Montesilvano Raccontata da Un Montesilvanese: Qui Siete Tutti Benvenuti
Montesilvano Raccontata da Un Montesilvanese: Qui Siete Tutti Benvenuti.
Montesilvano (Munzelvàne in dialetto locale]) è un comune italiano di 54 186 abitanti della provincia di Pescara in Abruzzo.
Situata a nord di Pescara, con cui confina e forma un unico agglomerato urbano, è divisa in Montesilvano Colle, il vecchio centro in cui sono ancora presenti resti degli antichi edifici medievali (amministrativamente, una frazione), e Montesilvano Marina (o Montesilvano Spiaggia), già Contrada Marina, la parte più popolosa e moderna, sede del comune.
Montesilvano, quello insediato sul colle, risalgono al 1114 e sono contenute in un documento del re normanno Ruggero II. Nel documento si menziona la chiesa di S. Quirico (oggi non più esistente) e si nomina per la prima volta la località di Montesilvano, che ricompare qualche anno più tardi, nel 1140, in una descrizione della diocesi di Penne. Nei secoli successivi, il borgo, oggetto di permute e riscatti, seguì le sorti del Regno di Napoli, passando prima agli Angioini, poi, nel XV secolo, agli Aragonesi, che lo concessero in feudo a vari signori locali e stranieri. Nel Cinquecento entrò a far parte dei domini degli Asburgo di Spagna, che tennero Montesilvano (e l'intero Regno di Napoli) fino al trattato di Utrecht (1713); tramite il trattato lo Stato veniva ceduto all'Austria.
Arriviamo cosi all’ Età contemporanea
Sviluppo della Contrada marina
Montesilvano tornò ai Borbone (1815). Negli anni venti e trenta dell'Ottocento alcuni cittadini aderirono alla Carboneria e, attorno alla metà di quello stesso secolo, il paese, per le modeste dimensioni e in assenza di uomini capaci di governarlo, fu aggregato al comune di Cappelle sul Tavo.
Il 13 luglio 1997, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, in visita in terra d'Abruzzo, sceglie la Chiesa Parrocchiale cittadina di S. Antonio di Padova, per assolvere al suo precetto religioso domenicale.
Montesilvano, sviluppatasi in massima parte lungo l'Adriatico, ha acquistato la sua fisionomia attuale solo nella seconda metà del Novecento. Dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale e la successiva ricostruzione, la città è infatti praticamente rinata orientandosi sia verso lo sviluppo turistico con i primi insediamenti alberghieri (1963-1966), sia verso quello commerciale, dei servizi e, in minor misura, artigianale e industriale, che determineranno la vigorosa espansione urbana degli ultimi decenni e il notevole benessere economico che oggi la contraddistinguono.
La città è infatti passata dai circa 7.300 abitanti del 1951 agli oltre 54.000 odierni (2017), con una vera e propria esplosione demografica che, in questo stesso periodo, non ha conosciuto nessun altro centro della regione. La vicinanza con Pescara, primo polo demografico d'Abruzzo, giustifica, in gran parte, tale tumultuoso sviluppo, sostenuto da un fiorente terziario (terziario avanzato, in alcuni settori) e dalle numerose attività artigianali ed industriali che hanno trovato modo di insediarsi in questa dinamica fascia costiera. Un posto di rilievo nell'economia locale continua ad essere occupato dall'industria turistica che poggia su una ricettività alberghiera, che può vantare un Palazzo dei Congressi, unico nella provincia, e dà vita a un indotto di ampie proporzioni: locali notturni, bar, attività del terziario avanzato, ristoranti, ecc.
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UMBRIA - SAN GEMINI Il borgo delle acque - HD
© CLAUDIO MORTINI *
E' conosciuta per l'omonima acqua minerale. Ciò che molti non sanno, però, è che San Gemini ha tanto altro da offrire ai visitatori: un centro storico elegante e ben conservato, un clima salubre e ridente e innumerevoli eventi durante tutto l'anno sono gli ingredienti che ne fanno una valida meta di vacanza in ogni stagione.
Popolata da circa 4600 abitanti, San Gemini è una cittadina umbra in provincia di Terni, sorta sui resti di un piccolo insediamento del periodo romano, lungo il percorso della storica Via Flaminia.
Non mancano gli edifici e i monumenti di pregio storico-artistico, che si possono ammirare passeggiando per le vie ordinate del centro. Tra i luoghi di culto da non perdere c'è il duomo della città, dedicato al patrono, realizzata nel XII secolo ma ristrutturata agli inizi dell'Ottocento.
Nel 1775 furono rinvenute nella sacrestia le reliquie del santo, oggi sepolte sotto l'altare maggiore. Altre chiese di interesse sono la chiesa di San Nicolò, nei pressi del centro storico, in stile romanico umbro, e la chiesa medievale di San Francesco, nella piazza maggiore, appena al di fuori della cinta muraria medievale ma all'interno dell'anello fortificato settecentesco, decorata all'interno da affreschi quattrocenteschi di scuola umbra.
Del settecento è anche la Porta Romana, mentre risale all'epoca medievale l'austera chiesa di San Giovanni, ricavata da un antico battistero a pianta centrale.
