MORESCO Magico Borgo Medioevale - HD
© CLAUDIO MORTINI™◊
Il Castello di Moresco (FM) con le sue strette vie e la piazza con il suo portico, con gli affreschi e gli edifici antichi perfettamente conservati, accoglie il visitatore in un’ atmosfera medioevale e magica.
Rientra nell'associazione I Borghi più belli d'Italia. Sorge sulla sommità di un colle a controllo della sottostante valle dell’Aso; nel Medioevo fu roccaforte del Comune di Fermo nella guerra contro Ascoli; la sua posizione strategica è ancora evidente: dal borgo infatti si gode una spettacolare vista che spazia dal Monte Conero al Gran Sasso.
Completamente cinto di mura, ha forma triangolare con al vertice l’imponente Torre Eptagonale(7 lati) del XII sec.
Da vedere: La torre, con all'interno una moderna scala con spazi espositivi e che dall'alto offre la veduta dello stupendo paesaggio delle colline, delle valli e dei paesi piceni.
Il castello, con le sue strette vie, le case antiche in cotto con bei portali, la piazza triangolare con il suo portico, gli affreschi e gli spettacoli che vi si tengono nel periodo estivo.
Le chiese che (ad eccezione di quella moderna di Sant'Antonio da Padova) sono tutte fuori del perimetro delle mura e nella prima campagna: la parrocchiale di San Lorenzo con tele dei secoli XVII e XVIII, quella di santa Sofia con resti di affreschi , quella recentemente restaurata di San Lorenzo, quella della Madonna dell'Olmo con affreschi di Vincenzo Pagani (1490? - 1568), quella della Madonna del Soccorso con la venerata effigie della Vergine.
Il palazzo comunale nel quale sono conservate varie opere provenienti da chiese e da collezioni private, prima fra tutte una grande pala d'altare di Vincenzo Pagani.
Moresco
Moresco è un comune italiano di 582 abitanti della provincia di Fermo nelle Marche. Il castello di Moresco sorge in posizione strategica sulla sommità di un colle che controlla la sottostante valle dell'Aso, nel punto dove la via che risale dal mare si incrocia con quelle che giungono da Fermo e Monterubbiano sulla pendice settentrionale e quella che sale a Montefiore dell'Aso sulla pendice meridionale. Delle origini di Moresco si sa poco. Quel che è certo è che sul suo territorio in età romana sorgevano importanti insediamenti e successivamente, in età longobarda, curtes e castra (centri fortificati) monastici e feudali, uno dei quali poi affermatosi su tutti diventando unico luogo di residenza della popolazione sparsa. L'origine del nome non è certo se derivi da un signore, di nome Morico o della famiglia dei Mori, oppure dal toponimo morro, morrecine, che sta per luogo sassoso. Vi sono poi altre due teorie, in netta contrapposizione l'una all'altra: la prima vuole che un gruppo di mori, nelle loro scorrerie lungo la costa adriatica, si sia spinto un po' più all'interno per edificarvi una roccaforte; la seconda afferma invece che il Castrum Morisci sia stato costruito vicino al mare proprio per respingere gli assalti dei Saraceni. Le prime notizie del castello risalgono al 1083 e documenti risalenti al XII secolo testimoniano la reggenza di Tebaldo, conte di Moresco. Nel XIII secolo il castello passa in proprietà alla città di Fermo. Una prima volta per mano di Federico II, poi per volere di re Manfredi e definitivamente, nel 1266, quando i signori di Moresco vendono la fortezza del castello al doge di Venezia, e podestà di Fermo, Lorenzo Tiepolo. Da allora resterà castello di Fermo fino all'unità d'Italia. Liberati gli abitanti dai vincoli feudali, Moresco diventa comune ed è retto da un consiglio di Massari e da un Vicario nominato da Fermo. Nel 1868 perde l'autonomia comunale e diventa frazione di Monterubbiano. Ritorna ad essere comune autonomo, con regio decreto, il 26 giugno 1910, anche su iniziativa di Arturo Vecchini . Il 26 giugno 2010 Moresco ha festeggiato 100 anni dalla riottenuta autonomia. L'amministrazione ha ricevuto una targa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e una dal Presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini. Per l'occasione si è svolto il Consiglio Provinciale di Fermo e Comunale in modo congiunto per festeggiare anche il primo anno della nuova provincia. È stato restaurato il Palazzo Comunale sia all'interno con l'abbellimento della sala consiliare Patrizio Gennari sia all'esterno con l'apposizione di una targa commemorativa. Inoltre nel parco sotto il centro storico è stato posto un monumento celebrativo realizzato da Ugo Nespolo. La sua caratteristica Torre eptagonale (XII secolo) a merlatura ghibellina alta 25 metri domina dall'alto la valle dell'Aso. Costruita originariamente come torre di avvistamento e di difesa, ha subito nel corso dei secoli numerose e profonde modifiche strutturali. Al suo interno è stata costruita una moderna scala per salire sulla sua sommità dalla quale godere una stupenda veduta dell'intero paesaggio delle colline, delle valli e dei paesi picentini. Nel '500, periodo di suo massimo splendore, Moresco si arricchisce di molte chiese (soprattutto extraurbane) e di opere d'arte. Meritano di essere citate la chiesa parrocchiale di San Lorenzo che conserva tele dei secoli XVII e XVIII, la chiesa della Madonna dell'Olmo, con un grande affresco di Vincenzo Pagani, la ex chiesetta di Santa Sofia e la chiesa della Madonna della Salute. Il centro storico a struttura ellissoidale, con le sue strette vie, la piazza triangolare con il portico (già navata sinistra della Chiesa di Santa Maria di Castro demolita agli inizi del XIX secolo), gli affreschi. Nel Palazzo comunale è conservata una grande pala d'altare, opera anch'essa del Pagani.
