Il Castello Medievale di Pietrarubbia e la Torre del Falco - Drone Footage
Riprese effettuate sul Castello Medievale di Pietrarubbia (PU), in particolare sulla Torre del Falco.
Pietrarubbia nasce come importante castello feretrano nell’Alto Medioevo: nel momento in cui, all’epoca di Federico Barbarossa, iniziarono anche qui gli scontri tra guelfi e ghibellini, le principali famiglie del Montefeltro si divisero al loro interno. Infatti, verso la metà del Duecento la casata dei conti di Montecopiolosi divise in due rami distinti, e parte dei possedimenti della famiglia passarono al guelfo conte Taddeo, che divenne così signore di Pietrarubbia. Mentre i signori di Montefeltro si accingevano a diventare una delle famiglie più importanti della penisola, il conte Taddeo, divenuto Capitano Generale dell’esercito della Chiesa, si distingueva in numerose occasioni, tanto da scatenare l’ira dei ghibellini che assaltarono, incendiarono e distrussero per vendetta il suo castello. Consolidatasi ad Urbino la signoria di Antonio da Montefeltro, per i castelli dell’entroterra feretrano si presentò il pericolo di scontri tra Malatesta e Montefeltro; ed infatti, nel corso degli anni, tutti i castelli della zona, compreso quello di Pietrarubbia, furono sede di scontri sanguinosi. Verso la fine del XIV secolo Pietrarubbia era l’avamposto malatestiano diretto contro Frontino, baluardo della Massa Trabaria legata invece agli urbinati, fino ad arrivare alla metà del Quattrocento, quando Federico da Montefeltro, non ancora nominato duca, riuscì ad annientare la potenza dei signori riminesi togliendo loro tutti i castelli; così il castello di Pietrarubbia entrò a far parte definitivamente del Ducato di Urbino e rientrò nel piano di riorganizzazione del territorio, che ormai si rendeva indispensabile. Le fortificazioni di Pietrarubbia vennero riconsiderate alla luce del nuovo assetto territoriale e della nuova difesa che Francesco di Giorgio Martini andava ad organizzare. In realtà non abbiamo notizie dell’epoca che confermino la presenza del Martini o di suoi abitanti a Pietrarubbia, come progettista della nuova rocca, ma una descrizione del complesso fortificato risalente al XVII secolo, ci fa pensare che qui poteva essere stato organizzato uno dei numerosissimi cantieri del Ducato. Secondo lo storico Guerrieri (1604 – 1676) in tempi più antichi il castello era organizzato intorno ad una rocca imprendibile ed era doppiamente recintata, tanto che nel Seicento erano ancora ben visibili i doppi ponti levatoi, i resti dei due portali e dei baluardi. A testimonianza dell’antica rocca, oltre all’antica torre detta Torre del Falco, esistono ancora oggi, murate nelle pareti delle case del borgo, le pietre usate per le bocche da fuoco e provviste di tacca di mira. Al tempo di Guidobaldo da Montefeltro la rocca di Pietrarubbia venne abbandonata, come avvenne per altre fortificazioni dell’entroterra, perché giudicata ormai superflua. Non è comunque da sottovalutare l’intervento del cardinale Egidio Albornoz, che nell’intento di rafforzare i possedimenti della Chiesa, intraprese numerose battaglie per sottomettere i castelli del Montefeltro e, dopo averli distrutti, provvide alla ristrutturazione di quelli da lui giudicati maggiormente inespugnabili. Con la fine delle fortune del castello di Pietrarubbia, tutta la zona non visse più una storia altrettanto affascinante ed interessante: il borgo lentamente si spopolò per favorire la formazione di paesi a valle, vicino alle più moderne vie di comunicazione e luoghi adatti allo scambio di merci e bestiame (Mercato Vecchio). Pietrarubbia passò nel XVII secolo allo Stato della Chiesa e quindi iniziò il percorso che la portò ad essere comune indipendente prima, unito a Macerata Feltria poi, ed infine nuovamente indipendente nel 1948. All’inizio degli anni ’70 lo scultore Arnaldo Pomodoro, nato e cresciuto nel Montefeltro, non lontano da Pietrarubbia, portato da alcuni amici a vedere il borgo, sentì il bisogno di fare qualcosa per “salvarlo”. Fu così che, dopo aver acquistato alcuni edifici, provvide alla loro ristrutturazione sensibilizzando le istituzioni locali che risposero con grande entusiasmo. L’obiettivo di recupero del borgo fu quello di fondarvi, nel 1990, una scuola sull’arte dei metalli.
