimanere poi in una tradizione storica che arriva fino a noi. Il figlio di Europa e di Zeus, Minosse, è rimasto nella tradizione come il legislatore, quindi ha impersonato la tradizione della prima cultura organizzata, ordinata, secondo modelli che poi si riproporrano attraverso la cultura greca, si riproporranno fino a tradizioni europee più recenti;
e il nome stesso Europa e quanto gli restava di mito si è riempito di altri contenuti diversissimi fra loro che arrivano fino ad oggi e che si trasformano continuamente».
Scheda a cura di Enrico Manera
Ascolta anche:
Macchine mitologiche e cultura di destra, audio della serata dedicata a Furio Jesi, con Wu Ming 1 ed Enrico manera, al laboratorio Bartleby di Bologna, 18/02/2011.
Giuseppe Mariano - Otranto, l'alba del 1480 (parte II).wmv
Titolo dell'opera: OTRANTO, L'ALBA DEL 1480
Sottotitolo: NULLA VIENE DAL NULLA, NULLA TORNA AL NULLA
Sottotitolo di fondo pagina: CONQUISTA E LIBERAZIONE DI OTRANTO, GLI EROI DELLA FEDE, IDRUSA E GLI ALTRI PERSONAGGI STORICI DEL 1480.
Video di presentazione di un libro che ha venduto tanto nel Salento: OTRANTO, L'ALBA DEL 1480: è un romanzo storico sulla presa dI Otranto da parte dei Turchi Ottomani. Sullo sfondo dell'amore del protagonista per la bellissima Idrusa e per il proprio figlio, vengono coinvolti tutti i personaggi storici reali del periodo. Non mancano le descrizioni dei luoghi, delle coste del salento, dei suoi odori, della fauna, della flora e delle leggende del posto. I dialoghi tra personaggi spesso contengono pillole di filosofia greca. Non manca neanche l'analisi del modo di vivere e delle abitudini della fine del medioevo - inizio rinascimento. Così come sono descritte le case a corte dell'epoca e il modo di vestire. Viene messo in evidenza come nel 1480, nel Salento, convivevano la cultura bizantina, quell'ebrea e quella cristiana occidentale.