Festa Streghe Craveggia Sara Ielmoli
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Pochi partecipanti all'assemblea di Craveggia
7 agosto 2017 - In Valle Vigezzo proliferano le centraline idroelettriche ma i vigezzini disertano l'incontro pubblico con Salviamo il Paesaggio Valdossola
Craveggia chiesa dei SS.Giacomo e Cristoforo - interni - slideshow
La Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo è la più grande delle diverse chiese di Craveggia ed è la parrocchiale. L'edificio sorge nella piazza principale del paese, Piazza dei Miracoli: si tratta di un prezioso complesso monumentale che comprende la parrocchiale, il battistero e la Chiesa di Santa Marta.
La grande chiesa attuale è frutto della riedificazione di un precedente edificio, avvenuta tra il 1731 ed il 1734 ad opera del capomastro valsesiano Giovanni Tamiotti su disegno dell’architetto romano Marco Bianchi (la tradizione attesta però che sarebbe stato il pittore craveggese Giuseppe Mattia Borgnis a fornire al progettista il disegno definitivo).
La chiesa è stata costruita grazie alla generosità dei craveggesi emigrati, come ricorda anche l’iscrizione posta in una nicchia sul retro dell’edificio. La chiesa è stata consacrata nel 1770.
La struttura architettonica - molto imponente in confronto alle tipiche case di montagna che la circondano - è anticipata da una gradinata e da un portico a tre arcate, sostenuto da pilastri e colonne binate. Il maestoso campanile è composto da grandi blocchi di pietra a vista. Il porticato è affrescato dal noto pittore vigezzino Lorenzo Peretti (1774-1851): sulle lunette dei portali laterali si possono ammirare le figure dei sue santi cui è intitolata la chiesa, mentre nella volta l’Incoronazione della Vergine circondata da Santi.
La chiesa è a tre navate. Le navate laterali hanno in capo due cappelle: quella della Madonna del Rosario e quella di San Faustino, che conserva le reliquie del martire. Nella volta del presbiterio il grande e già menzionato pittore Giuseppe Mattia Borgnis (1701-1761) affrescò la Gloria dei Santi Giacomo e Cristoforo; ai lati dell’altare La Natività e l’Adorazione dei Magi; nella volta della Navata centrale la Pentecoste. Indimenticabile e bellissimo è l'affresco del Paradiso nel grande catino centrale.
La navata destra, oltre alla cappella del Rosario, ospita le cappelle del Crocefisso o di San Pietro, di San Domenico e di San Carlo. Nella navata sinistra, oltre alla Cappella di San Faustino e del SS. Nome di Gesù, si trovano le cappelle di San Giuseppe, di San Rocco e San Filippo Neri e infine la Cappella del Fonte battesimale. Lungo le pareti, tra le cappelle, sono appesi grandi tele ad olio che raffigurano episodi della vita dei SS. Giacomo e Cristoforo, per la maggior parte opera del Borgnis.
Craveggia vecchi ricordi ( musiche no copyright )
Le campane di Craveggia (VB)
Craveggia (VB), Chiesa Arcipretale dei Santi Giacomo e Cristoforo
Concerto di 8 campane in SIb2 calante
Angelo Bianchi 1901
Concerto a 8 campane
Le prime notizie di un oratorio dedicato a san Giacomo risalgono al 1300; accanto al piccolo oratorio venne edificata un'altra chiesa dedicata ai santi Giacomo e Cristorofo. L'edificio del 1409 venne successivamente ampliato ed eretto a parrocchia nel 1519, anno in cui si staccò dalla pieve di Santa Maria Maggiore. L'attuale chiesa arcipretale dei Santi Giacomo e Cristoforo, con il suo complesso comprendente il battistero e la chiesa di Santa Marta, è frutto di una riedificazione sulla base della chiesa precedente a tre navate, consacrata nel 1609. La chiesa venne ultimata nel 1734 su disegno dell’architetto romano Marco Bianchi, anche se la tradizione attesta la paternità dell'edificio al pittore craveggese Giuseppe Mattia Borgnis. Il tempio venne costruito grazie alla generosità dei craveggesi, in parte emigrati, e solennemente consacrato nel 1770. La struttura architettonica della facciata è anticipata da una gradinata e dall'elegante portico tripartito; il maestoso campanile venne costruito con grandi blocchi di pietra a vista e svetta sulla valle circostante. Il porticato venne affrescato dal noto pittore locale Lorenzo Peretti, che rappresentò le figure dei sue santi cui è intitolata la chiesa e l'incoronazione della Vergine. L'interno della chiesa è a tre navate, impreziosito da notevoli affreschi sulle volte; spicca per bellezza l'affresco del Paradiso. Lungo le pareti sono appese grandi tele che raffigurano episodi della vita dei santi patroni Giacomo e Cristoforo, che impreziosiscono le numerose cappelle laterali. In una stanza nei pressi della chiesa è stato da poco allestito un piccolo museo, contenente il noto Tesoro di Craveggia. I paramenti religiosi, gli oggetti liturgici e dipinti qui contenuti rappresentano un piccolo nucleo di un grandissimo patrimonio, la cui raccolta fu cominciata nel primo Cinquecento. Accanto a numerosissime pianete in sete antiche ricamate con oro e argento, ostensori, calici, pissidi e croci decorati con pietre preziose, il tesoro possiede eccezionale interesse dal punto di vista storico. Nel museo sono infatti contenuti il celebre manto funebre di re Luigi XIV, un piviale ricavato dallo storico manto nuziale della regina Maria Antonietta, alcuni dipinti fiamminghi provenienti dalla Cappella Reale della reggia di Versailles, un clamoroso ostensorio di quasi un metro e numerose altre opere lavorate a sbalzo. Il campanile della chiesa ospita un concerto di otto campane (1901) dalle dimensioni considerevoli, mentre è presente un piccolo richiamo sulla torre della sacrestia; questo è usato come ultimo cenno per le funzioni, mentre le campane della torre scandiscono la vita quotidiana dei fedeli. L'imponente organo a canne posto in controfacciata è opera del varesino Bernasconi, che lo ultimò nel 1852.
