Affreschi del XII sec Nel Santuario della Madonna di Ceri, Lazio (manortiz)
I dipinti del Santuario della Madonna di Ceri sono un altro valido motivo per il decentramento del turismo sulla provincia di Roma e, se ce ne fosse bisogno, sono un motivo in più, oltre gli Etruschi, cotanti Etruschi, per visitare Cerveteri e il suo territorio. La presentazione,
parte del ciclo Oltre Roma nel Lazio. Guida al patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico del Lazio, si è tenuta presso la Sala della Crociera, distaccamento della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’arte al Collegio Romano, sede del Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo. Il tema è ghiotto e complesso, ma se lo considerate una chicca da studiosi, anche se il Santuario è
richiestissimo per i matrimoni, pensate alla possibilità di ampliamento del menù culturale con l’esplorazione delle delizie culinarie ed enologiche della zona. I dipinti sono stati scoperti accidentalmente negli anni ’70-‘80 del secolo scorso, grazie ad un varco creatosi nei conci che, nel ‘500, erano stati messi a copertura delle scene pittoriche, durante il rimodernamento della chiesa. Le parti cinquecentesche della stessa, compreso il ciborio, che era fissato sulla parete
dei dipinti e il pavimento cosmatesco, sono ancora in restauro. Restauro annoso e faticoso, non solo per la complessità tecnica, ma soprattutto per i fondi, centellinati in lotti di 35.000/40.000 euro. Partecipazione “esterna” al finanziamento dei restauri è quella della Diocesi, riguardante i vetri, che saranno posti, a protezione dei dipinti, nella parte bassa della parete, danneggiati dall’uso.
Alla fine dei lavorila pubblicazione monografica renderà conto delle scoperte frutto di studi e restauri. Finora i dipinti, importante capitolo nella storia della pittura medievale, erano stati oggetto unicamente della pubblicazione della tesi di dottorato di Nino Zchomelidse, Santa Maria Immacolata in Ceri. Pittura sacra al tempo della riforma gregoriana, Archivio Izzi editore, 1996. Complessa e delicata è stata l’operazione di rimozione dei grossi conci che ricoprivano la parete. Fortunatamente, come spiegato dal restauratore, Rossano Pizzinelli, il ritiro della malta è stato molto consistente, così da contribuire a scongiurare il pericolo di distacco della pellicola pittorica, insieme ai conci. I dipinti, non si può parlare di affreschi, perché realizzati, in gran parte, sull’intonaco ormai asciutto, sono stati stesi su intonachino non spesso e su affreschi preesistenti. La preparazione è omogenea e costituita da nero vegetale. Per quanto riguarda i pigmenti è stato riscontrato l’impiego del prezioso blu lapislazzuli nello sfondo e del bianco San Giovanni.
Le scene riportano episodi veterotestamentari tratti dalla Genesi e dall’Esodo, come ha illustrato la dott.ssa Patrizia Ferretti della Soprintendenza, e sono disposte su più registri con la tecnica a pontate, cioè in base all’altezza del ponteggio, che viene modificata in funzione del lavoro. Il modo di rappresentare determinate figure e concetti fa pensare agli studiosi di essere di fronte ad un ciclo nato in ottemperanza della Riforma Gregoriana della Chiesa (Gregorio VII) e ipotizzare una datazione intorno all’XI-XII sec. Comunque datazione e committenza rimangono dubbie. I dipinti stimolano il prosieguo degli studi per il loro legame con i lacerti di affresco della basilica di San Clemente a Roma, come ha esposto la dott.ssa Cristiana Filippini, ma anche con quella di San Paolo fuori le mura (pre incendio 1823) e la San Pietro costantiniana, le cui decorazioni sopravvivono nei disegni documentari, eseguiti prima della distruzione dal 1506. Ma notevole è anche l’influenza delle Bibbie atlantiche e l’approfondimento degli studi va anche verso il legame con la miniatura. Altro oggetto di studio è la diffusione-esportazione di motivi tra città e territorio. Le scene della parte bassa riportano una la Chimera, richiamo alla cultura etrusca della zona; un’altra, di estrazione più popolare, è di cucina, con tanto di salsicce. Anche le frasi che accompagnano le immagini sono spunto di ipotesi, destinate ad un pubblico elitario e colto, come affermato nell’intervento del dott. Stefano Riccioni. Il ciclo dello strato sottostante risale di poco indietro nel tempo, circa un’ottantina d’anni, era probabilmente di marca imperiale, per questo sostituito con uno consono alla Riforma Gregoriana, che voleva riaffermare il potere della Chiesa.