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Vincenzo Pagani a Moresco, Crocifissione, affresco a s. Maria dell'Olmo (manortiz)
Chiesa di S. Maria dell' Olmo
La Chiesa della Madonna dell'Olmo sorge in località Tredico (nome di un vicino lavatoio pubblico), che coincide con il punto in cui si biforca la contrada Antrefacchia. Non è ancora stata chiarita la denominazione della Chiesa, probabilmente dall'esistenza di un olmo nelle adiacenze. Al suo interno l'edificio protegge un'edicola votiva di stile gotico affrescata dal Pagani raffigurante la Crocifissione. La devozione dei fedeli, indusse così, la comunità a racchiudere l'edicola in una piccola Chiesa, poi ampliata nel 1521, nella quale fu eretta la Confraternita del Crocifisso. In stile romanico e a pianta rettangolare, il complesso presenta due altari, uno costituito nella parte anteriore dalla primitiva edicola e dietro uno successivo. Entrambi furono abbelliti dall'arte del pittore Vincenzo Pagani, il quale realizzò nel primo un affresco Gesù Crocifisso con due angeli che raccolgono in due tazze il sangue versato dalle ferite delle mani con ai piedi della Croce le figure di S. Giovanni Evangelista, l'Addolorata, la Maddalena e S. Pietro Apostolo. Nel secondo altare, invece, creò una meravigliosa pala raffigurante la Madonna con Bambino e Santi: in alto tra le nubi, siede la Vergine in veste rossa e manto azzurro, attorniata dalla gloria di sette Angeli, con il Bambino benedicente tra le braccia e in basso S. Lorenzo, S. Rocco, S. Sofia, S. Nicola da Bari e nello sfondo un castello turrito e il caratteristico paesaggio del Luogo. Questa pala d'altare oggi non è più nella Chiesa ma nella sala consiliare del Palazzo Comunale.
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Moresco, a s. Maria dell'Olmo con la Crocifissione di Vincenzo Pagani manortiz
La Chiesa della Madonna dell'Olmo sorge in località Tredico (nome di un vicino lavatoio pubblico), che coincide con il punto in cui si biforca la contrada Antrefacchia. Non è ancora stata chiarita la denominazione della Chiesa, probabilmente dall'esistenza di un olmo nelle adiacenze. Al suo interno l’edificio protegge un’edicola votiva di stile gotico affrescata dal Pagani raffigurante laCrocifissione. La devozione dei fedeli, indusse così, la comunità a racchiudere l'edicola in una piccola Chiesa, poi ampliata nel 1521, nella quale fu eretta la Confraternita del Crocifisso. In stile romanico e a pianta rettangolare, il complesso presenta due altari, uno costituito nella parte anteriore dalla primitiva edicola e dietro uno successivo. Entrambi furono abbelliti dall'arte del pittore Vincenzo Pagani, il quale realizzò nel primo un affresco Gesù Crocifisso con due angeli che raccolgono in due tazze il sangue versato dalle ferite delle mani con ai piedi della Croce le figure di S. Giovanni Evangelista, l'Addolorata, la Maddalena e S. Pietro Apostolo. Nel secondo altare, invece, creò una meravigliosa pala raffigurante la Madonna con Bambino e Santi: in alto tra le nubi, siede la Vergine in veste rossa e manto azzurro, attorniata dalla gloria di sette Angeli, con il Bambino benedicente tra le braccia e in basso S. Lorenzo, S. Rocco, S. Sofia, S. Nicola da Bari e nello sfondo un castello turrito e il caratteristico paesaggio del Luogo. Questa pala d'altare oggi non è più nella Chiesa ma nella sala consiliare del Palazzo Comunale.
