Il disastro del vajont : esame geologico di una tragedia immensa
Metti un like????, lascia un commento???? , condividi???? e iscriviti☑️. Grazie da ???? !!! Il disastro del Vajont è stato un disastro ambientale ed umano, occorso la sera del 9 ottobre 1963 nel neo-bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont (al confine tra Friuli e Veneto), dovuto alla caduta di una colossale frana dal soprastante pendio del Monte Toc nelle acque del sottostante e omonimo bacino lacustre alpino realizzato con l'omonima diga. La conseguente tracimazione dell'acqua contenuta nell'invaso, con effetto di dilavamento delle sponde del lago, coinvolse prima Erto e Casso, cittadine geograficamente vicino alla riva del lago dopo la costruzione della diga, mentre il superamento della diga da parte dell'onda generata provocò l'inondazione e la distruzione degli abitati del fondovalle veneto, tra cui Longarone, e la morte di ben 1910 persone. Le cause della tragedia, dopo numerosi dibattiti, processi e opere di letteratura, furono ricondotte alla negligenza dei progettisti e della SADE, ente gestore dell'opera fino alla nazionalizzazione, i quali occultarono e coprirono la non idoneità dei versanti del bacino: dopo la costruzione della diga si scoprì, infatti, che essi avevano caratteristiche morfologiche (incoerenza e fragilità) tali da non renderli adatti ad essere lambiti da un serbatoio idroelettrico. Nel corso degli anni l'ente gestore e i loro dirigenti, pur a conoscenza della pericolosità, peraltro supposta inferiore a quella effettivamente rivelatasi, coprirono con dolosità i dati a loro conoscenza, con beneplacito di vari enti a carattere locale e nazionale, dai piccoli comuni interessati fino al Ministero dei lavori pubblici. Alle ore 22.39 del 9 ottobre 1963, circa 260 milioni di m³ di roccia (un volume più che doppio rispetto a quello dell'acqua contenuta nell'invaso) scivolarono, alla velocità di 30 m/s (108 km/h), nel bacino artificiale sottostante (che conteneva circa 115 milioni di m³ d'acqua al momento del disastro) creato dalla diga del Vajont, provocando un'onda di piena tricuspide che superò di 250 m in altezza il coronamento della diga e che in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte (circa 25-30 milioni di m³) scavalcò il manufatto (che rimase sostanzialmente intatto, subendo forze 20 volte superiori a quelle per il quale era stato progettato, seppur privato della strada carrozzabile posta nella parte sommitale) e si riversò nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e i comuni limitrofi, e in parte ricadde sulla frana stessa (creando un laghetto). Vi furono 1 917 vittime di cui 1450 a Longarone, 109 a Codissago e Castellavazzo, 158 a Erto e Casso e 200 originarie di altri comuni. Lungo le sponde del lago del Vajont vennero distrutti i borghi di Frasègn, Le Spesse, Il Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana, San Martino, Faè e la parte bassa dell'abitato di Erto. Nella valle del Piave vennero rasi al suolo i paesi di Longarone, Pirago, Faè, Villanova, Rivalta, e risultarono profondamente danneggiati gli abitati di Codissago, Castellavazzo, Fortogna, Dogna e Provagna. Vi furono danni anche nei comuni di Soverzene, Ponte nelle Alpi, nella città di Belluno a Borgo Piave, e nel comune di Quero Vas, nella borgata di Caorera dove il Piave, ingrossato dall'onda allagò il paese e raggiunse il presbiterio della chiesa. L'evento fu dovuto a una serie di cause, di cui l'ultima in ordine cronologico fu l'innalzamento delle acque del lago artificiale oltre la quota di sicurezza di 700 metri voluto dall'ente gestore, operazione effettuata ufficialmente per il collaudo dell'impianto, ma con il plausibile fine di compiere la caduta della frana nell'invaso in maniera controllata, in modo che non costituisse più pericolo. Questo, combinato a una situazione di abbondanti e sfavorevoli condizioni meteo (forti precipitazioni) e a forti negligenze nella gestione dei possibili pericoli dovuti al particolare assetto idrogeologico del versante del monte Toc, accelerò il movimento della antica frana presente sul versante settentrionale del monte Toc, situato sul confine tra le province di Belluno (Veneto) e Pordenone (Friuli-Venezia Giulia). I modelli usati per prevedere le modalità dell'evento si rivelarono comunque errati, in quanto si basarono su una velocità di scivolamento della frana nell'invaso fortemente sottostimata, pari a un terzo di quella effettiva.