A San Gemini sorge anche un'attrazione molto più moderna, il Geolab, uno spazio espositivo permanente che si occupa di divulgare le scienze della terra. Allestito all'interno del vecchio ospedale di Santa Maria della Misericordia, una costruzione ottocentesca in uso fino agli anni Venti del Novecento, il Geolab è pensato per i ragazzi e per chi è curioso di sapere come funzione il nostro pianeta. Una sezione speciale è dedicata all'Umbria e ai meccanismi che stanno alla base della sua storia geologica. Più che di un museo si tratta di un grande laboratorio, con una serie di strumenti interattivi che uniscono la didattica al divertimento, introducendo anche i più inesperti al metodo scientifico sperimentale.
Chi trascorre un periodo a San Gemini potrà conoscerne da vicino gli usi e le tradizioni grazie alle numerose manifestazioni che vengono organizzate in città nel corso dell'anno. Tra gli appuntamenti principali c'è la famosa Giostra dell'Arme, una rievocazione storica che , dalla fine di settembre all'inizio di ottobre, porta in paese giochi, spettacoli e occasioni di svago, travestimenti a tema e un'attesissima sfida tra i cavalieri dei due rioni locali, la Rocca e la Piazza.
Comunque ogni stagione ha le sue feste, che spaziano dai raduni di moto e auto d'epoca alle competizioni tra complessi musicali. Tra gli eventi più pittoreschi c'è l'infiorata del Corpus Domini, che nasce come festa religiosa ma si colora di aspetti pagani e ludici: la sfida prevede infatti l'elezione della migliore composizione a terra, lungo le strade cittadine, realizzata con prodotti esclusivamente vegetali, come fiori, petali e foglie.
Il Castello di Fenis
Il castello di Fénis, situato nell'omonimo comune, è uno dei più famosi manieri medievali della Valle d'Aosta.
Noto per la sua architettura scenografica, con la doppia cinta muraria merlata che racchiude l'edificio centrale e le numerose torri, il castello è una delle maggiori attrazioni turistiche della Valle. Il castello di Fénis è uno dei castelli medievali meglio conservati in Italia.
Diversamente da altri manieri della regione, quali Verrès e Ussel, costruiti in cima a promontori rocciosi per essere meglio difendibili, il castello di Fénis si trova in un punto del tutto privo di difese naturali. Questo porta a pensare che la sua funzione fosse soprattutto di prestigiosa sede amministrativa della famiglia Challant-Fénis e che anche la doppia cinta muraria servisse soprattutto in funzione ostentativa, per intimidire e stupire la popolazione.
La posizione del castello, sulla cima di una collina circondata da una serie di prati, fa pensare che un tempo possa essere stata la sede di una villa romana, ma diversamente dal castello di Issogne, dove la stessa ipotesi è stata confermata da resti di mura di epoca romana trovati nei sotterranei del maniero, a Fénis non sono ancora state trovate prove di questa teoria.
Vista invernale del castello
Il castello viene menzionato apertamente per la prima volta in un documento del 1242, nel quale un castrum Fenitii è indicato come proprietà del visconte di Aosta Gotofredo di Challant e dei suoi fratelli. A quel tempo il maniero probabilmente comprendeva solo la torre colombaia sul lato sud e la torre quadrata, un corpo abitativo centrale e una singola cinta muraria.
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Verona - Chiesa di San Fermo Maggiore - Chiesa Superiore e Inferiore - videomix
La chiesa di San Fermo Maggiore è una delle costruzioni religiose più interessanti ed originali della città di Verona, composta da due chiese connesse e sovrapposte l'una all'altra. Un unicum in cui lo stile romanico tipico del X-XI secolo si fonde armoniosamente con il gotico del XIV secolo.
La chiesa inferiore fu eretta tra il 1065 e il 1143, sui resti di un'antica pieve del V secolo, già dedicata ai Santi Fermo e Rustico che in questo luogo erano stati martirizzati. La chiesa superiore fu eretta nei primi decenni del XIV secolo dai frati francescani, che lasciarono intatta la romanica chiesa inferiore e dettero alla superiore l'attuale stile gotico, arricchendola durante i secoli con l'originale soffitto a carena di nave, splendidi affreschi, cuspidi e numerose opere d'arte. UNA GRANDE BASILICA IN CUI LO STILE ROMANICO SI FONDE CON IL GOTICO, come si intuisce sin dalla facciata, divisa in due parti da una galleria d'archetti in parte cieca. La parte inferiore è in tufo e appartiene alla preesistente chiesa romanica; quella superiore è tipicamente gotica, con il suo rivestimento murario a fasce alternate di tufo e cotto, su cui si apre una grande finestra quadrifora, sormontata da una trifora incastonata tra due loculi. Completa la splendida visione d'insieme il magnifico portale tipicamente romanico con la sua profonda strombatura a cordoni multipli e la porta bronzea, recentemente realizzata dal maestro Luciano Minguzzi, in cui sono visibili ventiquattro formelle che raccontano la storia dei santi Fermo e Rustico. Da notare anche la statua di San Francesco, incastonata nella lunetta sopra il portale, e la pregevole arca sepolcrale in cui riposano le spoglie mortali di Aventino Fracastoro, posta sulla sinistra della scalinata che porta all'ingresso. L'interno dell'ampia chiesa superiore, a croce latina, è a navata unica con cinque absidi e vari altari laterali.