Dipinti del XI XII sec. del Santuario della Madonna di Ceri (Lazio) (manortiz)
I dipinti del Santuario della Madonna di Ceri sono un altro valido motivo per il decentramento del turismo sulla provincia di Roma e, se ce ne fosse bisogno, sono un motivo in più, oltre gli Etruschi, cotanti Etruschi, per visitare Cerveteri e il suo territorio. La presentazione,
parte del ciclo Oltre Roma nel Lazio. Guida al patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico del Lazio, si è tenuta presso la Sala della Crociera, distaccamento della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’arte al Collegio Romano, sede del Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo. Il tema è ghiotto e complesso, ma se lo considerate una chicca da studiosi, anche se il Santuario è
richiestissimo per i matrimoni, pensate alla possibilità di ampliamento del menù culturale con l’esplorazione delle delizie culinarie ed enologiche della zona. I dipinti sono stati scoperti accidentalmente negli anni ’70-‘80 del secolo scorso, grazie ad un varco creatosi nei conci che, nel ‘500, erano stati messi a copertura delle scene pittoriche, durante il rimodernamento della chiesa. Le parti cinquecentesche della stessa, compreso il ciborio, che era fissato sulla parete
dei dipinti e il pavimento cosmatesco, sono ancora in restauro. Restauro annoso e faticoso, non solo per la complessità tecnica, ma soprattutto per i fondi, centellinati in lotti di 35.000/40.000 euro. Partecipazione “esterna” al finanziamento dei restauri è quella della Diocesi, riguardante i vetri, che saranno posti, a protezione dei dipinti, nella parte bassa della parete, danneggiati dall’uso.
Alla fine dei lavorila pubblicazione monografica renderà conto delle scoperte frutto di studi e restauri. Finora i dipinti, importante capitolo nella storia della pittura medievale, erano stati oggetto unicamente della pubblicazione della tesi di dottorato di Nino Zchomelidse, Santa Maria Immacolata in Ceri. Pittura sacra al tempo della riforma gregoriana, Archivio Izzi editore, 1996. Complessa e delicata è stata l’operazione di rimozione dei grossi conci che ricoprivano la parete. Fortunatamente, come spiegato dal restauratore, Rossano Pizzinelli, il ritiro della malta è stato molto consistente, così da contribuire a scongiurare il pericolo di distacco della pellicola pittorica, insieme ai conci. I dipinti, non si può parlare di affreschi, perché realizzati, in gran parte, sull’intonaco ormai asciutto, sono stati stesi su intonachino non spesso e su affreschi preesistenti. La preparazione è omogenea e costituita da nero vegetale. Per quanto riguarda i pigmenti è stato riscontrato l’impiego del prezioso blu lapislazzuli nello sfondo e del bianco San Giovanni.
Le scene riportano episodi veterotestamentari tratti dalla Genesi e dall’Esodo, come ha illustrato la dott.ssa Patrizia Ferretti della Soprintendenza, e sono disposte su più registri con la tecnica a pontate, cioè in base all’altezza del ponteggio, che viene modificata in funzione del lavoro. Il modo di rappresentare determinate figure e concetti fa pensare agli studiosi di essere di fronte ad un ciclo nato in ottemperanza della Riforma Gregoriana della Chiesa (Gregorio VII) e ipotizzare una datazione intorno all’XI-XII sec. Comunque datazione e committenza rimangono dubbie. I dipinti stimolano il prosieguo degli studi per il loro legame con i lacerti di affresco della basilica di San Clemente a Roma, come ha esposto la dott.ssa Cristiana Filippini, ma anche con quella di San Paolo fuori le mura (pre incendio 1823) e la San Pietro costantiniana, le cui decorazioni sopravvivono nei disegni documentari, eseguiti prima della distruzione dal 1506. Ma notevole è anche l’influenza delle Bibbie atlantiche e l’approfondimento degli studi va anche verso il legame con la miniatura. Altro oggetto di studio è la diffusione-esportazione di motivi tra città e territorio. Le scene della parte bassa riportano una la Chimera, richiamo alla cultura etrusca della zona; un’altra, di estrazione più popolare, è di cucina, con tanto di salsicce. Anche le frasi che accompagnano le immagini sono spunto di ipotesi, destinate ad un pubblico elitario e colto, come affermato nell’intervento del dott. Stefano Riccioni. Il ciclo dello strato sottostante risale di poco indietro nel tempo, circa un’ottantina d’anni, era probabilmente di marca imperiale, per questo sostituito con uno consono alla Riforma Gregoriana, che voleva riaffermare il potere della Chiesa.