Vajont, Una tragedia italiana - Estratti dal film-documentario
Vi proponiamo alcuni significativi passaggi del film-documentario Vajont - Una tragedia italiana, per la regia di Nicola Pittarello. La storia del disastro del Vajont attraverso le testimonianza dei diretti responsabili. Dall'ideazione della diga alle sentenze del processo, ricostruzione di come si sia arrivati alla più grande tragedia italiana del dopoguerra e di come le comunità di Longarone, Erto e Casso abbiano saputo risollevarsi ed esigere giustizia per quasi 2000 morti. Per la prima volta in un documentario le indagini processuali, le deposizioni degli indagati, documenti inediti dall'Archivio di Stato di Belluno e nuove testimonianze.
A Longarone il saluto di don Gabriele e don Mirko
Video servizio di Telebelluno.
Animazione digitale della frana del monte Toc - Vajont
Animazione digitale della frana che il 9 ottobre 1963 interessò il fianco del Monte Toc, sulla sopnda sinistra del lago del Vajont. Una frana da 260 milioni di metri cubi di rocce e detriti.
Visto che parecchi ci contattano chiedendoci di poter usare questo video rendiamo noto che purtroppo questo video non è farina del nostro sacco ma si tratta di qualcosa catturato su internet nel periodo 2004/5 quando il sito iniziava a fare i primi passi è che, trattandosi di un documento molto interessante, nel 2006 abbiamo deciso di caricare sul nostro canale Youtube per poterne dare massima visione e diffusione in quanto a nostro parere molto interessante (e le visite che ha ricevuto ci hanno dato ragione). Purtroppo non siamo in grado di citare il vero autore e la vera fonte perché lo ricordiamo e non riusciamo più a trovarlo in rete.
VERSO IL COMUNE UNICO
LONGARONE - Un comune unico fondendo Castellavazzo, Longarone ed Ospitale di Cadore. La strada è tracciata, nei gioni scorsi c'è stato un vertice in Regione. - Intervistati: ROBERTO PADRIN (Sindaco di Longarone) - Servizio di Giuditta Bolzonello, riprese di Daniele Dalvit, montaggio di Daniele Dalvit
forestali cittadini onorari
il corpo forestale cittadino onorario di longarone. la cerimonia che chiude il lungo ciclo di eventi nel 49esimo dalla tragedia questa mattina articolato in pi momenti. orgogliosi del riconoscimento i forestali saranno sempre vicini alla montagna. - intervistati flavio de nicolo comandante provinciale corpo forestale dello stato lino sief soccorritore del vajont daniele zovi comandante regionale corpo forestale dello stato
Mauro Corona - Festival - Terra Nuova - Versiliana - 03
Mauro Corona - Festival - Terra Nuova - Versiliana Incontro con Mauro Corona a cura di Piero Frattari -Vidigraph-GE Mauro Corona (Baselga di Piné, 9 agosto 1950) è uno scrittore, alpinista e scultore italiano.Scultore ligneo, si dedica all'alpinismo: ha scalato numerose vette italiane ed estere, aprendo oltre 300 vie di scalata nelle Dolomiti d'oltrepiave. È autore di svariati libri, alcuni dei quali bestseller. Tuttora risiede a Erto e Casso (PN), luogo d'origine dei genitori. Figlio di Domenico Mene Corona e Lucia Thia Filippin, venditori ambulanti, nasce sulla strada che da Baselga di Piné porta a Trento. Dopo i primi anni dell'infanzia trascorsi in Trentino, la famiglia ritorna al paese d'origine, Erto, nella valle del Vajont in provincia di Udine (passato in provincia di Pordenone nel 1968) dove trascorre i successivi anni nella Contrada San Rocco. Fin da bambino segue il padre nelle battute di caccia come bracconiere, ed è proprio su questi monti, dove trascorse gran parte della sua gioventù, che nacque in lui la passione per la montagna e l'alpinismo. Appena tredicenne scala il Monte Duranno (2688 m s.l.m.).Dopo la nascita