ELLE TV - Processione di Gesu' Morto a Benevento
Anche quest'anno, nel giorno del venerdì santo, dopo la commemorazione della passione del Signore, svoltasi nella parrocchia di sant'Anna, presieduta dall'arcivescovo di Benevento, Mons. Andrea Mugione, e animata dal coro Santa Cecilia, diretto dal Maestro Lupo Ciaglia, è partita la processione di Gesù morto che si è riversata lungo corso Garibaldi, toccando varie zone del centro cittadino, creando un'atmosfera suggestiva e commovente. Hanno concelebrato con l'Arcivescovo, don Domenico Barbati, parroco di Sant'Anna, don Donato De Palma, don Corrado Amato, don Abramo Martignetti, Rettore del seminario di Benevento, don Marco Capaldo, don Alessandro Saraco e don Francesco Melito, in veste di cerimoniere. Erano presenti, oltre ai Cavalieri del santo Sepolcro, anche alcuni diaconi e seminaristi. Tutta l'azione liturgica del venerdì santo è incentrata sulla passione del Signore, sulla croce, quale segno dell'amore di Dio per noi, che viene nel mondo non come un re potente, ma come un piccolo e muore in croce come un malfattore, rinunciando ad imporsi con la forza per divenire impotenza: Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me.
In questa celebrazione viene così sottolineato, anche da Mons. Mugione, che la regalità di Cristo si manifesta, in maniera sconcertante, proprio sulla croce, dove Gesù uccide la morte e la vince morendo, perché la vita esplode e non finisce nel sepolcro. Egli ha elencato i quattro momenti su cui ruota l'intera liturgia del venerdì santo: un primo momento è legato alla lettura della passione e morte di Gesù; un secondo che riguarda lo svelamento della santa croce; il terzo che pone l'accento sulla preghiera universale della Chiesa e l'ultimo incentrato sull'eucaristia, la partecipazione alla comunione, conservata il giorno del giovedì santo e posta in adorazione.
Attarverso la sua omelia, sviluppatasi attorno a quattro frasi, ha invitato i fedeli presenti a riflettere su: 1. Gesù è il Messia, il Cristo profetizzato; 2. la presentazione al popolo dell'Ecce Homo; 3. il rifiuto di Dio che viene giudicato dall'uomo; 4. rivivere le ultime parole di Gesù sulla croce, guardando Lui che ci parla, volgendo lo sguardo a Colui che hanno trafitto.
Nel profeta Isaia, otto secoli prima, venivano già delineati i lineamenti di questo servo: uomo sfigurato, macerato, maltrattato, che si è donato per espiare il nostro peccato. La sua, ha continuato l'Arcivescovo, è una sofferenza vicaria, perché ha patito al posto nostro, per tutti gli uomini. Sono le sue cicatrici sanguinanti che ci salvano. E così questo uomo prende tutto su di sé, imparando l'obbedienza dalle cose che patì. Ogni uomo dolorante, sfigurato, sofferente può riconoscersi, quindi, nell'Ecce Homo.
Si delinea la tragedia di un rifiuto perché l'umanità uccide il suo Dio proprio rifiutandolo e vive il dramma, ancora oggi, di cacciarlo, il più delle volte, dalla sua vita. Dio sente questa lacerazione nel cuore e paga di persona per i nostri peccati perché ci ama infinitamente: il giudice dell'universo viene giudicato a sua volta da gente egoista e spietata. Che paradosso! Gli viene tolto tutto, anche la veste! E così oggi, in questa passione, ha continuato l'Arcivescovo, riviviamo l'ora di quell'abbandono e di quella morte ingiusta.
Bisogna aggrapparsi a Gesù crocifisso perché lui, che è l'Abbandonato, si consegna al Padre per gli altri crocifissi della storia. Infatti, lui che è il compassionevole, è venuto nel mondo non per essere compreso ma perché noi tutti potessimo aggrapparci a Lui, che rappresenta il termine stesso dell'amore. E'proprio in questo giorno, quando sembra tutto finito, che si sentono i fremiti della Pasqua, perché nel momento del trionfo della morte prende inizio il preludio della vita, nel momento dello scoraggiamento e dell'oscurità comincia il miracolo per l'uomo.
Dopo la celebrazione della passione, l'incontro della Madre Addolorata col Figlio morto, davanti la chiesa di Santa Sofia ha creato, per pochi secondi, l'immagine della chiesa che incontra Gesù lungo la strada del Calvario, che dona la sua vita per amore degli uomini.
Al termine del corteo, a cui, come ogni anno, hanno preso parte le autorità civili e militari, le associazioni ecclesiali, i Cavalieri del Santo Sepolcro e tantissimi fedeli, l'Arcivescovo ha rivolto il suo saluto alla città.