Entrando lo sguardo rimane subito affascinato dal TRECENTESCO SOFFITTO LIGNEO A CARENA DI NAVE, pregevolmente ornato da una doppia galleria di archetti su cui sono dipinti vari busti di santi. Entro queste millenarie mura sono conservati dipinti e sculture che vanno dal XIII al XVII secolo, tra cui un brano d'affresco con angeli musicanti di Stefano da Verona, vari dipinti di Domenico Brusasorci, l'affresco della Crocifissione del Turone, oltre ad opere di Francesco Torbido, Battista del Moro, Liberale da Verona, Alessandro Turchi (detto l'Orbetto). Da segnalare inoltre alcune sculture giovanili di Michele Sanmicheli e il mausoleo di Nicolò Brenzoni, autentico capolavoro dell'arte tardogotica ornato con le sculture del fiorentino Nanni di Bartolo (Resurrezione di Cristo) ED ANCHE ALCUNI NOTEVOLI AFFRESCHI DEL PISANELLO (l'Annunciazione, San Raffaele e San Michele). Per una porta nel transetto destro si scende nel chiostro romanico, dove una scala conduce alla Chiesa Inferiore. Anche in questo edificio la pianta è a croce latina, ma spartita su tre navate da numerose colonne e poderosi pilastri in pietra con capitelli medievali. Particolare attenzione va riservata agli interessanti affreschi dell'XI e XIII secolo che qui sono conservati, tra cui un Battesimo di Cristo (presente sul terzo pilastro della navata di sinistra) ed una Madonna che allatta. Nel presbiterio si trova un pregevole crocifisso ligneo risalente al XIV secolo, mentre nel transetto di destra è situata la pietra dove, secondo la tradizione, furono decapitati i santi Fermo e Rustico.
Pietrasecca, L'Aquila, Abruzzo, Italy
L'abitato del centro storico presenta case costruite per difesa a picco su uno sperone roccioso, denominato Vena Cionca posto sopra la località di valle Marino. Un notevole sviluppo abitativo si ebbe dopo il 1860 e portò le costruzioni fino all'attuale Piazza delle Canapine con un'estensione che include parte di monte Dritto. Il paese si è poi espanso verso est dove con la costruzione di alcuni palazzi delle case popolari.
Nuove costruzioni sono sorte in località Ara delle Pietre (in dialetto locale ar'elleprete) mentre il centro storico è rimasto quasi del tutto disabitato, se si esclude il periodo estivo quando si ripopola con gli abitanti emigrati soprattutto nella Capitale che tornano in villeggiatura. Suggestiva è la visione del paese vecchio arroccato a mo' di presepe dalla sottostante autostrada A24 Roma-Teramo. Tra Pietrasecca e il comune confinante di Sante Marie si estendono due riserve naturali, la riserva naturale speciale delle Grotte di Pietrasecca e la riserva naturale regionale Grotte di Luppa. Il paese è noto anche per la presenza di alcune falesie sullo sperone roccioso della Vena Cionca molto frequentate dagli arrampicatori.
Nel luogo si trovava con ogni probabilità un centro fortificato degli Equi, mentre la presenza romana è testimoniata da frammenti ceramici e da un'iscrizione funeraria.
Secondo la tradizione locale la fondazione dell'attuale abitato si deve al Re Pipino che non distante dall'abitato contemporaneo avrebbe fondato il castello di Luppa dove sarebbe morto nell'810 per essere sepolto in località Fosso Feca. Pietrasecca venne espugnata, insieme a Saracinesco, dai saraceni in ritirata sulla via Valeria e successivamente riconquistata dalle truppe papali. Si apprezzano ancora i resti delle opere fortilizie erette nei secoli sia con tecniche occidentali che orientali. La struttura della cittadella interna presenta una poderosa muraglia di cui, dopo i terremoti occorsi nei secoli, si conservano le tracce che sono ben visibili. L'imponente rocca originaria è osservabile soprattutto dal lato nord-ovest, in prossimità dell'odierno cimitero.
Da questa angolazione si può infatti osservare la maggior parte delle opere fortilizie superstiti. La località fu fortificata fin da epoca remota, già prima della dominanza equa, per la sua posizione strategica. Posizione che conservò in epoca romana sulla direttrice della via consolare Valeria e rafforzò in epoca medioevale per essere al confine tra i ducati longobardi di Spoleto e quelli di Benevento. I resti del castello hanno caratteristiche costruttive simili a quelle di altre strutture difensive del territorio della Marsica e della confinante Sabina, costruite tra la fine del X e gli inizi dell'XI secolo, ma recano in sé anche opere murarie arabe oltre che occidentali medioevali.
