Festa a L'Albereta in Franciacorta per i 25 anni: chef, vigneti e spiedo bresciano
L'Albereta, il relais nel cuore della Franciacorta, ha festeggiato un quarto di secolo in compagnia di ospiti ed amici, per una domenica pomeriggio all'insegna dell'ospitalità, quella vera e tutta italiana
Chef, amici, colleghi, ospiti: un grande pubblico è accordo a L'Albereta per l'occasione. Tutti categoricamente stile country side, divieto assoluto di tacchi o cravatte. Una domenica pomeriggio decisamente conviviale, con assaggi sfiziosi firmati Fabio Abbattista, le pizze di Franco Pepe e, immancabile, lo spiedo bresciano, servito in lunghe tavolate, come vuole la tradizione.
25 anni di armonia e di atmosfera soprattutto. Un ambiente che oscilla tra la villa patrizia e la sua architettura dirimpetto alle sponde del lago d'Isero, e proprio al centro di quest'oscillazione, protagonista indiscusso è il territorio. Da sempre infatti Carmen Moretti, cuore del progetto, insieme a tutta la sua squadra e naturalmente a tutta la famiglia Moretti, si identifica con la Franciacorta.
A raccontare questi 25 anni sotto il sole ancora caldo di settembre è stata proprio lei, l'anima dell'Albereta, presidente del Gruppo Terra Moretti, ad della divisione alberghiera: «Il sogno di realizzare un mio Relais & Chateaux l'ho coltivato sin da piccola, quando accompagnavo i miei genitori e le mie sorelle in giro per il mondo. Immaginavo un luogo dall'atmosfera familiare e ricca di calore, una dimora di charme dove la qualità dell'ospitalità sposasse un'idea di vero lusso, che per me coinvide con il fattore umano, l'accoglienza e la possibilità di riappropriarsi del proprio tempo. Una visione che ho mantenuto intatta».
Questo sogno iniziò a piantare le radici quando Vittorio Moretti gettò le basi del progetto di valorizzazione del territorio della Franciacorta. Nel 1977, in questo senso, fondò la Cantina Bellavista. Successivamente, l'acquisto de L'Albereta, a pochi passi dalla casa di famiglia e dalla cantina.
Un luogo, come ha precisato Carmen, votato all'ospitalità, anche grazie alle relazioni che ha intrattenuto durante la sua storia. Sono proprio gli incontri a dare vitalità e unicità a questi 25 anni passati, incontri con personaggi quali Antonio Marson, Henri e Dominique Chenot, Fabio Abbattista e Franco Pepe.
Un altro incontro fatale, quello con Martino de Rosa: «Mio marito ha portato la sua esperienza di broker navale in un settore apparentemente distante: la sua cultura d'impresa ha dato nuova linfa al progetto. Con lui si avvia una decisa internazionalizzazione, nasce la holding di gruppo, si affinano strategie e start-up».
Tra tutti i nomi, come non dedicare uno spazio a parte al Maestro Gualtiero Marchesi? «Io e mio padre incontrammo Gualtiero durante una cena. Il nostro entusiasmo, ma soprattutto il fascino della villa, che venne a visitare, lo convinsero a inaugurare con noi questo nuovo progetto. Si trasferì qui, e il 23 settembre 1993 inaugurammo insieme L'Albereta, con il suo ristorante gastronomico e le prime 9 stanze».
Ora l'aspetto gastronomico del resort è gestito da Fabio Abbattista, che ha raccolto e rinnovato un'importante eredità al ristorante Leone Felice, e da Franco Pepe, alla guida della migliore pizzeria d'Italia secondo la Guida 50 Top Pizza.
Entrata a far parte della grande famiglia Relais & Chateaux nel 1999 L'Albereta ospita 57 camere, di cui 19 suite, unite dalla combinazione di amore per il bello e attenzione per il massimo del comfort. Ad oggi L'Albereta è la Franciacorta e viceversa. La Villa patronale, con i suoi edifici, i vigneti a perdita d'occhio, il parco di 61mila ettari con sculture e opere d'arte contemporanee, lo specchio del lago d'Iseo, meta di escursioni e gite in barca.
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Maida Mercuri ricorda Fusari: «Una persona preziosa»
Maida Mercuri è la titolare del Pont de Ferr di Milano, il ristorante dove Vittorio Fusari - morto nella serata di mercoledì 1 gennaio in seguito ad un attacco cardiaco - aveva lavorato per tre anni prima di arrivare a Bergamo per rilanciare Balzer. Trattiene a stento le lacrime nel parlare della tragedia che ha coinvolto tutto il mondo della ristorazione, ma con orgoglio e rispetto nei confronti di un amico riesce a farsi forza e a ricordare.
«Così giovane e con tutta quella voglia di lottare che aveva - esordisce - è impressionante, ci siamo guardati in faccia qui al ristorante e abbiamo visto solo occhi rossi. Se c’era un uomo, un uomo vero quello era lui. Attaccato alla vita e alla coerenza in ciò che faceva, all’etica del lavoro e dell’amicizia. Chi l’ha conosciuto ha conosciuto un uomo che non si perdeva nelle cose nelle quali in cui non credeva, tanto nella vita quanto nel mestiere di cuoco».
Nel fiume di parole che vengono alla mente di Maida Mercuri nel ricordare Vittorio Fusari un pensiero non può che essere speso per la sua riconosciuta e apprezzata qualità in cucina: «Aveva questa straordinaria conoscenza della materia prima - ci tiene a precisare - ed è per questo che si è contraddistinto. E poi lui è diventato cuoco per passione, da autodidatta. Passione per la cucina ma vorrei dire soprattutto per l’accoglienza delle persone. Penso al suo ristorante Il Volto di Iseo dove ci si sentiva bene perché era quello che lui voleva. Da lui si mangiava molto bene, ma si giocava anche a carte e questa era l’essenza di Vittorio».
Un rapporto quello tra Maida Mercuri e Vittorio Fusari che si è mantenuto anche dopo la separazione professionale: «Era impossibile non mantenere rapporti con Vittorio - spiega lei - era una persona troppo preziosa. Sono andato a trovarlo a Bergamo, a Balzer, ho mangiato da lui. Non abbiamo molto tempo noi ristoratori, ma non avere una profondità con Vittorio era impossibile soprattutto se c’era l’affetto che c’era tra di noi».
Troppo complicato in questo momento mettere a fuoco le decine e decine di episodi che i due hanno vissuto insieme, ma c’è ancora spazio per un pensiero che aiuta a inquadrare la figura del cuoco bresciano: «Non riesco a farmi venire in mente ricordi - ammette la titolare del Pont de Ferr - c’è troppa confusione per il dolore che stiamo provando. Se ripenso a lui però penso all’amore che aveva per suo figlio e la sua famiglia, quando parlava di Giacomo, il figlio, il suo volergli bene era tangibile».
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