del fratello, seguita pochi mesi dopo dall'abbandono della famiglia da parte della madre, Corona si dedica alla lettura: Tolstoj, Dostoevskij e Cervantes sono i suoi scrittori preferiti e contemporaneamente impara l'arte della scultura lignea dal nonno intagliatore. Dopo aver frequentato le scuole elementari per 8 anni a Erto inizia le medie nella vicina Longarone, in provincia di Belluno. Ma il 9 ottobre 1963 cambiò radicalmente la sua vita: l'ondata del Vajont spazza letteralmente via la parte bassa della cittadina bellunese e le frazioni vicine al lago, a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia con oltre 2 000 morti, tuttavia la sua famiglia non subisce nessuna perdita nel disastro. Mauro Corona, insieme al fratello, si trasferisce quindi nel Collegio Don Bosco di Pordenone. Per lui è un periodo difficile, in quanto la nostalgia, il senso di prigionia e la mancanza dei boschi di Erto lo tormentano incessantemente. Alcuni insegnanti salesiani rafforzano il suo amore per la letteratura e lo incoraggiano nello studio. Quando i due fratelli tornano a Erto, Corona vorrebbe frequentare la Scuola d'Arte di Ortisei, ma la mancanza di soldi lo costringe a frequentare l'Istituto per Geometri Marinoni di Udine, perché gratuito. Dopo alcuni anni viene ritirato dalla scuola, visto che per ribellione non segue più le lezioni, preferendo leggere Tex in classe. Nel 1968, il fratello parte per la Germania in cerca di lavoro, dove però annegherà tre mesi più tardi in una piscina di Paderborn. Nel frattempo Corona lascia il posto da manovale a Maniago e va a lavorare nella cava di marmo del Monte Buscada. Questo duro lavoro viene alleviato dall'essere a contatto con le cime, le foreste e quei prati che gli ricordano l'infanzia.È costretto a sospendere questo lavoro durante il periodo del servizio militare che inizia a L'Aquila arruolato negli alpini. Da lì finisce a Tarvisio nella squadra sciatori. Si congeda con un mese di ritardo, causa trentadue giorni di cella punizione rigore, accumulati per le sue numerose intemperanze durante l'espletamento del servizio. La cava chiude negli anni ottanta e Corona viene assunto come scalpellino riquadratore. La carriera di scrittore inizia nel 1997, quando un amico giornalista pubblicò alcuni suoi racconti sul quotidiano Il Gazzettino. Da allora ha pubblicato svariati libri. Nei suoi romanzi e nei suoi racconti Corona ci porta a contatto con un mondo quasi del tutto scomparso: quello della vita e delle tradizioni nei paesi della Valle del Vajont, un ecosistema che subì violenti sconvolgimenti a seguito della tragedia. Personaggi ed echi del passato riaffiorano tra le righe di Corona, che affronta con uno sguardo appassionato e un po' malinconico tematiche come il rapporto dell'uomo con la natura, con le proprie radici e con l'incombente progresso economico e tecnologico. Corona continua ad alternare momenti di scrittura, scultura lignea e arrampicata a conferenze, incontri e manifestazioni; partecipa alla realizzazione di alcuni documentari sulla sua vita, ed è stato comparsa nel film Vajont - La diga del disonore. Tra i suoi amici e corrispondenti vi è il coetaneo Erri de Luca, anch'egli scrittore ed arrampicatore. Nel 2002, lo scrittore fumettista Paolo Cossi pubblica Corona - L'uomo del bosco di Erto per Edizioni Biblioteca dell'Immagine. Un libro a fumetti che narra alcune vicende raccontate a Cossi da Corona, e delle avventure che Cossi dovette intraprendere per ascoltare di persona i racconti di Corona. Cani, camosci, cuculi (e un corvo) si è aggiudicato il Cardo d'argento al 37º Premio Itas del libro di montagna, ritirato da Corona il 29 aprile 2008. Il 17 luglio 2011 il libro La fine del mondo storto vince, con 75 preferenze, il Premio Bancarella 2011. Nel 2014 vince il Premio Mario Rigoni Stern