MichelangeloB&B Varenna
A metà della sponda orientale del lago di Como si trova Varenna,un comune di 850 abitanti circa. Costruita su un promontorio roccioso è sovrastata da un monte,sulla cui vetta si staglia la sagoma inconfondibile della torre dell’antico castello di Vezio . Quest’ antica città custodisce un passato medioevale , uno dei migliori conservati in questa zona del lago.La chiesa di San Giovanni Battista del X/XI secolo e’ una delle piu’ antiche del Lario e la chiesa di S.Giorgio,del XII secolo,conserva importanti arredi dell’epoca, oltre alle due chiese seicentesche di S.Marta e di S.Maria delle Grazie affacciate entrambe sulla bella piazza principale. Arrivando da lecco s’incontrano i giardini di Villa Monastero,che ornano in modo splendido la sponda del lago con terrazzamenti e aiuole fiorite,filari di cipressi e numerose specie esotiche fra elementi architettonici negli stili piu’ vari,dal barocco al classico al moresco. Villa Monastero,un tempo convento femminile cistercense,e’ un importante centro internazionale di studi e manifestazioni culturali conosciuto in tutto il mondo; qui soggiorno’ e studio’ Enrico Fermi al quale e’ dedicata una bellissima sala all’ingresso. Subito accanto incontriamo Villa Cipressi,un complesso architettonico cinquecentesco con un bellissimo giardino degradante verso il lago e terrazzamenti mozzafiato.Nell’antico palazzo si trova il Museo Ornitologico “Luigi Scanagatta”,raro esempio di raccolta di uccelli stanziali,rimodernato nelle bellissime sale con ampia documentazione. Alzando lo sguardo,trovate la sagoma imponente del Castello di Vezio,centro metri a picco sulla piazza. Dall’alto della torre potrete abbracciare il lago e godere di un panoramica mozzafiato, lo stesso che disse la Regina Teodolinda. Varenna e’ stata cantata da poeti e letterati,come Giovanni Berchet che con parole alte e sentite dice:
Torna meco, ritorna alle fragranze/di che superbo e’ il lido a cui l’eterno/
aloe fiorito e cento alberi eletti…ma primavera i tuoi prati,o Varenna,/
sparge di fiori sempiterni e ride (Frammenti sul lario,1816):
Anche il piccolo borgo di Fiumelatte merita una visita per osservare la spumeggiante discesa d’acqua del fiume piu’ corto d’Italia,il Fiumelatte, che scorre per 250 metri e solo per sei mesi all’anno,le cui misteriose origini furono studiate da Leonardo da Vinci. L’antica storia dell’Insula Nova L’insediamento di Varenna,risale al tempo dei Celto-Liguri e fu forticato dai Romani. Il legionario romano Vescinus costrui il castello di Vezio,quando Roma per conquistare l europa voleva consolidare il controllo della sponda orientale del Lario.I Longobardi innalzarono la torre di Vezio,alla cui ombra sembra vivesse la regina Teodolinda. In eta comunale.Varenna si schiero’ con Milano nella guerra contro Como e il Barbarossa. Sconfitta e saccheggiata dai comaschi nel 1126,fu la destinazione dei profughi dell’Isola Comacina,distrutta dagli imperiali nel 1169.Gli scampati furono accolti amichevolmente e contribuirono all’aumento della popolazione, cui si fece fronte con un’espansione verso nord .Per non dimenticare la loro gloriosa isola,aggiunsero a quello di Varenna il nome di Insula Nova.
A.D.S.I. Sezione Marche - Palazzo Felici in Cagli
A.D.S.I. Associazione Dimore Storiche Italiane - Sezione Marche
apre al pubblico Palazzo Felici in Cagli.
InScena Giornale è andato a curiosare dentro le stanze e a realizzare interviste esclusive con i proprietari e non solo.
Servizio di Elisabetta Marsigli e Giacomo Temeroli
Marche- Paesi Medievali- Montalto e Papa Sisto V- HD
Montalto delle Marche comune in provincia di Ascoli Piceno, è sito nella fascia collinare che va dalla costa Adriatica alla Catena dei Sibillini, tra le valli dell'Aso e del Tesino.Questo modesto centro del Piceno ha avuto la sorte di essere il luogo di origine, se non proprio di nascita, di un papa,Sisto V. Questa particolare circostanza ne ha segnato profondamente la storia, facendone per tre secoli una delle tante piccole capitali delle Marche.
Nel 1215 S. Francesco d'Assisi, secondo la tradizione popolare, sceglie ancora questo territorio per diffondervi la sua Regola, fondando nella pace di un bosco secolare il Convento delle Fratte, ricco di affreschi di scuola giottesca.
In questo convento compirà i suoi studi Felice Peretti che, eletto Papa nel 1585 con il nome di Sisto V, darà a Montalto il titolo di Città. Durante il suo secondo anno di pontificato (1587), donò il Reliquiario con Imago Pietatis e Scene della Passione (detto 'Reliquiario di Montalto'), di straordinario valore artistico, alla sua patria carissima. Esso è conservato presso il Museo Sistino Vescovile, fu realizzato in oro e pietre preziose. Alcuni dei privilegi concessi dal pontefice permisero a Montalto di divenire non solo un centro culturale ed artistico attivo e ricco di interesse per le opere qui conservate, ma anche per il permanere di alcuni privilegi fino all'Unità d'Italia.
