Museo Civico Archeologico
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HELVIA RECINA. AREA ARCHEOLOGICA (VILLA POTENZA, MACERATA, MARCHE, ITALY)
HELVIA RECINA PERTINAX. AREA ARCHEOLOGICA ROMANA / ROMAN ARCHAEOLOGICAL AREA.
Helvia Recina (anche Recina, o Ricina) è situata nella frazione Villa Potenza di Macerata nelle Marche e si è evoluta sulla base di una preesistente città italica forse del III secolo a.C. abitata dai Piceni. Il suo nome è cambiato durante i secoli da Ricina a Recina e infine in Helvia Recina Pertinax. L'origine del nome è incerta anche se gli antichi eruditi che per primi hanno cercato di studiare il sito e i suoi monumenti spesso hanno citato un epigramma piuttosto tardo che dice “Hic Veneris stabant Ericinae templa vetusto tempore (...). Quondam etiam templi nomine dicta fuint”. Fu riportato alla luce nei primi anni del XVI secolo da Niccolò Peranzoni, umanista della corte di papa Leone X e se ne deduce che alla base del nome di questa colonia romana stava un tempio dedicato a Venere Ericina, ricordando che il primo tempio che le fu dedicato fu quello sul Monte Erice in Sicilia fondato dal leggendario Enea. Dalla Sicilia il culto fu poi esportato nel resto della penisola com'è testimoniato dalla presenza di un tempio a Roma del II secolo a.C. La prima notizia certa dell'esistenza di Ricina è del I secolo d.C. tramite Plinio il Vecchio (Nat. Hist. III, 111). L'antica Ricina si trovava lungo la via Salaria Gallica. Al tempo dell'alto impero risalgono i monumenti più importanti. Molti storici sono del parere che la città fosse più antica, considerato che Plinio ne parla come di uno dei centri maggiori del Piceno. I resti del teatro romano del II secolo d.C. sono oggi la testimonianza più importante dell'antica città. Il teatro di 72 metri di diametro era a tre ordini di gradinate, poteva ospitare circa 2000 spettatori e probabilmente era ricoperto di marmi (reimpiegati durante il Medioevo) con capitelli dorici e corinzi. Ancora bene riconoscibili sono l'orchestra, la cavea e il frontescena in laterizio come prevedeva il teatro romano classico. Questi resti danno l'idea di una città di medie proporzioni e florida a causa della contiguità con il fiume Potenza, allora navigabile, che la collegava con il porto del municipio di Potentia sulla foce del fiume omonimo. Un'antica strada lastricata, il ponte romano sul fiume Potenza e i resti di ville decorate con mosaici pavimentali danno l'idea dell'importanza del municipio di Ricina, che Settimio Severo nel 205 elevò al rango di colonia e ribattezzò con il nome di Helvia Recina Pertinax, in onore del suo predecessore l'imperatore Publio Elvio Pertinace. Immagini di archivio e riprese video effettuate sabato 3 gennaio 2015.
Belice/Epicentro, memorie e segni cancellati
Conosciamo meglio, attraverso queste immagini con interviste, il museo Belìce/Epicentro della Memoria Viva a Gibellina. Nel 47° anniversario del terremoto che sconvolse la Valle del Belice, le sale del museo, operativo dal 2011, ospitano fino al 30 gennaio un'esposizione di installazioni dell'artista siracusano Letterio Consiglio. S'intitola Memorie. Segni cancellati di una città e contiene fotografie scattate a Siracusa, il cui territorio, come la Valle del Belice, ha subìto ingenti danni a causa dei terremoti e a causa di certa politica, sostiene Consiglio evidenziando non soltanto gli effetti naturali dei terremoti ma anche la distruzione provocata da politici.
Belìce/EpiCentro è nato con il progetto Le Terre che tremarono ideato dal Cresm di Gibellina, da CLAC di Palermo, Le Mat con sede a Roma e Eco di Polizzi Generosa con il sostegno della Fondazione con il sud e della Provincia di Trapani. Lo spazio contiene e offre alla fruizione video, racconti, disegni, fotografie, documenti che rappresentano la coscienza storica della gente del territorio belicino e raccontano storie importanti e poco conosciute di lotte e mobilitazione popolare prima e dopo il terremoto del 1968. La storia che raccontano parole, immagini e segni - spiega il direttore Giuseppe Maiorana che è anche assessore comunale a Salemi - inizia negli anni '50 con Danilo Dolci e attraversa un trentennio fondante della Storia locale ma anche italiana, perché il Belice fu in quegli anni un laboratorio innovativo di pratiche di agire sociale che è importante oggi conoscere, per riflettere sul presente che stiamo vivendo. (Servizio a cura di Massimo Provenza)
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