Il toponimo di Petram Siccam è citato per la prima volta in un documento del 1074. Nel XV secolo passò dal dominio degli Orsini, conti di Tagliacozzo, alla baronia di Collalto Sabino e alla fine dello stesso secolo ai signori Savelli. Nel 1655 è documentata una forma di autonomia amministrativa con la presenza dell'università di Pietrasecca. Uno spaccato dell'economia e della vita sociale dell'epoca è documentata nel Catasto del 1749.
L'8 dicembre del 1860, a circa due chilometri dal paese, avvenne in località Casale Mastroddi di Sante Marie la cattura del generale legittimista spagnolo José Borjès venuto in Italia per riconquistare il perduto regno borbonico di Francesco II, sperando in un'alleanza con il brigante lucano Carmine Crocco. Deluso dal comportamento delle bande brigantesche meridionali finanziate dalla stesso re, stava andando a Roma per dissuaderlo dal continuare a spendere inutilmente il suo denaro. Ad 8 km dal confine pontificio fu catturato e fucilato lo stesso giorno a Tagliacozzo, senza alcun processo, dai bersaglieri del regno al comando del maggiore Enrico Franchini.
A causa del terremoto di Avezzano del 1915 crollò la chiesa di Santo Stefano, ricostruita in seguito più in basso all'ingresso del paese. Agli inizi del XX secolo il paese superava i 1.000 abitanti. Lo spopolamento è stato determinato da scarse possibilità di occupazione nel posto e dalla conseguente emigrazione soprattutto nella vicina Roma.
Nel 1984 è stata scoperta la meravigliosa Grotta grande del Cervo che, unitamente alla già conosciuta grotta dell'Ovito, ha determinato la rivitalizzazione del centro e la valorizzazione turistica del territorio. Ciò è avvenuto soprattutto attraverso l'istituzione nel 1992 da parte dell'ente Regione Abruzzo della riserva naturale speciale delle Grotte di Pietrasecca.
In occasione della scoperta della Grotta del Cervo nell'aprile del 1984 furono ritrovate dal CAI di Roma anche 18 monete di epoca romana.
Continua:
Borghi d'Abruzzo - Lettomanoppello (PE) - Documentario completo
Dalla puntata Abruzzo Made in Italy di Paola Mastrocola ed Ermanno Ricci
L'uomo antico percorreva il territorio lettese tra le balze e i crinali della montagna fino al territorio più a valle, sin dal Paleolitico (120.000 anni fa). Questi luoghi erano frequentati da bande di cacciatori - raccoglitori.
Numerose infatti sono le testimonianze di stazioni in grotta e all'aperto che ci attestano usi diversificati della montagna, in particolare la caccia ai grandi mammiferi e la ricerca di affioramenti di selce da cui ricavare strumenti.
L'Homo Erectus che qui viveva ha lasciato resti a Costa dell'Avignone dove sono emersi reperti di industria litica levalloisiana, caratterizzati da un perfezionamento delle tecniche di lavorazione (officina) e schegge di tecnica clactoniana evoluta, consistente in manufatti litici derivati da grandi schegge con piano di percussione obliquo. Recentemente a Grotta S. Angelo è stato messo in luce un suolo del Paleolitico Superiore frequentato per un breve periodo, con focolari e materiale in situ.
Ad epoca protostorica appaiono riferibili le prime testimonianze di frequentazione della Grotta archeologica delle Praie, mentre al periodo italico sembrerebbero riferibili antiche tracce di frequentazione nell'area della Fonte Marte, nel cui toponimo sembrano conservarsi le suggestioni di un'antico culto locale.
Di particolare interesse appare la frequentazione della zona in epoca romana, quando vengono sfruttate le cospicue risorse minerarie legate alla presenza di affioramenti d'asfalto, poi coltivate sino all'età moderna.
Da un'antichissima miniera in località Pignatara proviene il celebre pane d'asfalto d'epoca romana con bollo di Telonius Sagitta, e l'utilizzo di queste importanti risorse minerarie poter calafatare le navi proseguiva ancora in età medievale, come dimostrato dal rinvenimento di monete della Repubblica d'Amalfi (secc. XII-XIII) presso l'ex chiesa di Santa Liberata.
Si perchè pare che la Repubblica di Amalfi, si rifornì qui per il bitume necessario alle proprie navi.
II paese, di origine medioevale, sorse nei tenimenti di San Clemente a Casauria come Castello e per lungo tempo fu subordinato alle vicende storiche della contea di Manoppello, Nel VII secolo venne inglobato nella Diocesi di Chieti e nel 1279 risultò essere la quarta parte di un feudo posseduto da Abamonte Di Letto. Nel 1338 era proprietà della famiglia Orsini, conti di Manoppello, mentre intorno al 1385 fu feudo della famiglia De Lecto, di origine longobarda. Questi erano ufficiali preposti all'erario, amministratori di canoniche, di confraternite, di conventi e ministri della Camera Apo-stolica.
Nel tempo la popolazione lettese andava aumentando fino ad arrivare nel 1795 a 1336 unità, e il paese risultava essere pro-prietà feudale dei baroni Dario.
I Luoghi della Storia
Questo singolare paese dell'area settentrionale della Majella, il cui nome deriva dalla dicitura con cui anticamente era menzionato il luogo: Terra Lecti Prope Manopellum (terra nei pressi di Manoppello) ha un aspetto fortemente allungato.