I dipinti ritrovati del Santuario della Madonna di Ceri (Cerveteri) (manortiz)
CERI
Le suggestioni dell'antico Borgo di Ceri Passeggiata nel Borgo di Ceri per scoprire i suoi angoli suggestivi e la storia della Rocca,con la visita della Santuario di Santa Maria, che conserva un ciclo di preziosi affreschi di Palazzo Torlonia, sito normalmente chiuso al pubblico, abitato da celebri famiglie nobiliariedi alcuni giardini privati dai quali godere dell'esclusivo panorama di un paesaggio
incontaminato.
Creazione, Adamo ed Eva, Caino ed Abele negli affreschi del Santuario di Ceri (manortiz)
I dipinti del Santuario della Madonna di Ceri sono un altro valido motivo per il decentramento del turismo sulla provincia di Roma e, se ce ne fosse bisogno, sono un motivo in più, oltre gli Etruschi, cotanti Etruschi, per visitare Cerveteri e il suo territorio. La presentazione,
parte del ciclo Oltre Roma nel Lazio. Guida al patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico del Lazio, si è tenuta presso la Sala della Crociera, distaccamento della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’arte al Collegio Romano, sede del Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo. Il tema è ghiotto e complesso, ma se lo considerate una chicca da studiosi, anche se il Santuario è richiestissimo per i matrimoni, pensate alla possibilità di ampliamento del menù culturale con l’esplorazione delle delizie culinarie ed enologiche della zona. I dipinti sono stati scoperti accidentalmente negli anni ’70-‘80 del secolo scorso, grazie ad un varco creatosi nei conci che, nel ‘500, erano stati messi a copertura delle scene pittoriche, durante il rimodernamento della chiesa. Le parti cinquecentesche della stessa, compreso il ciborio, che era fissato sulla parete dei dipinti e il pavimento cosmatesco, sono ancora in restauro. Restauro annoso e faticoso, non solo per la complessità tecnica, ma soprattutto per i fondi, centellinati in lotti di 35.000/40.000 euro. Partecipazione “esterna” al finanziamento dei restauri è quella della Diocesi, riguardante i vetri, che saranno posti, a protezione dei dipinti, nella parte bassa della parete, danneggiati dall’uso.
Alla fine dei lavorila pubblicazione monografica renderà conto delle scoperte frutto di studi e restauri. Finora i dipinti, importante capitolo nella storia della pittura medievale, erano stati oggetto unicamente della pubblicazione della tesi di dottorato di Nino Zchomelidse, Santa Maria Immacolata in Ceri. Pittura sacra al tempo della riforma gregoriana, Archivio Izzi editore, 1996. Complessa e delicata è stata l’operazione di rimozione dei grossi conci che ricoprivano la parete. Fortunatamente, come spiegato dal restauratore, Rossano Pizzinelli, il ritiro della malta è stato molto consistente, così da contribuire a scongiurare il pericolo di distacco della pellicola pittorica, insieme ai conci. I dipinti, non si può parlare di affreschi, perché realizzati, in gran parte, sull’intonaco ormai asciutto, sono stati stesi su intonachino non spesso e su affreschi preesistenti. La preparazione è omogenea e costituita da nero vegetale. Per quanto riguarda i pigmenti è stato riscontrato l’impiego del prezioso blu lapislazzuli nello sfondo e del bianco San Giovanni.
