Andrea Benetti - Il simbolismo nella Pittura Neorupestre - Arte Contemporanea a Siracusa
Andrea Benetti - Il simbolismo nella Pittura Neorupestre
42 opere scelte 2008/12
A CURA DI: Dario Scarfì, Gregorio Rossi e Sabrina Collina
Montevergini -- Galleria Civica d'Arte Contemporanea di Siracusa
INDIRIZZO: via Santa Lucia alla Badia 11 -- Siracusa (Ortigia)
CON IL PATROCINIO DI: Regione Siciliana, Provincia di Siracusa, Comune di Siracusa, Friends of the Johns Hopkins University, Istituto Europeo Pegaso, M.A.C.I.A. Museo d'Arte Contemporanea Italiana in America
PRESS RELEASE
TITLE OF PAINTING EXHIBITION: The symbolism in Neo Cave Painting
ARTIST: Andrea Benetti
WORKS: 42 selected works 2008/12
CURATED BY: Dario Scarfì, Gregorio Rossi e Sabrina Collina
PLACE: Montevergini -- Siracusa Civic Gallery of Contemporary Art
SUPPORTED BY: Regione Siciliana, Provincia di Siracusa, Comune di Siracusa, Friends of the Johns Hopkins University, Istituto Europeo Pegaso, M.A.C.I.A. Museum of Contemporary Italian Art of America
Il simbolismo nella pittura Neorupestre
L'arte neorupestre di Andrea Benetti non è fatta su pietra né su parete rocciosa: è fatta su tela. Non ci si aspetti, dunque, un artista con le mani callose e frante, munito di martello e scalpello, sudato e sporco di schegge e di polveri. Al più lo insudiciano qualche macchia di olio, o di henné o di colore.
L'arte neorupestre è, dunque, una -- finzione; una finzione nella quale -- per parafrasare Gorgia -- è più saggio chi si lascia ingannare.
La pittura di Benetti ci invita a compiere un viaggio a ritroso: una sorta di regressus ad uterum per farci ritrovare il nostro rapporto e l'equilibrio armonico con la Natura, che i falsi idoli della modernità e del progresso fini a se stessi hanno alterato e ci hanno fatto disperdere.
La rupe, cui Benetti affida i propri segni e i propri colori, è una rupe finta nella realtà, e che -- tuttavia -- richiama l'anelito alla stabilità e alla fermezza, alla forza imperitura del messaggio ad essa affidato; l'idea che di fronte al transeunte vi è l'immutabile e che di fronte al sacro vi è il profano.
L'arte rupestre era un atto magico che si svolgeva all'interno di una caverna; al rito partecipavano l'artista-sacerdote e, forse, anche i capi della tribù: i profani ne rimanevano fuori, davanti appunto.
Il segno -- inciso graffito dipinto -- era il rito, chiamato di volta in volta ad ogni visione, a ricreare l'universo simbolico e spirituale. Questo deve fare chi si accosta alla pittura di Benetti: rientrare nella propria caverna, penetrare il simbolismo delle immagini per accedere all'archetipo del quale il glifo è la mera espressione formale.
Benetti, nel ricostruire questo fitto ordito di rimandi richiami e allusioni (ché l'artista, nessun artista, può svelare del tutto: il mistero è, per propria natura, segreto intimo inspiegabile), intende restituire alle immagini la forza della preghiera. Non agli déi, s'intende; una preghiera laica che punta ai più puri sentimenti del cuore per la stessa forza evocativa delle immagini.
Così, anche le forme moderne (le macchine, i giocatori di golf, gli aquiloni o le barche a vela), trattate alla stessa maniera di quelle naturali (i fiori, i pesci, l'universo o i cavalli), diventano tormentate visioni che si animano e vivono all'interno delle campiture naturali delle diaclasi delle rocce.
Dario Scarfì
Comune di Siracusa -- Assessorato alle Politiche Culturali e UNESCO
Coordinatore del Padiglione Sicilia alla 54. Biennale di Venezia
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