Fonte:
Cosa vedere a Verona: 10 cose da visitare in un giorno a Verona
Scopri cosa fare e vedere a Verona in un itinerario a piedi di circa 4 km attraverso il centro storico scaligero. Info e mappe su
1) PIAZZA BRA E ARENA DI VERONA
Piazza Bra è la più grande piazza cittadina, famosa per ospitare la celeberrima Arena di Verona. Oltre all'Arena, altre importanti testimonianze storiche dominano la piazza a partire dai Portoni della Bra ovvero una delle antiche porte nelle mura medievali che collegava la piazza alla campagna.
Dove dormire vicino all'Arena di Verona
2) VIA MAZZINI E CASA DI GIULIETTA CAPULETI
Via Mazzini collega Piazza Bra a Piazza delle Erbe ed è considerata la principale vià dello shopping veronese. Al fondo di Via Mazzini, sulla destra, a pochi passi da Piazza delle Erbe è situata al numero 23 di Via Cappello la celebre Casa di Giulietta.
Dove dormire vicino alla Casa di Giulietta
3) PIAZZA DELLE ERBE E TORRE DEI LAMBERTI
Piazza delle Erbe sorge sull'area del foro romano che all'epoca rappresentava il cuore della vita politica ed economica cittadina, mentre oggi è la piazza più antica della città ed una delle più amate d'Italia. La piazza è ricca di testimonianze storiche come la Torre dei Lamberti, suggestiva torre medievale in stile romanico-gotico alta 84 metri.
Dove dormire vicino a Piazza delle Erbe
4) PIAZZA DEI SIGNORI
Nota anche come Piazza Dante, è un'importante piazza di origine medievale adiacente alla celebre Piazza delle Erbe. Sulla piazza si affacciano importanti edifici storici in mezzo alla piazza una statua dedicata a Dante.
Dove dormire vicino a Piazza dei Signori
5) ARCHE SCALIGERE E CASA DI ROMEO MONTECCHI
Le Arche Scaligere sono un monumento funebre in stile gotico, per lo storico francese Georges Duby, uno dei più significativi dell'arte gotica. Il monumento è situato in Via Santa Maria Antica 1, accanto all'omonima chiesa e a Piazza delle Erbe. Accanto alle Arche Sacaligere, in Via Arche Scaligere 2, troviamo la Casa dei Montecchi, meglio nota come Casa di Romeo distante soli poche centinaia di metri dal balcone dell'amata Giulietta.
Dove dormire vicino alla Casa di Romeo
6) CHIESA DI SANT'ANASTASIA
E' la più grande struttura religiosa e il più importante monumento gotico della città, benchè non ultimata a distanza di secoli da inizio lavori nel 1290 sui resti di 2 vecchie chiese di Sant'Anastasia e San Remiglio e poi consacrata nel 1471.
Dove dormire vicino alla Chiesa di Sant'Anastasia
7) PONTE PIETRA, TEATRO ROMANO E MUSEO ARCHEOLOGICO
Il Ponte Pietra sul fiume Adige è l'unico ponte cittadino esistente di origine romana. Attraversato il ponte, sulla destra si scorge immediatamente il Teatro Romano ovvero un teatro all'aperto realizzato nel I secolo a.C. presso Colle San Pietro e facente parte del Museo Archeologico cittadino.