Le scene riportano episodi veterotestamentari tratti dalla Genesi e dall’Esodo, come ha illustrato la dott.ssa Patrizia Ferretti della Soprintendenza, e sono disposte su più registri con la tecnica a pontate, cioè in base all’altezza del ponteggio, che viene modificata in funzione del lavoro. Il modo di rappresentare determinate figure e concetti fa pensare agli studiosi di essere di fronte ad un ciclo nato in ottemperanza della Riforma Gregoriana della Chiesa (Gregorio VII) e ipotizzare una datazione intorno all’XI-XII sec. Comunque datazione e committenza rimangono dubbie. I dipinti stimolano il prosieguo degli studi per il loro legame con i lacerti di affresco della basilica di San Clemente a Roma, come ha esposto la dott.ssa Cristiana Filippini, ma anche con quella di San Paolo fuori le mura (pre incendio 1823) e la San Pietro costantiniana, le cui decorazioni sopravvivono nei disegni documentari, eseguiti prima della distruzione dal 1506. Ma notevole è anche l’influenza delle Bibbie atlantiche e l’approfondimento degli studi va anche verso il legame con la miniatura. Altro oggetto di studio è la diffusione-esportazione di motivi tra città e territorio. Le scene della parte bassa riportano una la Chimera, richiamo alla cultura etrusca della zona; un’altra, di estrazione più popolare, è di cucina, con tanto di salsicce. Anche le frasi che accompagnano le immagini sono spunto di ipotesi, destinate ad un pubblico elitario e colto, come affermato nell’intervento del dott. Stefano Riccioni. Il ciclo dello strato sottostante risale di poco indietro nel tempo, circa un’ottantina d’anni, era probabilmente di marca imperiale, per questo sostituito con uno consono alla Riforma Gregoriana, che voleva riaffermare il potere della Chiesa.
Ceri nel Lazio, un Borgo medievale sul Tufo (manortiz)
CERI, frazione del comune di Cerveteri in provincia di Roma, già dimora etrusca, sorge su una caratteristica rupe tufacea che anticamente presentava difficoltà di accesso. Passò dagli Etruschi ai Romani e successivamente ai Barbari. La prima notizia diretta riguardante Ceri si ha in una Bolla di Papa Gragorio IX del 1236, per l'investitura di Romano Bonaventura a Vescovo della Diocesi suburbicaria di Porto. Nel 1503, dopo essere stata dei Normanni e vassalla di Cola da Rienzo, poi feudo degli Alberteschi, dei Conti di Anguillara e degli Orsini, dovette subire un assedio di trentasei giorni da parte del Duca Valentino (Cesare Borgia). Passata prima ai duchi di Cesi, poi ai Borromeo, fu acquistata, nel 1721, dagli Odescalchi. Nel 1833, Ceri fu comprata dal Principe Alessandro Torlonia e conobbe un periodo di rinascita, divenendo nel 1863 un esclusivo Borgo padronale degli stessi Torlonia che lasciarono dopo la II guerra mondiale.
Nel piccolo borgo si trova il Santuario della Madonna di Ceri (Nostra Signora di Ceri Madre di Misericordia), dove all'interno antiche pitture del 1100 ricoprono la parete destra della navata centrale. Storie della Genesi nel primo registro; nel secondo, storie di Giacobbe, Giuseppe e Mosè; S. Giorgio, altri Santi, la Crocifissione di S. Andrea e S. Silvestro in quello inferiore. Nel Santuario sono conservate le reliquie di S. Felice Papa II da molto protettore del borgo. Oggi il santuario è meta di numerosi pellegrini, gite scolastiche e di gruppi dal notevole interesse culturale.
Sulla rupe domina il Palazzo Torlonia, con i suoi magnifici saloni ricchi di affreschi. Oggi il Palazzo Torlonia viene utilizzato per congressi, convegni e matrimoni; è circondato da un giardino incantato con rare specie botaniche.
La Chiesa e il Palazzo sono contornati da vicoli e case da poco restaurate che fanno si che innumerevoli turisti vengano a visitare il piccolo borgo medievale.
Nelle campagne circostanti sono stati ritrovati reperti etruschi, tumuli e
d altro. Nel fitto bosco che circonda le mura del paese si trovano la chiesetta di S. Felice Papa II, (teatro del leggendario miracolo dei buoi che si rifiutarono di trasportare le sue reliquie a Roma dopo il suo martirio), una mola ed un vecchio fontanile.
il borgo di ceri
Ceri è un pittoresco borgo medievale cinto da mura merlate costruito su uno spuntone di roccia.
Sullo spuntone di tufo il Palazzo dei Torlonia in rovina, la Piazzetta, a cui si arriva per una strada scavata nel tufo. Osteria, alimentari, macelleria. Chiesa restaurata. Statua della Madonna in ghisa nella piazza.