Un sentito ringraziamento all'arciprete don Stefano e alle sagrestane per la cortese disponibilità.
Le campane di Craveggia (VB) v.02
Craveggia (VB), Chiesa Arcipretale dei Santi Giacomo e Cristoforo
Concerto di 8 campane in SIb2 calante
Angelo Bianchi 1901
Concerto delle 5 campane maggiori
Le prime notizie di un oratorio dedicato a san Giacomo risalgono al 1300; accanto al piccolo oratorio venne edificata un'altra chiesa dedicata ai santi Giacomo e Cristorofo. L'edificio del 1409 venne successivamente ampliato ed eretto a parrocchia nel 1519, anno in cui si staccò dalla pieve di Santa Maria Maggiore. L'attuale chiesa arcipretale dei Santi Giacomo e Cristoforo, con il suo complesso comprendente il battistero e la chiesa di Santa Marta, è frutto di una riedificazione sulla base della chiesa precedente a tre navate, consacrata nel 1609. La chiesa venne ultimata nel 1734 su disegno dell’architetto romano Marco Bianchi, anche se la tradizione attesta la paternità dell'edificio al pittore craveggese Giuseppe Mattia Borgnis. Il tempio venne costruito grazie alla generosità dei craveggesi, in parte emigrati, e solennemente consacrato nel 1770. La struttura architettonica della facciata è anticipata da una gradinata e dall'elegante portico tripartito; il maestoso campanile venne costruito con grandi blocchi di pietra a vista e svetta sulla valle circostante. Il porticato venne affrescato dal noto pittore locale Lorenzo Peretti, che rappresentò le figure dei sue santi cui è intitolata la chiesa e l'incoronazione della Vergine. L'interno della chiesa è a tre navate, impreziosito da notevoli affreschi sulle volte; spicca per bellezza l'affresco del Paradiso. Lungo le pareti sono appese grandi tele che raffigurano episodi della vita dei santi patroni Giacomo e Cristoforo, che impreziosiscono le numerose cappelle laterali. In una stanza nei pressi della chiesa è stato da poco allestito un piccolo museo, contenente il noto Tesoro di Craveggia. I paramenti religiosi, gli oggetti liturgici e dipinti qui contenuti rappresentano un piccolo nucleo di un grandissimo patrimonio, la cui raccolta fu cominciata nel primo Cinquecento. Accanto a numerosissime pianete in sete antiche ricamate con oro e argento, ostensori, calici, pissidi e croci decorati con pietre preziose, il tesoro possiede eccezionale interesse dal punto di vista storico. Nel museo sono infatti contenuti il celebre manto funebre di re Luigi XIV, un piviale ricavato dallo storico manto nuziale della regina Maria Antonietta, alcuni dipinti fiamminghi provenienti dalla Cappella Reale della reggia di Versailles, un clamoroso ostensorio di quasi un metro e numerose altre opere lavorate a sbalzo. Il campanile della chiesa ospita un concerto di otto campane (1901) dalle dimensioni considerevoli, mentre è presente un piccolo richiamo sulla torre della sacrestia; questo è usato come ultimo cenno per le funzioni, mentre le campane della torre scandiscono la vita quotidiana dei fedeli. L'imponente organo a canne posto in controfacciata è opera del varesino Bernasconi, che lo ultimò nel 1852.