Il territorio era frequentato già nella preistoria: nel Museo Archeologico, sito nel Palazzo Comunale, sono raccolti numerosi reperti del neolitico (6.000 a.c.) e della cultura appenninica (2.500 a.c.), picena (VII sec. a.c.), romana e epoche successive.
Nel territorio comunale sono stati localizzati dalla Sede Archeoclub 14 insediamenti di epoca romana ed un villaggio del periodo neolitico. Recentemente è stato aperto al pubblico il Museo Archeologico con più di 3000 reperti. Il museo prevede un percorso didattico utile agli studenti medi.
Dal 1586 Montalto è stata sede del Presidiato omonimo che comprendeva 13 comuni (Stato di Montalto) soppresso definitivamente nel 1861 con la fine dello Stato Pontificio.
A Montalto delle Marche nacque l'architetto Giuseppe Sacconi, conosciuto soprattutto per essere stato il progettista dell'Altare della Patria a Roma. Il suo studio è stato ricomposto nella Pinacoteca Civica della città.
Interessanti sono altresì il Museo delle carceri, dove sono presenti graffiti e disegni dei reclusi sulle pareti delle celle e al cui interno è installato un impianto fonico con cui si raccontano le storie autentiche dei carcerati drammatizzate da una compagnia teatrale, ed il museo L'Acqua, la Terra, la Tela, entrambi presso la sede municipale ( lesionata dal terremoto del 2016).Ci sono molti vecchi palazzi a Montalto, ma il medievale Palazzo Paradisi , la roccaforte originale, è il più antico (risale presumibilmente all'anno mille).Originariamente chiamato Castello della Rocca, fu costruito dalla famiglia Paradisi Aronne, una famiglia benestante con forti legami con l'ordine monastico Farfense. Fu garantita la sicurezza per gli abitanti e le provviste e fu ottenuto l'accesso alla città, attraverso due porte fortificate, Porta Marina e Porta Patrizia
Il centro storico, i monumenti e i musei del Comune sono parzialmente fruibili. Per informazioni contattare il Numero Verde del Turismo della Regione Marche
Dinner&Ball - with Doctor JACK HILL Food&Drinks and MRS. HIGH Entertainment&Surprise
THE OFFICIAL DINNER SHOW AND BALL NON È SEMPLICEMENTE UNA CENA.
È UN’ESPERIENZA ESCLUSIVA DOVE SI INCONTRANO I PIACERI DEL CIBO E DELLA FESTA.
Il benvenuto del Principe Maurice che condurrà gli ospiti nella meraviglia di un sogno ad occhi aperti, il ricco menù proposto dagli chef del Ristorante Wagner e le emozionanti performance artistiche di Nuart, i costumi dell’Atelier Pietro Longhi, l’eleganza del magico affaccio sul Canal Grande di Palazzo Ca’ Vendramin Calergi sono gli ingredienti speciali di una ricetta unica e straordinaria, che condurrà gli ospiti fuori dallo spazio e dal tempo.
La serata si articolerà in modo coinvolgente attraverso 6 sale “alchemiche”, dove un cast internazionale composto da ballerini, musicisti, artisti e attori creerà un’atmosfera di follia e improvvisazione.
Un gioco di specchi e di rimandi tra azioni teatrali e decorazione molecolare, che condurrà il pubblico in un gioco bizzarro e divertente di cambi di ruoli e di personalità diverse.
Goditi la cena immerso nell’esilarante esperienza del Carnevale di Venezia.
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…with Doctor JACK HILL Food&Drinks and MRS. HIGH Entertainment&Surprise
Prince Maurice will welcome guests and lead them through the wonders of a daydream, a lavish menu proposed by chefs from Ristorante Wagner and the exciting artistic performances of Nuart, costumes from Atelier Pietro Longhi, the elegance of the enchanting view over the Grand Canal of Palazzo Ca’ Vendramin Calergi are some of the special ingredients of a unique and extraordinary recipe that will transport you out of space and time.
The show, performed by Nu’Art Events, will develop a new concept by Art Director Marco Maccapani for the Venice Carnival @ Official Dinner Ball&Show. The enthralling dinner will be developed between 6 alchemical rooms, where the international cast of dancers, musicians, performers and actors will create a madness mood atmosphere. Chemical reaction between mirrors, molecular decoration and theatrical actions.
A bizzarre way of multiples funny personalities disorders will involve the audience. Enjoy the dinner at the exhilarating Venice Carnival Experience
An enchanting evening, with performances among the tables and shows through the night. Like food, entertainment is above all – inspiration and pleasure. The body expresses and art is the tool.