LO SCAMBIO DEI CERI MADONNE MASSARI E POPOLO
Santuario della Madonna del Sangue di Re (Valle Vigezzo Piemonte) (2/2) esterni - videomix
Il Miracolo del Sangue.
Erano le ore 23 del 29 aprile del 1494. In quel tempo la giornata era divisa in 24 ore, dal tramonto al tramonto, finiva ed iniziava l'imbrunire. Era un martedì.
Ciò che accadde non può ritenersi una leggenda, poiché e ben documentato in due pergamene autentiche di quell'epoca, firmate dai podestà della Valle, Daniele Crespi e Angelo Romano, e controfirmata, la prima, da quattro notai, i cui nomi figurano negli archivi comunali di alcuni paesi vigezzini.
Un'ora prima del tramonto un certo Giovanni Zucono (soprannominato poi Zuccone) assieme con l'amico Comolo giocava alla piodella sulla piazzetta antistante la chiesa del paese, dedicata a S. Maurizio.
immagine ingrandita Giocatori di 'piodella' sulla piazzetta antistante la chiesa di S. Maurizio (apre in nuova finestra) Il gioco consisteva nel porre sopra un bussolotto di legno o di sasso (il mago) una moneta per ciascun giocatore.
Viceversa chi colpendo il mago con la piodella (una scheggia di sasso rotondeggiante) riusciva a spargere le monete intorno facendo sue quelle più vicine alla piodella.
Lo Zuccone, già noto per il suo carattere furioso, quella sera era perdente, non sappiamo quanto denaro, ma a sufficienza per scatenare in lui la collera e l'irrazionalità che si nasconde in ognuno di noi quando ci sentiamo perseguitati dalla sfortuna.
E lo Zuccone se la prende con la tranquilla immagine della Madonna che è li a pochi passi sotto il porticato della chiesa, dipinta sulla facciata, a destra della porta di entrata e che sembra non occuparsi delle disavventure dello Zuccone.
immagine ingrandita Lo Zuccone viene rimproverato dall'amico Comolo (apre in nuova finestra) Accecato dall'ira scaglia la piodella contro l'immagine e la colpisce in fronte. Poltron, lo rimprovera il compagno Comolo, hai tratto alla Vergine Maria!. Lo Zuccone rientra in se stesso e preso da rimorso, si inginocchia davanti alla Madonna e chiede perdono.
Poi, colti tutti due da una sensazione di paura; fuggono, Prima ancora dei segni prodigiosi che stanno per manifestarsi sulla sua immagine colpita in modo sacrilego, la Madonna ha già compiuto il primo miracolo nel cuore del suo aggressore.
Nella notte, verso le 11, prima Giovanni di Minola di Re e poi Antonio Ardicio di Craveggia, passando davanti alla chiesa, notano un chiarore insolito sotto il porticato come se vi fosse una candela accesa.
immagine ingrandita Lo Zuccone accecato dall'ira scaglia la 'piodella' contro la Madonna (apre in nuova finestra) Anch'essi, presi da paura, si allontanano in fretta.
Prima dell'alba il sagrestano Stefano di Gisla, mentre si accinge ad aprire la chiesa per il suono dell'Ave Maria, trova inginocchiata davanti all'immagine una donna vestita di bianco; crede di riconoscere una sua vicina di casa e la saluta senza ricevere risposta; ma non si accorge di cosa stà avvenendo sull'affresco.
Esce quasi subito dalla chiesa e non trova più la donna. Sarà un vecchietto di nome Bartolomeo a scoprire per primo l'avvenimento prodigioso.
Nel gesto devoto di toccare l'immagine della Madonna e di baciarsi la mano, s'accorge con stupore che è bagnata di sangue.
immagine ingrandita Bartolomeo s'accorge con stupore che è bagnata di sangue (apre in nuova finestra) Guarda la Madonna e vede che dalla ferita della testa esce un rigagnolo di sangue.
Corre a chiamare il rettore della chiesa don Giacomo.
Suonano le campane a distesa e la notizia si propaga di casa in casa, di paese in paese.
La gente accorre e si accalca sotto il portico della chiesa con gli occhi fissi sull'immagine insanguinata implorando ad alta voce: Misericordia, misericordia. Pareva che la terra tremasse.