Mauro Corona - Festival - Terra Nuova - Versilia
Mauro Corona - Festival - Terra Nuova - Versiliana Incontro con Mauro Corona a cura di Piero Frattari -Vidigraph-GE Mauro Corona (Baselga di Piné, 9 agosto 1950) è uno scrittore, alpinista e scultore italiano.Scultore ligneo, si dedica all'alpinismo: ha scalato numerose vette italiane ed estere, aprendo oltre 300 vie di scalata nelle Dolomiti d'oltrepiave. È autore di svariati libri, alcuni dei quali bestseller. Tuttora risiede a Erto e Casso (PN), luogo d'origine dei genitori. Figlio di Domenico Mene Corona e Lucia Thia Filippin, venditori ambulanti, nasce sulla strada che da Baselga di Piné porta a Trento. Dopo i primi anni dell'infanzia trascorsi in Trentino, la famiglia ritorna al paese d'origine, Erto, nella valle del Vajont in provincia di Udine (passato in provincia di Pordenone nel 1968) dove trascorre i successivi anni nella Contrada San Rocco. Fin da bambino segue il padre nelle battute di caccia come bracconiere, ed è proprio su questi monti, dove trascorse gran parte della sua gioventù, che nacque in lui la passione per la montagna e l'alpinismo. Appena tredicenne scala il Monte Duranno (2688 m s.l.m.).Dopo la nascita del fratello, seguita pochi mesi dopo dall'abbandono della famiglia da parte della madre, Corona si dedica alla lettura: Tolstoj, Dostoevskij e Cervantes sono i suoi scrittori preferiti e contemporaneamente impara l'arte della scultura lignea dal nonno intagliatore. Dopo aver frequentato le scuole elementari per 8 anni a Erto inizia le medie nella vicina Longarone, in provincia di Belluno. Ma il 9 ottobre 1963 cambiò radicalmente la sua vita: l'ondata del Vajont spazza letteralmente via la parte bassa della cittadina bellunese e le frazioni vicine al lago, a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia con oltre 2 000 morti, tuttavia la sua famiglia non subisce nessuna perdita nel disastro. Mauro Corona, insieme al fratello, si trasferisce quindi nel Collegio Don Bosco di Pordenone. Per lui è un periodo difficile, in quanto la nostalgia, il senso di prigionia e la mancanza dei boschi di Erto lo tormentano incessantemente. La cava chiude negli anni ottanta e Corona viene assunto come scalpellino riquadratore. La carriera di scrittore inizia nel 1997, quando un amico giornalista pubblicò alcuni suoi racconti sul quotidiano Il Gazzettino. Da allora ha pubblicato svariati libri. Nei suoi romanzi e nei suoi racconti Corona ci porta a contatto con un mondo quasi del tutto scomparso: quello della vita e delle tradizioni nei paesi della Valle del Vajont, un ecosistema che subì violenti sconvolgimenti a seguito della tragedia. Personaggi ed echi del passato riaffiorano tra le righe di Corona, che affronta con uno sguardo appassionato e un po' malinconico tematiche come il rapporto dell'uomo con la natura, con le proprie radici e con l'incombente progresso economico e tecnologico. Corona continua ad alternare momenti di scrittura, scultura lignea e arrampicata a conferenze, incontri e manifestazioni; partecipa alla realizzazione di alcuni documentari sulla sua vita, ed è stato comparsa nel film Vajont - La diga del disonore. Tra i suoi amici e corrispondenti vi è il coetaneo Erri de Luca, anch'egli scrittore ed arrampicatore. Di seguito il link al libro in formato digitale : Ne parlerò con mio fratello in cui si parla di conservazione tradizionale di cibi, riuso di vestiti, scarpe , tradizioni popolari di canti e balli ,nel territorio toscano, romagnolo umbro e marchigiano ,etc...