Dove dormire vicino al Teatro Romano
8) DUOMO DI VERONA (CATTEDRALE DI SANTA MARIA MATRICOLARE)
E' la chiesa più importante della città nonostante sorga nella piccola Piazza Duomo all'interno dell'ansa del fiume Adige. La chiesa edificata nel 1117 sui resti di una preesistente basilica paleocristiana venne completata e consacrata da Papa Urbino III nel 1187.
Dove dormire vicino al Duomo di Verona
9) PORTA BORSARI E ARCO DEI GAVI
Porta Borsari è un'imponente porta risalente al I secolo d.C. delle antiche mura romane situata in Corso Porta Borsari, 57a. In Corso Cavour 2, a pochi passi dalla Porta Borsari possiamo ammirare l'imponente monumento romano, noto come Arco dei Gavi, fatto erigere poco fuori dall'antica città romana nella metà del primo secolo.
Dove dormire vicino l'Arco dei Gavi
10) CASTELVECCHIO, MUSEO CIVICO E PONTE SCALIGERO
Castelvecchio, un tempo Castello di San Martino in Aquaro, è un imponente castello medievale e la più importante opera militare della famiglia della Scala, attualmente sede del Museo Civico, uno dei più importanti musei veronesi. Davanti al castello infine si può ammirare il celebre Ponte di Castelvecchio o Ponte Scaligero, ritenuto a ragione l'opera medievale più audace dell'intera città.
Dove dormire vicino al Ponte di Castelvecchio
Più in generale ecco dove dormire nella città scaligera
Castello di Issogne
ll castello di Issogne è uno dei più famosi castelli della Valle d'Aosta. È situato a Issogne, sulla destra idrografica della Dora Baltea e è stato a lungo anche un luogo molto conteso.
Si sa che prima del castello c’era già una villa romana del I sec a.C, poi probabilmente riadattata a casaforte dall’influente vescovo di Aosta.
Il suo potere però era contrastato della famiglia De Verrecio, signori di Verrès: casualmente infatti la casaforte del vescovo andò al rogo e fu quasi distrutta. Siamo nel 1333. I sospetti ricaddero tutti su Aymon de Verrès. Quel che restava della casaforte fu acquisita dal signore di Verrès Ibleto di Challant. Famiglia in rapidissima ascesa sociale e politica in tutta la Valle d’Aosta. Anno 1379.
Ibleto iniziò così i lavori di ristrutturazione del castello trasformando la casaforte vescovile in una dimora complessa ed elegante, improntata sullo stile del gotico cortese, composta da torri e una cinta muraria
Il figlio Francesco di Challant ottenne nel 1424 dai Savoia il titolo di primo conte di Challant. Francesco però non ebbe figli maschi, e alla sua morte si generò una lotta di successione tra la figlia Caterina e suo cugino Giacomo di Challant-Aymavilles, ramo cadeto della famiglia Challant.
Di questo sarà meglio approfondire successivamente perché è un episodio molto curioso.
Comunque dopo anni di lotte nel 1456 Caterina dovette cedere i suoi possedimenti a Giacomo, che divenne così il secondo conte di Challant e nuovo signore di Issogne.
Verso il 1480 Luigi di Challant, figlio di Giacomo di Challant-Aymavilles, diede il via a nuovi lavori al castello. Pian piano furono costruiti nuovi corpi di collegamento tra gli edifici già esistenti, dando così vita ad un unico palazzo a forma di ferro di cavallo che circonda l’ampio cortile. A questo periodo risalgono anche le decorazioni del porticato che circonda il cortile, la cappella, il giardino e la celebre fontana del melograno dall'alto valore simbolico.
Il castello ebbe anche ospiti illustri, come l'imperatore Sigismondo di Lussemburgo, durante un suo viaggio di ritorno in Germania nel 1414, o il re Carlo VIII di Francia nel 1494.