Per tutto il giorno e la notte successiva molte persone rimangono sul luogo del miracolo a pregare con ceri accesi in mano.
immagine ingrandita Molte persone rimangono sul luogo del miracolo a pregare con ceri accesi (apre in nuova finestra) Dopo la mezzanotte il fiotto di sangue cresce e gocciola fino a terra emanando un profumo soave impossibile a descriversi. Sul pavimento si tampona il sangue con pannolini bianchi che poi il parroco raccoglie in una tovaglia e ripone in un calice.
L'effusione di sangue dura una ventina di giorni fino al 18 maggio in modo intermittente e sempre meno abbondante come da una ferita che a poco a poco si rimargina. Ad ogni emissione di sangue, si annuncia l'evento con il suono delle campane; al richiamo, il popolo accorre di giorno e di notte.
CERI borgo e castello
Il suggestivo borgo di Ceri ed il suo castello con giardino pensile all'italiana
Processione dei Ceri Rieti Blow Up
Un documentario in presa diretta della Processione dei Ceri. Evento religioso che si tiene a Rieti ogni anno a giugno e che richiama migliaia di pellegrini da ogni parte d'Italia.
Video realizzato integralmente da Enrico Meloccaro
blowupfotovideo.com
347 2736840
Dipinti del XII XII sec, Madonna di Ceri, dalla Creazione a Caino ed Abele (manortiz)
God creates the World - God creates the first humans Adam and Eve -
Adam and Eve, the first humans, make cataclysmic choices and get booted from the Garden of Eden.
Their son Cain kills their other son Abel.
090612 La tradizione dei ceri del Santo
Padova - Le bancarelle all'esterno della Basilica del Santo hanno una storia molto lunga e un sistema di funzionamento e rotazione che non tutti conoscono. In periodo di crisi, però, anche le offerte per i ceri calano. (Mirco Cavallin)
Santuario della Madonna del Sangue di Re (Valle Vigezzo Piemonte) (1/2) interni - videomix
Il Miracolo del Sangue.
Erano le ore 23 del 29 aprile del 1494. In quel tempo la giornata era divisa in 24 ore, dal tramonto al tramonto, finiva ed iniziava l'imbrunire. Era un martedì.
Ciò che accadde non può ritenersi una leggenda, poiché e ben documentato in due pergamene autentiche di quell'epoca, firmate dai podestà della Valle, Daniele Crespi e Angelo Romano, e controfirmata, la prima, da quattro notai, i cui nomi figurano negli archivi comunali di alcuni paesi vigezzini.
Un'ora prima del tramonto un certo Giovanni Zucono (soprannominato poi Zuccone) assieme con l'amico Comolo giocava alla piodella sulla piazzetta antistante la chiesa del paese, dedicata a S. Maurizio.
Il gioco consisteva nel porre sopra un bussolotto di legno o di sasso (il mago) una moneta per ciascun giocatore.
Viceversa chi colpendo il mago con la piodella (una scheggia di sasso rotondeggiante) riusciva a spargere le monete intorno facendo sue quelle più vicine alla piodella.
Lo Zuccone, già noto per il suo carattere furioso, quella sera era perdente, non sappiamo quanto denaro, ma a sufficienza per scatenare in lui la collera e l'irrazionalità che si nasconde in ognuno di noi quando ci sentiamo perseguitati dalla sfortuna.
E lo Zuccone se la prende con la tranquilla immagine della Madonna che è li a pochi passi sotto il porticato della chiesa, dipinta sulla facciata, a destra della porta di entrata e che sembra non occuparsi delle disavventure dello Zuccone.
Lo Zuccone viene rimproverato dall'amico Comolo. Accecato dall'ira scaglia la piodella contro l'immagine e la colpisce in fronte. Poltron, lo rimprovera il compagno Comolo, hai tratto alla Vergine Maria!. Lo Zuccone rientra in se stesso e preso da rimorso, si inginocchia davanti alla Madonna e chiede perdono.
Poi, colti tutti due da una sensazione di paura; fuggono. Prima ancora dei segni prodigiosi che stanno per manifestarsi sulla sua immagine colpita in modo sacrilego, la Madonna ha già compiuto il primo miracolo nel cuore del suo aggressore.