Questa è una caratteristica tipica dei villaggi longobardi, motivata dalla transumanza verticale praticata dai monti ai piani sottostanti. Infatti in quel periodo avvenivano migrazioni stagionali di piccoli gruppi di persone con i loro greggi, che dai pascoli di pianura si spostavano in quelli di montagna e viceversa.
Accanto all'economia agro-pastorale c'era quella dell'artigianato della pietra che ci ha lasciato tracce indelebili nel tessuto urban o lettese.
Passeggiando tra i vicoli del centro storico possiamo ammirare i portali, gli stipiti, le chiavi di volta, le mensole, le decorazioni e le bellissime fontane, elementi in pietra della Majella sapientemente lavorati dagli scalpellini. Sicuramente nel passato con queste pietre sono state realizzate numerose costruzioni qui a Letto-manoppello, come palazzi e castelli; infatti come viene citato dal libro dei ‘Registri delle Pergamene' della Curia Arcivescovile di Chieti, a Lettomanoppello c'era un castello sito probabilmente dove oggi c'è Palazzo Armidoro in piazza, da cui partiva una galleria sotterranea con l'uscita al Torrione. Purtroppo per via dei numerosi terremoti, ne è sparita ogni traccia e poco o niente è rimasto come allora.
Nel centro storico, di notevole interesse artistico è la Chiesa parrocchiale di San Nicola, di epoca seicentesca, in stile barocco.
Restaurata in seguito al terremoto del 1984 la chiesa ha un impianto lombardo, con una bella torre campanaria in blocchi di pietra con ampi archi a tutto sesto, terminante con una particolare copertura a cipolla. L'interno è a tre navate di cui quella centrale svettante, con decorazioni a stucco, altarini laterali barocchi, nicchie, statue, tele ed ornamenti scultorei di scalpellini locali.
Di un certo interesse le tele poste sull'abside di Ferdinando Palmerio dei primi del 1900.
Basilica di San Bassiano e Area archeologica di Lodi Vecchio
Lodi Vecchio dista 10 chilometri da Lodi, nel luogo in cui sorgeva la città romana di Laus Pompeia, distrutta dai milanesi in due occasioni nel 1111 e nel 1158, anno in cui i lodigiani decisero di fondare una nuova città sulle sponde dell'Adda.
Nell'area archeologica di Lodi Vecchio sono visibili alcuni resti dell'antica cattedrale, così come sono raccolti alcuni reperti nel Museo di recente allestito. Fu questo il luogo in cui il primo vescovo della neonata diocesi di Lodi decise di costruire la sua prima chiesa.
San Bassiano edificò lungo un'importante strada di pellegrinaggio una basilica che venne ricostruita nel X e nel XIV secolo, prima con forme romaniche e poi gotiche, con elementi caratteristici quali la facciata a vento e le bifore a tutto cielo.
La basilica inizialmente consacrata ai XII Apostoli, fu dedicata a San Bassiano dopo la sua morte. All'interno numerosi dipinti che ritraggono soprattutto la vita agricola e il bellissimo affresco del catino absidale raffigurante il Cristo Pantocratore.
Scoprendo Lodi è un programma realizzato da Vaghi per il mondo ( scritto e diretto da Fabrizio Vaghi, condotto con Laura D'Angiolella, prodotto da Domenico Bardelli (
Canale ufficiale: Sono disponibili i sottotitoli in lingua straniera; la versione del video doppiata in inglese è disponibile a questo indirizzo:
Tutti i diritti riservati.
Por dentro da Universidade de Ciências Gastronômicas | Pollenzo, Itália [LEGENDADO| T13 E16]
Você sabia que existe uma Universidade que é especialmente dedicada ao estudo do alimento? A Universidade de Pollenzo encara a gastronomia como ciência e ensina os alunos a enxergarem o alimento de maneira holística, com todos os aspectos culturais, psicológicos e sociológicos envolvidos nesse universo de sabores.
No vídeo conversamos com o pessoal da Universidade e mostramos um pouco da estrutura desse lugar mágico.
Para maiores informações, leia o nosso post:
Acesse também o site da Universidade Gastronômica de Pollenzo: unisg.it
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Medioevo (Lezione 5): L'età di Giustiniano I (527-565)
(See my YouTube channel for the English edition of this video).
In questa 5° lezione, esaminiamo il dominio bizantino in Italia e l'età di Giustiniano. La figura di Giustiniano I dominò tutto il VI secolo nell'area del Mediterraneo. Uomo intelligente, versatile e infaticabile, Giustiniano portò a termine grandi progetti politici, legislativi e architettonici. Ma più ambizioso di tutto fu il suo grandioso disegno di restaurazione dell'unità politica e religiosa dell'Impero Romano nel Mediterraneo, che trascinò l’Italia in un devastante, quasi ventennale con***tto.