Nel XVI sec, con René de Challant), il castello raggiunse il suo massimo splendore e la funzione di corte ricca e raffinata. René non ebbe figli maschi e ne nacque un nuovo contenzioso sull’eredità. Nel 1802, con la morte di Giulio Giacinto, ultimo conte di Challant, e l'estinguersi della casata iniziò per il castello, che già da anni era abbandonato, un periodo di forte decadenza.
Nel 1948 esso divenne infine proprietà della Regione Valle d'Aosta.
Il castello è oggi visitabile tramite visite guidate.
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Castello di Montaldo Dora
Il castello di Montalto Dora, che si erge a 405 metri di quota sul monte Crovero e si rispecchia nel lago Pistono, nell'Anfiteatro morenico di Ivrea, risale alla metà del XII secolo.
Esso ha subito nei secoli molteplici distruzioni, riedificazioni e ristrutturazioni, sino ad assumere, nel 1890, con il restauro progettato da Alfredo D'Andrade, l'aspetto che, grosso modo, ha conservato sino ad oggi. Di proprietà privata, il castello è parte integrante del borgo di epoca romana su cui sorge ed ha pianta quadrata irregolare con una doppia cinta. Un'alta torre domina la parte interna intorno al mastio, l'annessa cappella, gli ambienti in parte visitabili e il camminamento di guardia.
Nell'antichità funzionava da fortezza a guardia della strada che da Ivrea conduce in Valle d'Aosta, lungo la via Francigena.
Il castello di Montalto Dora risale alla prima metà del XII secolo (se ne fa cenno in un documento del 1140 circa che lo menziona come castrum monsalti) con una torre ed una cinta muraria che avevano funzione di rocca difensiva[1][2]. Nel corso del XIV e XV secolo il castello venne sottoposto ad ampliamenti e rimaneggiamenti volte a irrobustire le sue capacità difensiva che hanno condotto all'imponente struttura che ha poi mantenuto nel tempo.
Molteplici furono le casate che tennero in possesso il maniero. Affidato in giurisdizione al vescovado di Ivrea che concesse in feudo l`intera valle di Montalto ai signori di Settimo Vittone nel XII secolo,di seguito il castello passò nel XIV secolo a far parte dei possedimenti dei Savoia che nel 1403 lo infeudarono alla casa dei de Jordano di Bard che ne continuarono i lavori di edificazione.
Il maniero subì, nel corso della sua storia molteplici attacchi, a volte devastanti. Tra essi va ricordato quello avvenuto durante l'assedio di Ivrea del 1641 da parte delle truppe francesi del marchese d'Harcourt, in guerra contro il ducato di Savoia: in quella occasione infatti l'interno dell'edificio venne smantellato, mentre rimasero in larga parte intatte le strutture esterne.
All'inizio del XVIII secolo il castello passò in proprietà alla famiglia Vallesa che lo tennero sino al principio dell'Ottocento, quando la casata si estinse. Divenne poi patrimonio del conte Severino dei baroni di Casana che iniziò a restaurarlo ed a valorizzarlo. Per i lavori di restauro e recupero dell'intero complesso architettonico vennero interessati gli architetti Carlo Nigra e Alfredo D'Andrade, ideatori del borgo medievale di Torino.
I miei video:
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SIGNORI ABBIAMO AVOCADO IN SICILIA!
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Ne abbiamo le palle piene di sentirci dire che non si può fare.
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Ho voluto aspettare il momento giusto per caricare questo video realizzato il 4 dicembre.
Il sangue siciliano ribolliva nel montare questo video e non capivo perchè. Abbiamo voglia dello stesso riscatto a Varese. In Sardegna. Nel Lazio. In Valle d'Aosta.