Nella notte, verso le 11, prima Giovanni di Minola di Re e poi Antonio Ardicio di Craveggia, passando davanti alla chiesa, notano un chiarore insolito sotto il porticato come se vi fosse una candela accesa.
Prima dell'alba il sagrestano Stefano di Gisla, mentre si accinge ad aprire la chiesa per il suono dell'Ave Maria, trova inginocchiata davanti all'immagine una donna vestita di bianco; crede di riconoscere una sua vicina di casa e la saluta senza ricevere risposta; ma non si accorge di cosa sta avvenendo sull'affresco.
Esce quasi subito dalla chiesa e non trova più la donna. Sarà un vecchietto di nome Bartolomeo a scoprire per primo l'avvenimento prodigioso.
Nel gesto devoto di toccare l'immagine della Madonna e di baciarsi la mano, s'accorge con stupore che è bagnata di sangue.
immagine ingrandita Bartolomeo s'accorge con stupore che è bagnata di sangue. Guarda la Madonna e vede che dalla ferita della testa esce un rigagnolo di sangue.
Corre a chiamare il rettore della chiesa don Giacomo.
Suonano le campane a distesa e la notizia si propaga di casa in casa, di paese in paese.
La gente accorre e si accalca sotto il portico della chiesa con gli occhi fissi sull'immagine insanguinata implorando ad alta voce: Misericordia, misericordia. Pareva che la terra tremasse.
Per tutto il giorno e la notte successiva molte persone rimangono sul luogo del miracolo a pregare con ceri accesi in mano.
Molte persone rimangono sul luogo del miracolo a pregare con ceri accesi. Dopo la mezzanotte il fiotto di sangue cresce e gocciola fino a terra emanando un profumo soave impossibile a descriversi. Sul pavimento si tampona il sangue con pannolini bianchi che poi il parroco raccoglie in una tovaglia e ripone in un calice.
L'effusione di sangue dura una ventina di giorni fino al 18 maggio in modo intermittente e sempre meno abbondante come da una ferita che a poco a poco si rimargina. Ad ogni emissione di sangue, si annuncia l'evento con il suono delle campane; al richiamo, il popolo accorre di giorno e di notte.
I laici e il Santuario della Madonna del Soccorso di Cori
I laici e il Santuario della Madonna del Soccorso di Cori
Servizio di Enrico Selleri
A Livorno pellegrinaggio alla Madonna di Montenero
Giornale Luce A0662 del 09/1930
Descrizione sequenze:La cremagliera che sale sul colle di Montenero dove sorge il Santuario dedicato alla Madonna ; il sagrato gremito di fedeli ; la vendita dei ceri votivi ; i pellegrini all' interno del Santuario ; si celebra la funzione religiosa ; sul grande piazzale esterno tra la folla spiccano le figure delle crocerossine che accompagnano i malati ; il vescovo con la mitra e il bastone pastorale sale la scalea in cima alla quale è stato edificato l' altare ; sulla torre suonano le campane ; dall'altare il vescovo impartisce la benedizione ; la moltitudine dei pellegrini inginocchiati ;
Archivio Storico Luce .
Istituto Luce Cinecittà: tutte le immagini e i fotogrammi più belli di come eravamo, rivissuti attraverso i film, i documentari e i video che hanno fatto la storia del nostro Paese.
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Sant'Angelo Licata uscita dei Ceri 5 Maggio 2017 Ntorcie
Uscita dei ceri ntorcie dalla Chiesa Sant'Angelo del Santo Patrono di Licata
Santuario Madonna della Cella - Borgo D'Ale (VC)
Chiesa di S. Maria di Meoglio: centro di un antico insediamento abitativo. Le prime notizie della sua esistenza risalgono al 1193, più volte caduta in rovina venne rifatta nel 1848. Oggi è conosciuta come SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA CELLA, posto in mezzo ai boschi con vasto piazzale intorno.
Le origini del paese risalgono al x||| secolo, lo stemma è formato da una Torre con Quattro Ali, simbolo del borgo fortificato e dei quattro villaggi che nel 1270 diedero vita al nuovo borgo.
Le fonti documentarie attestano la presenza della Cella di Meoglio tra i possedimenti del Monastero di Lucedio . Secondo la tradizione nel 1001 San Bononio vi operò un miracolo. Presso i suoi resti si trova la chiesa-santuario della MADONNA della CELLA.
Virtual tour di Cerveteri - Città di Ceri