di seguito la versione cartacea
autori Piero e Licio Frattari
Mauro Corona (O1) - Festival - Terra Nuova - Versiliana
Mauro Corona - Festival - Terra Nuova - Versiliana Incontro con Mauro Corona a cura di Piero Frattari -Vidigraph-GE Mauro Corona (Baselga di Piné, 9 agosto 1950) è uno scrittore, alpinista e scultore italiano.Scultore ligneo, si dedica all'alpinismo: ha scalato numerose vette italiane ed estere, aprendo oltre 300 vie di scalata nelle Dolomiti d'oltrepiave. È autore di svariati libri, alcuni dei quali bestseller. Tuttora risiede a Erto e Casso (PN), luogo d'origine dei genitori. Figlio di Domenico Mene Corona e Lucia Thia Filippin, venditori ambulanti, nasce sulla strada che da Baselga di Piné porta a Trento. Dopo i primi anni dell'infanzia trascorsi in Trentino, la famiglia ritorna al paese d'origine, Erto, nella valle del Vajont in provincia di Udine (passato in provincia di Pordenone nel 1968) dove trascorre i successivi anni nella Contrada San Rocco. Fin da bambino segue il padre nelle battute di caccia come bracconiere, ed è proprio su questi monti, dove trascorse gran parte della sua gioventù, che nacque in lui la passione per la montagna e l'alpinismo. Appena tredicenne scala il Monte Duranno (2688 m s.l.m.).Dopo la nascita del fratello, seguita pochi mesi dopo dall'abbandono della famiglia da parte della madre, Corona si dedica alla lettura: Tolstoj, Dostoevskij e Cervantes sono i suoi scrittori preferiti e contemporaneamente impara l'arte della scultura lignea dal nonno intagliatore. Dopo aver frequentato le scuole elementari per 8 anni a Erto inizia le medie nella vicina Longarone, in provincia di Belluno. Ma il 9 ottobre 1963 cambiò radicalmente la sua vita: l'ondata del Vajont spazza letteralmente via la parte bassa della cittadina bellunese e le frazioni vicine al lago, a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia con oltre 2 000 morti, tuttavia la sua famiglia non subisce nessuna perdita nel disastro. Mauro Corona, insieme al fratello, si trasferisce quindi nel Collegio Don Bosco di Pordenone. Per lui è un periodo difficile, in quanto la nostalgia, il senso di prigionia e la mancanza dei boschi di Erto lo tormentano incessantemente. Alcuni insegnanti salesiani rafforzano il suo amore per la letteratura e lo incoraggiano nello studio. Quando i due fratelli tornano a Erto, Corona vorrebbe frequentare la Scuola d'Arte di Ortisei, ma la mancanza di soldi lo costringe a frequentare l'Istituto per Geometri Marinoni di Udine, perché gratuito. Dopo alcuni anni viene ritirato dalla scuola, visto che per ribellione non segue più le lezioni, preferendo leggere Tex in classe. Nel 1968, il fratello parte per la Germania in cerca di lavoro, dove però annegherà tre mesi più tardi in una piscina di Paderborn. Nel frattempo Corona lascia il posto da manovale a Maniago e va a lavorare nella cava di marmo del Monte Buscada. Questo duro lavoro viene alleviato dall'essere a contatto con le cime, le foreste e quei prati che gli ricordano l'infanzia.È costretto a sospendere questo lavoro durante il periodo del servizio militare che inizia a L'Aquila arruolato negli alpini. Da lì finisce a Tarvisio nella squadra sciatori. Si congeda con un mese di ritardo, causa trentadue giorni di cella punizione rigore, accumulati per le sue numerose intemperanze durante l'espletamento del servizio. La cava chiude negli anni ottanta e Corona viene assunto come scalpellino riquadratore. La carriera di scrittore inizia nel 1997, quando un amico giornalista pubblicò alcuni suoi racconti sul quotidiano Il Gazzettino. Da allora ha pubblicato svariati libri. Nei suoi romanzi e nei suoi racconti Corona ci porta a contatto con un mondo quasi del tutto scomparso: quello della vita e delle tradizioni nei paesi della Valle del Vajont, un ecosistema che subì violenti sconvolgimenti a seguito della tragedia. Personaggi ed echi del passato riaffiorano tra le righe di Corona, che affronta con uno sguardo appassionato e un po' malinconico tematiche come il rapporto dell'uomo con la natura, con le proprie radici e con l'incombente progresso economico e tecnologico. Corona continua ad alternare momenti di scrittura, scultura lignea e arrampicata a conferenze, incontri e manifestazioni; partecipa alla realizzazione di alcuni documentari sulla sua vita, ed è stato comparsa nel film Vajont - La diga del disonore. Tra i suoi amici e corrispondenti vi è il coetaneo Erri de Luca, anch'egli scrittore ed arrampicatore. Nel 2002, lo scrittore fumettista Paolo Cossi pubblica Corona - L'uomo del bosco di Erto per Edizioni Biblioteca dell'Immagine. Un libro a fumetti che narra alcune vicende raccontate a Cossi da Corona, e delle avventure che Cossi dovette intraprendere per ascoltare di persona i racconti di Corona. Cani, camosci, cuculi (e un corvo) si è aggiudicato il Cardo d'argento al 37º Premio Itas del libro di montagna, ritirato da Corona il 29 aprile 2008. Il 17 luglio 2011 il libro La fine del mondo storto vince, con 75 preferenze, il Premio Bancarella 2011. Nel 2014 vince il Premio Mario Rigoni Stern
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