Questua cerimoniale delle uova o Canto all'uovo - Martina Franca
Il canto all’uovo (Cande all’ove) è una tradizione che si perpetua ancora oggi, nella notte che precede la Pasqua, e la cui origine si perde nella memoria dei nostri antenati. Rappresenta, come tutte le feste di matrice rurale, un momento di allegria e condivisione, di rottura con il quotidiano, di passaggio stagionale, ma soprattutto testimonia e conferma l’appartenenza ad una comunità specifica. In Valle d’Itria è un’usanza praticata e ancora sentita, in particolar modo nell’agro di Cisternino, Locorotondo e Martina Franca, dove gruppi spontanei o associazioni ripetono la tradizione ogni anno.
IL CANTO
Secondo l’usanza, la notte del Sabato Santo (U Sabt Sant), quando le campane dopo la mezzanotte hanno annunciato la Resurrezione di Cristo, numerose compagnie, chiamate “squadre” si avviano nell’agro per il Cande all’ove. Tradizionalmente queste squadre di suonatori erano composte da un cantore e uno o più musicisti, tutti maschi, che si spostavano a piedi o su carri trainati da buoi. Gli strumenti musicali potevano variare in numero e tipologia ma il nucleo minimo che accompagnava il canto era composto da organetto, chitarra e tamburelli, ai quali si potevano aggiungere fisarmoniche, chitarra battente, cupa cupa (tamburo a frizione), triccheballacche (martelli ritmici lignei intelaiati con sonagli) e nacchere.
Queste squadre di cantori si muovono nel territorio rurale, di casa in casa, rimanendo sul limitare delle aie e intonando il celebre canto dialettale “U Sabt Sant” davanti alle abitazioni, in attesa che i padroni di casa si sveglino e donino loro le uova e altre provviste. Si canta fino a quando i padroni di casa non si affacciano, specialmente se è notte fonda o l’alba. Per questo il più delle volte grandi e piccini, stupiti e assonnati aprono le porte in pigiama, per offrire ospitalità e generi alimentari, per lo più appunto le uova, nelle ceste capienti portate dai cantori. Al termine della canzone i questuanti vengono accolti in casa e viene offerto loro da mangiare e da bere. Tradizionalmente la padrona di casa allestiva una tavola imbandita con formaggi, salumi, frittate e altre primizie di stagione; talvolta veniva inscenata anche la pizzica scherma , tra uomini. Terminato l'assaggio e dopo ulteriori auguri, nonché serenate su richiesta da parte dei padroni di casa, la squadra di sonatori riprendeva il cammino verso altre abitazioni.
Il canto eseguito in questa occasione è U Sabt Sant, presenta temi riferiti alla Passione di Cristo e al pianto della Madonna; a questi fulcri centrali seguono strofe augurali e di commiato in cui i cantatori porgono ai padroni di casa auguri e ringraziamenti chiedendo l'offerta di doni, soprattutto uova, in segno di gradimento dell'omaggio sonoro.
U Sabt Sant
1 – Iè arrevèt u sabt sant, Madra Marï s’ha mis lu mant;
nan avev p c scï,sòla sòl se ne partï.
2 –E trovò San Pietro davanti: Madre Maria perché tu piangi?
Vado piangendo per dolore perché ho perduto mio figliolo.
3 – Tü l’ha pèrs i jï l’i ‘cchièt, riet’alli port de Pelet;
riet’alli port d Pelet stev tütt flagellet.
4 – Tupp tupp riet’a stì port:e a c njè e a c na jè
E a c njè ea c na jè,Madre Maria p li Giudiè.
Mamma Mamma na pozz’aprï
ca li Giudéie m’on attacchet coron d’ior m’one luet;
coron d’ior m’on luet, coron de spin m’on ‘nghiudet.
5 - Jiss jiss pi mutant, dam
l’uov du sabt sant;
jiss jiss pi mutantom, damm l’uov di paparun;
i ce l’uov namm’i vuì dé, u jaddener t’egghia spascé.
6-Joole jole jole iapr a port e dam l’uov,
c l’uov so cuvatizz damm na cord d sazizz.
La tradizione prevedeva inoltre che se i padroni di casa si facevano attendere troppo alla porta, i questuanti iniziavano a canzonarli, d'altro canto c'è chi racconta che, se i cantori non erano considerati bravi, i padroni di casa usavano sparare con il fucile per cacciarli.