Monterubbiano scio la pica parte 1
La rievocazione storica di Monterubbiano in un video da me prodotto
Antonio Moresco - Liceo Scientifico Salvemini Bari
Antonio Moresco - Liceo Scientifico Salvemini Bari
Offida, uno dei borghi più belli d'Italia
Offida vanta uno dei centri storici più interessanti e meglio conservati del territorio piceno tanto da essere inserito nella lista dei borghi più belli d'Italia. E' uno dei pochi paesi in cui si tramanda ancora l'antica arte del tombolo, celebrata nel Monumento alle Merlettaie, edificato nel 1983 da Aldo Sergiacomi. Numerosi e pregiatissimi pizzi impalpabili sono in esposizione presso la Mostra permanente del Merletto a Tombolo. Per gli amanti del vino, questa cittadina costituisce una tappa importante, dal momento che, oltre ad essere un importante centro vinicolo, qui ha sede la seconda Enoteca Regionale delle Marche. Da visitare: la Rocca, il Palazzo Comunale, uno dei più belli delle Marche, il Teatro Serpente Aureo, uno dei teatri storici delle Marche, il Palazzo Castellotti Pagnanelli che riunisce in un'unica sede il Museo Archeologico G. Allevi, la Pinacoteca Comunale e il Museo delle Tradizioni Popolari. Altro monumento insigne della cittadina è la maestosa Abbazia di S.Maria della Rocca, una delle più significative costruzioni romanico-gotiche delle Marche.
info: - turismo.marche.it
Video edit:dm
MONTECOSARO (MACERATA, MARCHE, ITALY)
Montecosaro, comune di 6826 abitanti, provincia di Macerata, costa adriatica, Marche, Italia. Il centro storico in collina di Montecosaro conserva l'aspetto tipico di un castello altomedievale con torri di difesa e d'avvistamento lungo le mura del 300 ed è ancora ben leggibile l'impianto urbanistico risalente al 600. Di origine picena i primi documenti relativi all'insediamento risalgono al 936 e testimoniano lo sviluppo del nucleo urbano attorno alla Pieve di S.Lorenzo. Punta avanzata e fortificata della Fermo Longobarda e poi della Marca Pontificia fu insignito nel 1255 da Alessandro IV del titolo di Monte fedele per le sue prove di servitù alla Santa Sede.
Montecosaro fu sede del Pretore e Tribunale di giustizia. I Goti distrussero l'abitato in una crudele strage. Il cassero, un tempo imponente fortezza e punto più alto del paese, oggi parco urbano, nasconde anche nella nomenclatura origini, storia e natura ben diverse da quelle cui l'uso attuale l'hanno destinato. Da qui discendendo per la stradina verso la piazza si incontra l'imponente e maestoso CAM (Complesso Agostiniano Montecosaro), oggi palazzo comunale. Il monastero e la chiesa entrambi di epoca medievale testimoniano il lungo cammino di Montecosaro nella storia, nonché una bellezza e armonia che fanno pensare all'intervento di qualche illustre architetto. All'interno del palazzo è custodito un sarcofago romano del II-III secolo e nella chiesa si possono ammirare uno splendido Callido, organo di fine '700, e la S.Croce, reliquario d'arte barbarico-bizantina in argento dorato con incastonate nei bracci reliquie di santi. Entrando in piazza si incontra la chiesa Collegiata che nacque a metà 700 dalle ceneri dell'antica pieve di S.Lorenzo, poi S.Maria, dove è conservato il crocifisso ligneo, unico reperto che potrebbe testimoniare la presenza dell'antica pieve. Appartiene quasi certamente al periodo medievale il Teatro delle Logge che si trova in piazza, che subì una trasformazione nell'800 perdendo ogni traccia dell'originaria struttura. Nel 1568 dalle sue grate penzolarono Enea Galizia e gli altri dodici cospiratori, impiccati in seguito al fallimento della rivolta contro i Cesarini. Oggi Montecosaro comprende due nuclei urbani: il centro storico in collina e Borgo Stazione, ricco di attività industriali e commerciali, dove si trova l'abbazia di S.Maria a Piè di Chienti, meglio conosciuta come la chiesa dell'Annunziata. Costituisce uno degli esempi più tipici dell'architettura cluniacense nelle Marche ed in Italia. I primi dati storici certi risalgono all'anno 936. Fotografie scattate domenica 6 aprile 2014: questo video è dedicato alla giovane Francesca Sabbatini, che per coincidenza perse la vita a Montecosaro nello stesso giorno (un elicottero del 118 si alzò in volo inutilmente per tentare di salvarla).
Fausto Vitaliano Era solo una promessa.m4v
IL ROMANZO
Era solo una promessa è il romanzo d'esordio di Fausto Vitaliano, uno dei migliori sceneggiatori di fumetto attivi nel nostro paese.
