ALESSANDRIA: GIORNO DELLA MEMORIA
Alessandria, venerdì 27 gennaio 2012
Parco dei Deportati Ebrei di Alessandria
NON POSSIAMO, NON DOBBIAMO DIMENTICARE E NON DIMENTICHEREMO
Il giorno della memoria è un momento di riflessione sulla tragedia della shoah in modo che ognuno di noi rinnovi dentro di sé il proposito di operare nella vita di ogni giorno affinché follie simili non possano più ripetersi.
Oggi la città di Alessandria ricorda Giovanni Palatucci, Questore di Fiume, salvatore di ebrei, morto a Dachau il 10 febbraio del 1945, un momento particolare che completa il percorso compiuto insieme agli studenti delle scuole superiori cittadine, alla scuola allievi della Polizia di Stato, alla Questura e alla Comunità Ebraica di Alessandria sulla figura di questo eroe.
Il Sindaco di Alessandria professor Piercarlo Fabbio, insieme al Vicario del Prefetto dottor Vito Cusumano, al Questore di Alessandria dottor Filippo Dispenza, al Direttore della Scuola Allievi della Polizia di Stato di Alessandria dottor Bruno Di Rienzo e al consigliere comunale Giuseppe Bianchini, scopre la targa in memoria di Giovanni Palatucci.
amiual.it
durata 18' 21
Una produzione AMIU communication
Regia, riprese video e montaggio: Paolo Lodici
Dal Turchino alla Benedicta
« Hanno strappato i fiori ma non fermeranno la primavera »
(Anonimo, sul Libro dei visitatori, 5 luglio 1998)
In doveroso omaggio a chi a ventanni immolò la sua vita per un paese ed un popolo che non li merita.
La signora che era con me e si intravede, è nipote di due zii, che come disse qualcuno non tanto tempo fa,furono mandati a villeggiare a Ventottene, di un 'altro che cadde in un imboscata, fu ferito e portato via e non se ne seppe più nulla, e figlia di un deportato a Mauthausen,che ritornò col corpo ma lasciò la sua anima e la sua mente in quel luogo di orrore,e questo per chi invece dice che il fascismo era folkloristico
Nel novembre del 2002, quando il folklore stava venendo riabilitato, si manifestò subito per quello che era, bande neofasciste e neonaziste,danneggiarono gravemente la Benedicta.
A colpi di mazza, sono state sfigurate cinque targhe di metallo (1,60 per 1,10 centimetri) e la lapide di marmo (1,60 per 1,80) posta davanti alla cascina. A 150 metri di distanza, c' è la cappella: qui è stata presa a colpi di mazza una grande lapide che riporta i nomi dei partigiani trucidati. Nel tempio, è stato divelto l' altare, distrutti gli arredi sacri, i candelabri, l' impianto di illuminazione. Fuori dalla chiesetta, è stata divelta dal cippo, la croce di legno che segna il punto esatto dove avvenne la fucilazione. Non è opera di balordi. Chi ha compiuto questa devastazione è arrivato alla Benedicta con gli arnesi adatti, mazze e martelli
Hanno colpito e sono fuggiti senza neppure avere il coraggio di firmare.
L'eccidio del Turchino
La Strage del Turchino è il nome di un eccidio di prigionieri politici compiuto dalle SS, durante le prime ore del mattino del 19 maggio 1944 in località Fontanafredda, sulle pendici del Bric Busa, nelle vicinanze del passo del Turchino. Vi trovarono la morte 59 civili italiani.
Prelevate di notte dal carcere genovese di Marassi, le 59 vittime, molte non ancora ventenni, furono trasportate a bordo di camion al Passo del Turchino e di lì, dopo un percorso di un paio di chilometri, i prigionieri furono condotti fino ai prati del versante meridionale del Bric Busa. In questa località, a gruppi di sei, vennero fatti salire sopra delle tavole, disposte su una grande fossa che il giorno precedente un gruppo di ebrei era stato costretto a scavare, in modo che ognuno, prima di cadervi dentro dopo la scarica di mitra, potesse vedere i cadaveri dei suoi compagni.
Tra le 59 vittime, 17 erano scampate alla Strage della Benedicta compiuta solo un mese prima.
L'eccidio della Benedicta
Il 7 aprile 1944 ingenti forze nazifasciste circondarono la Benedicta e le altre cascine dove erano dislocati i partigiani e colpirono duramente i giovani, spesso impossibilitati a difendersi per la mancanza di un adeguato armamento e di esperienza militare. Il rastrellamento proseguì per tutto il giorno e nella notte successiva. Molti partigiani, sfruttando la conoscenza del territorio, riuscirono a filtrare tra le maglie del rastrellamento, ma per centinaia di loro compagni non ci fu scampo.
In diverse fasi i nazifascisti fucilarono 147 partigiani, altri caddero in combattimento; altri partigiani, fatti prigionieri, furono poi fucilati, il 19 maggio, al Passo del Turchino.
Altri 400 partigiani furono catturati e avviati alla deportazione (quasi tutti a Mauthausen), ma 200 di loro riuscirono fortunosamente a fuggire, mentre i loro compagni lasciarono la vita nei campi di concentramento.
Dall'eccidio alla Benedicta si salvò solo Giuseppe Ennio Odino, ritenuto morto.
Per la Strage del Turchino e per quelle della Benedicta, di Portofino e di Cravasco, dove trovarono la morte complessivamente 246 persone, Siegfried Engel ex-capo delle SS a Genova, conosciuto anche come il «boia di Genova», è stato condannato all'ergastolo in Italia nel 1999, ma non ha mai scontato la pena in quanto la legge tedesca non ne permetteva l'estradizione. Nel 2002, ad ormai 93 anni, Engel è stato processato ad Amburgo e condannato a sette anni di reclusione per crimini di guerra che non ha scontato a causa dell'età ormai avanzata.
Premio Palatucci. Roma 15 aprile 2010
Per ricordare la figura eroica e generosa di Giovanni Palatucci, l'ultimo questore di Fiume, alla Scuola superiore di polizia di Roma, sono stati premiati i vincitori della VI e VII edizione del Premio alla sua memoria. La cerimonia si è svolta alla presenza del ministro dell'Interno Roberto Maroni, del capo della Polizia Antonio Manganelli e di numerose altre autorità, tra cui il rabbino capo Riccardo Di Segni e il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna. Durante la presentazione è stato proiettato il video della visita del capo della Polizia, Antonio Manganelli, a Dachau (Germania) all'ex campo di sterminio dove tra le migliaia di vittime ha trovato la morte a soli 36 anni il Giusto tra le nazioni. La Polizia significa vita, quella vita che serve ad aiutare il prossimo, la povera gente: queste le parole pronunciate da Giovanni Palatucci ai suoi collaboratori pochi giorni prima della deportazione nel campo di concentramento. L'insegnamento e il comportamento eroico per noi, naturale per lui, e per il quale è in corso un processo di beatificazione, va seguito e trasmesso ai giovani. Così il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha ricordato Giovanni Palatucci, l'ultimo questore di Fiume che salvò migliaia di ebrei dai campi di sterminio.