Un sentito ringraziamento all'arciprete don Stefano e alle sagrestane per la cortese disponibilità.
Sara Ielmoli: Un grande successo la Festa delle Streghe.
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Shakespea Re di Napoli, al Piccolo Eliseo un sogno anglobarocco
Roma, 22 feb. (askanews) - È l'opera teatrale più longeva che abbia attraversato le scene italiane negli ultimi 25 anni, fra quelle prodotte da una compagnia privata: Shakespea Re di Napoli, scritto e diretto da Ruggero Cappuccio arriva al Piccolo Eliseo di Roma dove sarà fino al 3 marzo con Claudio di Palma e Ciro Damiano, gli stessi attori che lo interpretano fin dalla sua prima rappresentazione.
La pièce, scritta in napoletano del '600, getta una luce affascinante sulle somiglianze poetiche fra Napoli barocca e Inghilterra elisabettiana, già evidenziate a suo tempo da Italo Calvino, che vedeva in Giambattista Basile un deforme Shakespeare napoletano. Somiglianze che si ritrovano anche e proprio nella lingua inglese e in quella napoletana, come spiega Cappuccio:
Queste due lingue sono due lingue che non terminano per vocale
nessuna delle due, quasi mai. Questo determina un sinfonismo e una capacità ritmica del linguaggio che può essere spesa in modo forte a teatro. Nell'arco di pochi versi possono esprimere un concetto molto alto, poetico, aeriforme o malinconico, e un attimo dopo esprimere un concetto carnale, addirittura bestemmiativo, addirittura osceno.
In un sofisticato gioco fra realtà e sogno, fra verità e menzogna, Ruggero immagina uno Shakespeare che giunge a Napoli alla fine del '500, ricevuto dal Viceré che lo invita a mascherarsi e partecipare allo sfarzoso e lascivo Carnevale napoletano: qui il Bardo si invaghisce di un giovane guitto, Desiderio (interpretato da Claudio Di Palma) e lo riporta a Londra dove al Globe Theatre diventerà una star interpretando tutti i ruoli femminili delle opere shakespeariane, Desdemona, Ofelia, Giulietta.
Vent'anni dopo Desiderio torna a Napoli da naufrago e ritrova l'anziano amico Zoroastro (Ciro Damiano) che gli aveva fatto quasi da padre, che non crede a una parola del suo racconto: come prova, Desiderio riporta il manoscritto dei Sonnets di Shakespeare, che il Bardo aveva composto per lui.
Ma è proprio la lingua la grande protagonista dello spettacolo, capace di superare attraverso l'intelligenza emotiva degli spettatori le distanze culturali e geografiche:
La scommessa di questa lingua - afferma l'autore - è che finisce per parlare alla carne e ai sensi dello spettatore, e non al suo cervello. La storia di questo spettacolo è poi praticamente che in città italiane o estere in cui il linguaggio era lontano dalle antropologie locali che assistevano allo spettacolo, poi ci dicevano: abbiamo capito il 40% ma ci siamo commossi perché evidentemente il linguaggio era arrivato a un livello di comprensione che non è la comprensione razionale, ma una comprensione che riguarda qualcosa che è sommerso dentro di noi e che è pronto a risvegliarsi.
POLLENZO (Bra, Piemonte) Chiesa Parrocchiale di S. Vittore (1/2) interni - videomix - original audio
Fu progettata da Ernesto Melano, l'architetto che nel 1824 aveva realizzato il restauro dell'abbazia di Altacomba in Savoia, a cui la chiesa di San Vittore si ispira. L’esterno, perfettamente inserito nel contesto della suggestiva piazza neogotica carloalbertina, è marcato dai grandi contrafforti ornati di statue: sono ben quarantasei quelle presenti complessivamente nell’interno e nell’esterno dell’edificio, opera di Giuseppe Gaggini e Stefano Butti. L’interno è un trionfo di decori, fra cui gli intrecci a finto rilievo della volta, del pittore prospettico lombardo Paolo Fea, e l’affresco dell’abside raffigurante la Madonna e il Bambino in gloria con la Trinità, di Carlo Bellosio. I banchi e i confessionali sono opera di Gabriele Capello, detto il Moncalvo, grande ebanista piemontese dell’Ottocento. Nella chiesa è ospitato il pregevole coro ligneo cinquecentesco dell’abbazia cistercense di Staffarda presso Saluzzo, spostato qui per volontà di Carlo Alberto.
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Chi parla nei video e' L.V, professore universitario con cattedre di Economia e Statistica. Sono giornalista, scrittore e collaboratore della RAI.
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in questo 2° filmato dedicato alla gita del 2008 organizzata dal circolo culturale GEMMA svoltasi in Svizzera - Einsiedln vedremo la chiesa del monastero
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