Siamo nella primavera del 1992 e in Italia si seguono con attenzione i primi segnali dello scandalo di Tangentopoli, nella speranza e nell'attesa di una rivoluzione imminente. Il giovane fotografo Alessandro, invece, osserva tutto con distacco, cinismo e autoironia. Orfano dei genitori persi in un incidente ferroviario, e mantenuto a vita dall'assicurazione, Alex sembra voler vivere fuori dal tempo, nel tentativo di arginare le ombre del suo passato. Almeno fino a quando circostanze casuali non lo porteranno a confrontarsi con i Neyroz, una famiglia di industriali di provincia, tanto ricca quanto carica di segreti meschini e inconfessabili. Un mondo ambiguo e a tratti crudele, che Alessandro rifiuterebbe, se non fosse che dei tre eredi una è la bellissima Silvia. Un mondo fatto di contrasti, di scontri e anche di qualche fantasma. Il nuovo che avanza, e che per certi versi sembra peggio di quello che c'era prima.
L'AUTORE
Fausto Vitaliano (Olivadi, Catanzaro, 1962) è uno degli sceneggiatori di punta di Disney Italia. Scrive da molti anni storie per Topolino e altre testate del gruppo. Collabora con gli editori Feltrinelli e Rizzoli: ha curato, tra gli altri, volumi di Beppe Grillo (Tutto il grillo che conta) e di Michele Serra. Con quest'ultimo ha scritto il monologo Tutti i santi giorni, prodotto dal Teatro dei Filodrammatici di Milano. Ha pubblicato due saggi per l'editore Giunti-Motta Junior.
Fausto Vitaliano
Era solo una promessa
pp. 434, euro 18,00
collana: rimmel (narrativa italiana)
data di uscita: 24 febbraio 2012
MARCHE - OFFIDA Uno dei Borghi più Belli d'Italia [full HD]
© CLAUDIO MORTINI °°
Centro del subappennino marchigiano (AP), il cui territorio è posto interamente tra le valli del fiume Tesino (a nord) e del fiume Tronto (a sud). Il centro abitato deve la sua pianta irregolare allo sperone roccioso sul quale sorge, ritagliato dai due rami sorgentizi del torrente Lama, affluente di sinistra del Tronto.
Le origini di Offida sono certamente antichissime, ma è tuttora controverso se siano da far risalire al periodo della dominazione Longobarda nel Piceno (VI sec. d.C.) o se, come vuole la tradizione, siano da ricollegare ai Pelasgi, un popolo originario dell'Asia Minore, venuto dal mare.
Questi raffiguravano il loro Dio con le sembianze di un serpente ed è probabile che il nome della città derivi proprio da questo (serpente = ophis).
Ai Pelasgi seguirono quasi sicuramente gli Etruschi e, tra il IX e il XI sec. a.C., i Piceni. Offida, che oggi rappresenta un vero e proprio gioiello
nel panorama dei piccoli centri storici dell'Italia centrale può considerarsi a ragione, uno dei luoghi più significativi dell'intera civiltà Picena.
Il centro storico è racchiuso all'interno delle Mura Castellane risalenti al secolo XII. Altro importante monumento della cittadina è rappresentato dal Palazzo Comunale, costruzione risalente al XI-XII, all'interno del quale si trova il Teatro Serpente Aureo.
Il principale monumento è rappresentato dalla chiesa di Santa Maria della Rocca, ricostruita nel 1330 su una chiesina del XI.
Nell'itinerario turistico non possono essere dimenticate: la Chiesa della Collegiata, la Chiesa dell'Addolorata dove è custodita la Bara del Cristo Morto, la Chiesa di S. Agostino, con l'annessa Cappella del Miracolo Eucaristico.
Storia del merletto a tombolo offidano
Fattori diversi contribuiscono a creare la storia, la civiltà, l'orientamento artistico di una città, tra essi sono da annoverare, in Offida, la lavorazione e il commercio del merletto a tombolo. I merletti offidani più antichi che si conoscono sono quelli risalenti al '400 che erano i camici di S. Giovanni da Capistrano e di S. Giacomo della Marca, conservati dai monaci di Monteprandone (A.P.) Il tombolo si inserì, facilmente, su una produzione locale di passamaneria, nel 1400 circa, ad opera di dame o nobildonne.
Agli inizi del 1600 la lavorazione e produzione locale del merletto erano rinomate per qualità e raffinatezza, tanto che il manufatto era ricercato ed esportato dai mercanti col nome di provenienza, come appare in un contratto di compravendita del 24/06/1612, ove sono indicati
25 merletti di Ofida, valutati 30 bolognini e 80 zagari di Ofida .