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INDICE:
# 00m01s (1) Procopio e la G***a Gotica;
# 05m30s (2) Carriera e disegno strategico di Giustiniano;
# 08m11s (3) La sommossa 'Nika';
# 10m27s (4) Ricerca dell'unità religiosa;
# 14m14s (5) Il 'Corpus Iuris Civilis';
# 19m29s (6) Oppressione fiscale in Italia;
# 21m13s (7) Crisi finanziaria dell'Impero.
LA CITTA INVISIBILE - Frammenti di Trieste romana
Da qua sopra non si vede nulla; c'è chi dice: è là sotto e non resta che crederci... di notte, accostando l'orecchio al suolo, alle volte si sente una porta che sbatte. Nel 1972, Italo Calvino descrive così una delle sue città invisibili.
Da qui nasce l'idea di questo documentario che prova a raccontare Trieste romana in modo diverso. Un nuovo itinerario in una città che accanto a resti monumentali, reperti conservati nei musei, a quanto nuove indagini archeologiche hanno fatto emergere dalla terra, molto ancora nasconde nell'aggrovigliato tessuto di case, nelle strette vie che salgono e scendono dal colle di San Giusto, o sotto palazzi che celano ciò che scavi tra '800 e '900 hanno messo in luce e poi interrato per sempre. Frammenti di una città invisibile per la prima volta ricomposti attraverso la realtà virtuale.
Realizzato dall'Ufficio Stampa Produzioni Televisive della Regione Friuli Venezia Giulia in collaborazione con i Civici Musei di Storia e Arte e la Soprintendenza Archeologica.
Civico Museo di Storia e Arte - Trieste
museostoriaeartetrieste.it
TREKKING - Montemagno - Verruca - Calci - di Sergio Colombini
L'itinerario di oggi inizia dal borgo di Montemagno (198 m. s.l.m.). prendiamo la mulattiera tra terrazzamenti e oliveti. Dopo poco facciamo un breve deviazione verso il cimitero dove si trova la chiesa dedicata a San Martino, è la più antica del paese; la sua datazione si fa risalire a IX secolo. Vi si conservano le reliquie di San Coronato patrono di Montemagno.
Il Campanile era la vecchia Torre di Guardia facente parte del sistema difensivo della fortezza della Verruca.
In disuso già dal secolo XIII come chiesa parrocchiale, sostituita da quella di Santa Maria della Neve.
La chiesa fu affidata due secoli dopo alla Compagnia del Santissimo Sacramento o della Buona Morte i cui membri erano addetti al servizio funebre degli associati.
Ritorniamo indietro e al bivio svoltiamo a destra per la Verruca (Vedi indicazione).
La Carrareccia in salita arriva ad un ampio piazzale, crocevia di molti sentieri. Prima di salire alla fortezza della Verruca andiamo a vedere le rovine del Monastero di San Michele detto “alla Verruca”. L'esistenza di una chiesa privata in questo luogo situato lungo le vie montane di collegamento tra le pianure pisana e lucchese, è già ricordata nei secoli IX – X.
Secondo la tradizione però fu sul finire dell'anno 1000 che il Marchese Ugo di Toscana, in seguito ad una visione mistica decise di far costruire sette chiese, tra le quali questa, che acquistò ben presto la struttura di un'abbazia. Intorno al monastero nel Medio Evo si instaurò un borgo, visibile fino alla fine dell'ottocento.
Con la guerra tra Pisa e Firenze del tardo XV secolo, il complesso venne abbandonato fino a divenire oggetto di scavi archeologici a partire dal 1996.
Torniamo al piazzale, davanti a noi vediamo la Verruca, prendiamo il sentiero che s'inerpica tra corbezzoli, nell'ultima parte occorre fare attenzione specialmente se il terreno è bagnato.
La Rocca della Verruca è una Fortezza medievale a pianta rettangolare con due grandi torrioni rotondi di cui rimangono imponenti ruderi.
Erano presenti anche due sotterranei, di cui uno probabilmente sboccava a Nicosia di Calci.
La struttura, forse sorta sopra edifici ancora più antichi (fine del VII secolo), sovrasta l'omonimo monte a circa 540 metri di quota, permettendo in passato il controllo dell'Arno e della pianura paludosa.
Intorno all'anno 1000 la rocca fu concessa ai monaci della Badia di S. Michele, che prese il nome di Badia della Verruca.
Dopo la visita della fortezza ritorniamo al piazzale e da qui seguiamo le indicazioni per Calci.
Il sentiero attraversa una zona dove il bosco è stato distrutto anni fa da un grosso incendio, per fortuna sono rinati tanti piccoli pini. Belle viste sulla Certosa di Calci, sul Monastero di Nicosia e sulla pianura pisana.
Come ristrutturare con cerchiatura in acciaio nei muri portanti
La cerchiatura metallica permette di realizzare porte e vani nella muratura portante e di irrigidimento durante le ristrutturazioni edilizie. L'ospite speciale Ing. Braian Ietto illustra le giuste modalità da applicare sul patrimonio edilizio esistente.
Nel video anche una comparazione tra cerchiature metalliche, in calcestruzzo armato e col cosiddetto betoncino.
