Grotta della Poesia
Roca Vecchia o Rocavecchia è una località costiera del Salento e una delle marine di Melendugno, in provincia di Lecce. Si affaccia sul Mare Adriatico ed è posta tra San Foca e Torre dell'Orso. Sede di importanti scavi archeologici, è un centro turistico di rilievo durante il periodo estivo. Si segnalano la torre di avvistamento cinquecentesca, le rovine del castello a picco sul mare, il santuario della Madonna di Roca del XVII sec. e le due grotte Posia (dal greco, sorgente d'acqua dolce), meglio note come grotte della Poesia. Queste ultime, in particolare, distanti circa 60 metri l'una dall'altra, sono delle grotte carsiche cui sono crollati i tetti; l'acqua del mare giunge in ciascuna di esse attraverso un canale percorribile a nuoto o con una piccola imbarcazione. La più grande delle due ha una pianta approssimativamente ellittica con assi di circa 30 e 18 metri e dista dal mare aperto una trentina di metri. La Posia Piccola, invece, ha assi di circa 15 e 9 metri ed è separata dal mare aperto da una settantina di metri in linea d'aria. La sua notevole importanza in ambito archeologico è legata al rinvenimento nel 1983, grazie all'archeologo Cosimo Pagliara, di iscrizioni messapiche (ma anche latine e greche) sulle sue pareti, da cui è stato possibile stabilire che la grotta fosse anticamente luogo di culto del dio Taotor (o anche Tator, Teotor, o Tootor). A nord dell'area archeologica sorge il centro attualmente abitato (22 residenti nel 2001), noto anche come Roca li Posti, frequentato in estate da vacanzieri. Lungo la strada che collega Torre dell'Orso a Melendugno sorge il vecchio villaggio disabitato, con una masseria fortificata attualmente in restauro, di Roca Nuova. Tale borgo sorse intorno al 1480, quando la popolazione di Roca Vecchia fu messa in fuga dalle incursioni turche. Gli scavi effettuati a Roca hanno evidenziato un imponente sistema di fortificazioni risalente all'età del bronzo (XV-XI secolo a.C.), oltre a numerosi reperti che per affinità ricordano modelli minoici ed egei. Si ritiene che, in un periodo databile intorno al XV secolo a.C., il sito sia stato assediato e incendiato. Anche le successive mura, ricostruite nell'XI secolo a.C., presentano tracce di incendio. Di questo luogo misterioso, che come la mitica Troia fu più volte distrutto e più volte ricostruito si ignora chi fossero i popoli fondatori e perfino se queste fortificazioni servissero a difendere una città oppure - come appare più probabile - un importante luogo di culto. Il sito fu comunque frequentato per tutta l'età del ferro, mentre decisamente più cospicue sono le tracce relative all'età messapica (IV-III secolo a.C.): una cinta muraria (che tuttavia non fu completata), un monumento funerario, diverse tombe e delle fornaci. Il nome della città messapica (o per meglio dire la sua latinizzazione) si pensa fosse Thuria Sallentina. Il sito fu successivamente abbandonato (non sono state rinvenute tracce del periodo romano), mentre fu frequentato nell'alto medioevo da anacoreti, provenienti perlopiù dall'Impero Romano d'Oriente, che col tempo costituirono una comunità, abitando in una serie di grotte scavate nel calcare. Agli inizi del XIV secolo, Gualtieri di Brienne, conte di Lecce, ricostruì Roca facendone una città fortificata, ma nel 1480 la sua popolazione venne messa in fuga dalle incursioni turche. In quell'anno infatti il sultano Maometto II, dopo aver conquistato Costantinopoli (1453) e sottomesso tutta la Penisola Balcanica, inviò una spedizione che sbarcò sulla costa orientale del Salento. Roca Vecchia fu saccheggiata e usata dai Turchi come base operativa per sferrare attacchi alla città di Otranto e ad altri centri salentini. È in questo contesto che si colloca la figura, ricorrente nei racconti dei casali di discendenza Rocana, Calimera, Melendugno, Borgagne e Vernole, della mitica Donna Isabella sventurata[senza fonte], identificata forse come Maria d'Enghien[? era morta più di 30 anni prima!], castellana di Roca che perse il feudo, insieme al marito ed al figlio morti in battaglia. La città, liberata nel 1481, divenne successivamente covo di pirati, tanto che nel 1544 Ferrante Loffredo, governatore della provincia di Terra d'Otranto, dette l'ordine di raderla al suolo.
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