Nel 1728, con una petizione al papa Benedetto XIII, la comunità locale chiedeva protezione e provvedimenti contro i mercanti che commerciavano i merletti di Chioggia. Con l'incremento turistico della riviera adriatica, verificatosi dopo la fine degli eventi bellici '39 - '45, si determinò una notevole richiesta che portò a miglioramenti
tecnici e ad aumenti di introiti. Ancora oggi l'arte del merletto a tombolo si trasmette da madre in figlia e la tradizione continua perché essa è viva nell'animo delle offidane che sono fiere di sentirsi artiste.
A Ufid s' spènn puóch e s' magn' bè Con questo detto si cercava di ironizzare, da parte dei cittadini dei paesi limitrofi, sul fatto che, anticamente, gli offidani usavano consumare con una certa frequenza carne di pecora. Tale detto, però, possiamo dire che calza bene, per quanto riguarda la gastronomia offidana perchè realmente in Offida si spende poco e si mangia bene. Le specialità sono quelle della genuina cucina marchigiana che vanno dai maccheroncini con fegatini alle lasagne, dai fagioli con le cotiche agli arrosti misti, al baccalà con patate, allo stoccafisso con salsa piccante. Specialità locale è il CHICHIRIPIENO . Fra i dolci troviamo il FUNGHETTO .
Oltre alle specialità gastronomiche Offida è anche la culla di buoni vini con diversi D.O.C
Monterubbiano, Scherzi e lazzi dei Guazzarò in ricordo del Ver Sacrum (manortiz)
SCIO' LA PICA : IMMIGRAZIONE DEI SABINI
“ Sciò la Pica”: immigrazione dei Sabini
( rif. bibliografico: “Romanità Picena”, don Francesco Maranesi, Isola del Liri,1937, soc.Tip. A.Macioce & Pisani )
Prevalgono due ipotesi sul problema etnogenico ed etimologico dei Piceni. Da un lato, l’avv. Speranza, sulla base di elementi evincibili dagli storici latini, ne sostiene l’origine sabina con immigrazione che procede dal sud al nord verso le nostre terre; dall’altro, il dott. Dall’Osso ipotizza, sulla base di studi documentali dedotti dagli scavi archeologici, che l’immigrazione proceda, invece, dal nord al sud e che abbia origine preellenica.
Con “Sciò la Pica”, la nostra tradizione acclara l’ipotesi di Speranza.
Egli ritiene che i Sabini, provenienti dal Reatino, “per voto di primavera sacra” avessero sciamato verso l’Adriatico, percorrendo la via del Tronto.In una prima fase, essi si sarebbero alleati con Ascoli aiutandoli a conquistare la marina pretuziana e poi avrebbero invaso tutta la regione.
L’avv. Speranza fonda la sua ipotesi attingendo agli storici latini come Plinio il Vecchio, Strabone, M.P. Catone,Festo.
Qui riferiamo alcuni dati di ricognizione storica: “( Picentes ) orti sunti voto primavera sacra” ( Plinio), “Piceni dicuntur orti a sabinis” ( M.P.Catone)” , “”Sabina gens antiquissima est, indigenes et ab his origines duxere picentes” ( Strabone), ”Piceno regio dicta, quod Sabini, cum Ausculum proficiscentur, in vexillo eorum picus consederit” ( Festo).
Anche chi non conosce la lingua latina deduce, a prima lettura a caldo delle frasi surriportate, che l’origine dei Piceni è sabina e che i Sabini sarebbero stati guidati nelle nostre terre da un uccello sacro che è il picchio o pica, da cui il nome Piceni ( Picentes).
Concludiamo con una curiosità mitologica sul picchio ( o pica ).
Ci consegna la mitologia che Pico, figlio del dio Saturno, venne tramutato dalla maga Circe, poiché da lui respinta, in uccello di ugual nome. Esisteva presso i Romani, dove si trovavano insieme Sabini e Latini, il Collegio sacerdotale degli àuguri, vale a dire dei sacerdoti addetti a prendere gli auspici dal volo e dal canto degli uccelli. Il picchio ( o pica) in volo ( fatto volare dal ramo di ciliegio, “Sciò la pica”) dai Sabini è assunto come guida sacra della loro migrazione verso le nostre Terre
I guazzarò, chiamati così per via dell'abito che indossano, il guazzarone (il vestito tipico dei popolani), seguono un albero sormontato da un picchio per le vie del paese al grido di sciò la pica.
Questa tradizione ancestrale rimanda al rito del I guazzarò, chiamati così per via dell'abito che indossano, il guazzarone (il vestito tipico dei popolani), seguono un albero sormontato da un picchio per le vie del paese al grido di sciò la pica.