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Lussemburgo - Il paese che non ti aspetti - Episodio 3, Stagione 2
In Viaggio Con Me, la web series del globetrotter Mark Perna ci porta in Lussemburgo. E' un paese piccolo ma sorprendentemente ricco di storia, di natura, di vitalità. Stupisce proprio perché non ci si aspetta di trovare così tante cose da vedere come la vivace città di Lussemburgo, arroccata nella sua storia medioevale ma anche aperta all'arte e all'intrattenimento con una popolazione internazionale e cosmopolita. Tantissimi sono i castelli disseminati nel territorio come quello di Vianden e Beaufort, ma si possono ammirare anche le accoglienti cittadine di Clervaux e Schengen. Il verde è ovunque con quasi il 40% del territorio coperto da foreste. Gli amanti della natura non devono perdere le colline lungo il fiume Mosella e il Mullerthal Trail. Tappa obbligata anche Belval. Questo episodio è stato realizzato con il supporto di LG. Riprese aeree by Parrot.
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COMUИITAS MOИTIS MAЯCIALIS
La riscoperta di un paese elbano perduto
Sulla vetta spianata del Monte di Santa Lucia ci siamo venuti molte volte: in gruppo nella notte dei Fuochi di San Giovanni, partecipando ad un rito primaverile pagano che la storia furba della Chiesa ha trasformato in atto di devozione, in più ristretta compagnia per il piacere di cogliere uno dei più affascinanti panorami che l'Elba riesca a proporre: Portoferraio ed il suo golfo a volo di uccello.
Ma in questa domenica sulla frequentata terrazza oltre due immancabili escursionisti stranieri ci abbiamo trovano tre visitatori non proprio Ferajesi l'Architetto Silvestre Ferruzzi (puginco cioè proveniente dalla frazione marcianese di Poggio) l'assessore campese Fausto Carpinacci e Gian Mario Gentini della Protezione Civile da San Piero.
Nell'occasione ci viene annunciata la soluzione di un enigna proposto dalle fonti storiche fino ad oggi note e relative all'Elba pisana, e all'assetto delle comunità che vi alloggiavano nel Medio Evo: la ubicazione di Montemarciale o Monte Marciale a cui facevano cenno i primi storici moderni riconosciuti, il Coresi del Bruno e successivamente il Ninci.
Collocate con certezza Laterana (le Trane) il Veltraio (o Volterraio) la riese Grassula o Grassera, Pedemonte, Marciana, Campo e Capoliveri le ipotesi su dove fosse Montemarciale (che una fonte documentale del 1345, una supplica, definiva come, in origine dotato di una cinta muraria ed abitato da dodici famiglie di cui ben 5 occupate nella manutenzione delle fortificazioni erano diverse, ma il paese scomparso lo si cercava nell'Elba centro-occidentale storici anche valenti pensavano di averne fiutato l'esistenza a Spartaia, Colle Pecorino o ancora sul Massiccio del Capanne.
Sollevò scetticismo la soluzione proposta da Santino Valli, calzolaio di professione ed appassionato cultore di antichità per diletto, che una decina di anni fa disse la sua: Montemarciale altri non era che la collina di Santa Lucia: la zona palustre che lo circondava (e che era origine della cattiva aria di cui alla supplica del 1345) erano i piani non bonificati delle Foci e di San Giovanni.
E invece il Valli aveva ragione e la riprova era da parecchio alla portata di chi avesse, come ha fatto Silvestre Ferruzzi guardato con un po' più attenzione alle fonti archivistiche senza prendere per buono quanto su Santa Lucia (e sull'etimo di Luceri) dichiarato dagli storici riconosciuti: giaceva pressso l'archivio arcivescovile pisano ed era un documento relativo al tributo annuo in falconi da caccia dovuti dalle comunità isolane alla madre patria pisana, una carta del 1260 perfettamente conservata e leggibile nella quale si individuava tra i tributari Anzellottus de Ferraria de Montemarsiale de Ylba, Montemarciale si affacciava allora come oggi su Portoferraio.
Le osservazioni sul campo del gruppo del Ferruzzi, sui resti della cinta muraria e della torretta i cui ruderi si alzano ancora presso uno dei due edifici (la Chiesa e il Romitorio) ancora presenti sulla spianata, la stessa visione aerea della sommità di Santa Lucia con le tracce di una fortificazione imponente coeva e dirimpettaia del castello del Volterraio completano il quadro: l'uovo di Colombo proposto dal calzolaio aveva ragione di stare in piedi.
da Elbareport Sergio Rossi
Biały Wilk: Historia komputerowego Wiedźmina | Film dokumentalny
W dziesiątą rocznicę premiery pierwszego komputerowego Wiedźmina prezentujemy nasze skromne podsumowanie długiej drogi, jaką przejść musiał Geralt z kart książki na monitory graczy. Dziś The Witcher to jedna z najbardziej rozpoznawalnych marek na świecie, jednak wówczas nikt nie spodziewał się, że będzie ona miała tak wielki wpływ na rynek gier wideo w Polsce i na świecie.