Questa tradizione ancestrale rimanda al rito del Ver Sacrum (primavera sacra) una migrazione di parte della popolazione che doveva seguire un anumale totemico fino a insediarsi in una nuova terra,
Nel caso specifico si fa riferimento alla migrazione dei giovani sabini che avrebbero seguito il picchio (uccello sacro a Marte) dalla loro terra natale fino alle odierne marche. (primavera sacra) una migrazione di parte della popolazione che doveva seguire un animale totemico fino a insediarsi in una nuova terra,
Nel caso specifico si fa riferimento alla migrazione dei giovani sabini che avrebbero seguito il picchio (uccello sacro a Marte) dalla loro terra natale fino alle odierne Marche
TG2 del 22 05 2016
Servizio del TG2 del 22 maggio 2016 delle ore 20:30
Castello di Sammezzano
Ferdinando Panciatichi Ximenes D'aragona
Stile eclettico moresco
Reggello - Firenze
Palazzo dei Priori - Pinacoteca Civica - Fermo - Marche - Italy
The Palazzo dei Priori, restored in 1446, with a statue of Pope Sixtus V in front of it. The Biblioteca Comunale contains a collection of inscriptions and antiquities.
Source: Wikipedia
Petritoli (Marche, Italy) Fabiani's Palace Palazzetto de lu Stampatò (manortiz)
Palazzo Fabiani (ex palazzo comunale), XIV-XVI sec., con cornici di finestre e pilastrini in terracotta e con una meridiana sulla facciata. Il Palazzo venne consolidato grazie all'aiuto economico di papa Paolo III Farnese riconoscente per l'aiuto che Petritoli aveva dato nel 1537 a suo figlio Pier Luigi Farnese nella conquista di Fermo
Il Bambin Gesù delle Mani del Pinturicchio in mostra a Cortona
L’opera appena rientrata dalla importante Mostra il “Rinascimento Leonardo, Michelangelo e Raffaello in Cina” che ha attratto milioni di visitatori nelle due tappe di Tianjin e Nanjin, dopo aver attraversato le principali capitali Europee tra cui Madrid e Parigi – in occasione della grande Mostra sui Borgia – il piccolo gioiello dipinto dal Pinturicchio torna a respirare l’aria della sua terra natia.
Le sale del prestigioso Palazzo Casali ospiteràospiteranno, dal 13 aprile al 2 giugno, la mostra dedicata al celebre Bambin Gesù delle Mani del Pinturicchio, organizzata e promossa dalla Fondazione Giordano, con il supporto di Metamorfosi, in collaborazione con il Comune di Cortona e MAEC.
L’inaugurazione sarà anche una delle tappe dell’evento “Chianina e Syrah”, una tre giorni dedicata a quello che la città Cortona sa essere: un affascinante insieme di bellezza e bontà, di storia, arte, cultura enogastronomica: testimonianze che tra l’antico e il moderno determinano la qualità della vita.
Il capolavoro rinascimentale ha recentemente permesso di svelare uno dei più affascinanti misteri della storia dell’arte: una singolare vicenda di amori segreti che ha per protagonisti papa Alessandro VI Borgia e la bellissima Giulia Farnese.
Presentata con l’ausilio di un ricco corredo grafico e narrativo, l’appassionante storia di questo inedito affresco prima smembrato, poi perduto e infine fortuitamente riscoperto, verrà raccontata ai visitatori attraverso un suggestivo allestimento, ove un percorso di ambienti successivi accompagnerà il visitatore alla scoperta dell’opera stessa..
Proveniente da un affresco delle stanze vaticane, ora scomparso, e raffigurante la Madonna ed il Bambino con il papa Alessandro VI Borgia inginocchiato in adorazione, il cuore dell’intera composizione – il Bambino Gesù benedicente – è riconsegnato al pubblico dopo oltre cinque secoli grazie all’acquisizione da parte del Gruppo Margaritelli, che l’ha poi affidato alla Fondazione Guglielmo Giordano per promuoverne lo studio e la divulgazione.
Superstite alla damnatio memoriae decretata dai successori del discusso Papa Borgia, lo straordinario dipinto è oggetto di uno dei più discussi passi di Giorgio Vasari. Lo storico fiorentino, nella seconda edizione delle Vite, narrando del Pinturicchio, riferisce infatti che questi ritrasse sopra la porte di una camera la Signora Giulia Farnese per il volto di una Nostra Donna, e nel medesimo quadro la testa d’esso papa Alessandro che l’adora. Per il suo singolare contenuto l’affermazione venne per secoli ritenuta inverosimile. Oggi sappiamo invece che rispondeva a verità.
Con il Bambin Gesù delle Mani si accendono i riflettori sulla figura di Bernardino di Betto, la cui fervente attività è stata al servizio di ben cinque Papi. Pittore molto originale, padrone di un linguaggio figurativo composito, che fonde in una sintesi personale, microscopìa fiamminga ed eleganze tardo-gotiche, geometrie rinascimentali e paesaggi fortemente innovativi. Ospite d’eccezione di un Museo la cui storia va di pari passo con quella dell’Accademia Etrusca la cui vocazione naturale è quella della diffusione della cultura storica ed artistica.
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