Biały Wilk: Historia komputerowego Wiedźmina to największy projekt w historii serwisu arhn.eu. Prace nad filmem trwały niemal rok. Możliwość jego realizacji zawdzięczamy naszym Patronom, których wsparcie w serwisie Patronite umożliwiło częściowe sfinansowanie projektu. Pozostały koszt pokryliśmy z własnych, prywatnych środków. To dzięki fanom, gdzie inne serwisy kazałyby sobie za ten przywilej płacić, nasz film dokumentalny dostępny jest dla każdego za darmo. Dziękujemy!
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ALBERTO BAGNAI - CE LO CHIEDE L'EUROPA
CONTENUTI DI SPESSORE E INTEGRALI, PERCHE' CHI NON HA TEMPO, NON HA NEPPURE SPERANZA... [Byoblu] Prendetevi tutto il week-end, se necessario, per guardare l'intervista che avete voluto e reso possibile voi, con il vostro desiderio di conoscenza e il vostro contributo. Grazie! E diffondete...
Tiriolo (Catanzaro): escursione tra due mari - Club Alpino Catanzaro
19 ottobre 2014 - Ancora una gradevolissima domenica trascorsa alla scoperta della natura, della storia e della tradizione di un antichissimo borgo calabrese, Tiriolo, collocato su un’affascinante posizione tra il Mar Ionio e il Mar Tirreno. Dopo esserci ritrovati alle 9.15 nella centrale Piazza Italia del paese, ci siamo diretti verso il Monte Tiriolo (838 m s.l.m.). Come spesso si dice in queste occasioni: “La fatica della salita è stata ripagata dallo splendido panorama schiusoci sulla cima”. Ebbene, questa volta tale affermazione ha un valore ancora più profondo, perché ci siamo trovati davanti a una veduta unica: i due mari, nella loro incantevole bellezza, separati solo da una stretta lingua di terra. A completare il suggestivo scenario la visione delle due valli dei fiumi Corace e Amato tra le quali si erge il monte. È stato facile allora comprendere il perché fu collocata qui la mitica Terra dei Feaci, dove finalmente il naufrago Ulisse trovò ospitalità prima di raggiungere la sua ambita Itaca e soprattutto è stato facile comprendere le parole della nostra guida che ha più volte riferito: “Tiriolo in passato era un vivace centro economico in virtù della sua posizione strategica”.
Il cammino è proceduto lungo la cresta del monte, fino a raggiungere un osservatorio astronomico non più (e visti i progetti di ripristino “non ancora”) in funzione, l’ingresso della grotta del re Niliu che leggenda vuole arrivi fino al mare e i resti di una chiesa medievale orientata, lasciandoci finalmente alle spalle delle inquietanti installazioni radiotelevisive che svettano sulla cima del monte.
Nel pomeriggio (instancabili soci Cai!) abbiamo visitato il centro storico di Tiriolo accompagnati da una guida che ci ha condotto, tra vicoli e scalinate, alla scoperta dei palazzi storici, delle chiese e dei ruderi del castello aragonese. È stata un’interessante occasione per scoprire illustri personaggi del passato, ammirare i settecenteschi balconi in ferro battuto e congetturare sulla funzione delle maschere apotropaiche (necessarie per allontanare le forze del male) presenti sulle pareti esterne di molte case. Accanto all’ammirazione per la bellezza dell’architettura, si è affiancata l’amara riflessione sulla trascuratezza in cui versano alcuni di questi beni e sull’enorme potenziale turistico che il paese avrebbe. Tuttavia la successiva visita a una bottega di artigianato locale, al Museo del Costume Tradizionale e all’Antiquarium ci ha fatto percepire un forte orgoglio per l’importante storia e per la ricchissima tradizionale locale. Particolarmente emozionante è stata la visita al suddetto Museo del Costume Popolare, perché negli occhi di ognuno di noi si è accesa visibilmente la memoria di ricordi d’infanzia, ricollegabili anche solo a qualche singolo elemento di tali vesti. Di queste, a Tiriolo, si continua a realizzare il caratteristico “vancale”, scialle artigianale in seta o lana, oggi venduto a turisti e non solo attratti dalle splendide lavorazioni.
Abbiamo accolto con piacere la notizia che a breve inizierà, nel paese, una campagna di scavi archeologici per ridare luce ai reperti antichi, così come la notizia della possibilità di scaricare un’applicazione sul cellulare che spiega la storia degli elementi più significativi del borgo.
Nel tardo pomeriggio, stanchissimi, ma tanto arricchiti da una giornata piena di scoperte, abbiamo raggiunto le auto per il rientro, abbracciando prima con lo sguardo i due mari che abbelliscono Piazza Italia più di qualsiasi opera d’arte e salutando questo paese che lotta tra modernità e valorizzazione del passato.
Articolo del socio Cai: Gabriella Catroppa
Soci accompagnatori: Teresa Garcea e Rosmarì Ciampa
Si ringrazia per la collaborazione: Raffaele Grimaldi, Ivana Bevacqua e l’amministrazione del comune di Tiriolo
Foto, video e montaggio del socio Marco Garcea
7 SECRETOS DE MONUMENTOS FAMOSOS
En el vídeo de hoy de Seven - Historias para gente interesante, tenemos un nuevo ranking. 7 secretos de monumentos famosos.
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