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AVISE (Valdigne, Valle D'Aosta) Castello e chiesa parrocchiale di San Brizio
Appartenuta in epoca medioevale ai Signori di Avise, una delle famiglie nobili più antiche e importanti della Valle, questa località ha avuto da sempre una rilevante importanza strategica, testimoniata tutt’oggi dai suoi tre castelli: quello di Cré, quello di Blonay e quello d’Avise. Quest’ultimo è una costruzione caratterizzata da una torre merlata di forma quadrangolare, dominante su una costruzione di 4 piani; all’interno è pregevole un soffitto ligneo con ornamenti tardo medioevali.
Di epoca medioevale è anche la Maison de Mosse in località Runaz, adibita a sede espositiva.
La chiesa parrocchiale di San Brizio, ricostruita nel secolo scorso, conserva il campanile romanico del 1400 a bifore e cuspide.
Tra i reperti di epoca romana ritroviamo il tratto della Strada delle Gallie qui denominato ”Pierre Taillée”, perché i romani, per aprirsi un varco verso le valli del Monte Bianco, dovettero incidere la roccia con lo scalpello.
I dintorni del paese sono fittamente lavorati a vitigno, da cui si produce il famosissimo vino “Petit Rouge”.
CHIESA PARROCCHIALE DI SAN BRIZIO
Situato nel capoluogo, l’edificio fu costruito sulle fondamenta di uno più antico, basso, irregolare e troppo piccolo, che fu interamente demolito. Una tradizione vuole che la chiesa parrocchiale fosse anticamente eretta tra Runaz e Pierre Taillée, sulla strada romana. Allorché questa chiesa, dedicata a San Martino, venne distrutta con tutto il villaggio di Runaz dagli eserciti di passaggio intorno al IX – X secolo, sarebbe stata ricostruita sull’altro lato della Dora, meno esposta alle incursioni militari, e dedicata a San Brizio, discepolo e successore di San Martino. Nel 1400, grazie a due benefattori (zio e nipote) che si chiamavano entrambi Antoine d’Avise, fu costruito il campanile della chiesa parrocchiale, ad opera di mastro Pierre Sella.
L'editoriale. Tutti signori
Un recente libro del politologo Luca Ricolfi, La società signorile di massa analizza l'Italia ponendola all'interno di un sentiero pericoloso: il nostro Paese sta vivendo, sostiene l'autore, da lungo tempo al di sopra delle proprie possibilità, consumando più di quanto non produca o non lavori
Riprese e montaggio di Anna Bellettato.
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Firma la petizione Io sto con Panzironi per la libertà di stampa
Cari amici vi comunico la lista ufficiale delle piazze dove saranno presenti i 100 gazebo per firmare la petizione io sto con Panzironi per la libertà di stampa. Voglio ringraziare i circa 700 volontari che si sono resi disponibile il 5 Gennaio 2019 a presidiare queste piazze. Potrete recarvi presso i gazebo dalle 10 del mattino fino alle 18. Chi volesse aggiungersi come volontario può ancora farlo chiamando lo 06/92014502. grazie
REGIONE LAZIO
APRILIA
Piazza Roma
FROSINONE
piazza Santa Maria Assunta
Piazza VI dicembre
ANAGNI
Piazza Giuseppe Mazzini
CIAMPINO
Piazza della Pace
LATINA
Piazza San Marco
ZAGAROLO
Piazza della Pace
ROMA
piazza dell'Alberone
Piazza del Popolo
Piazza dei Santi Apostoli
Piazza San Giovanni di Dio
Piazza del Testaccio
Piazza Mazzini
Piazza dei Mirti
Piazza Irnerio
Piazzale Ostiense
Piazzale della Radio
Piazzale di Ponte Milvio
Piazza Esquilino
Piazza Vittorio Emanuele
Piazzale Flaminio
Piazza Gioacchino Belli
Piazza Re di Roma
Viale Ottaviano - Incrocio Via Giulio Cesare
Largo di Torre Argentina
Piazza di Cinecittà
Piazzale Metronio
POMEZIA
Via Orazio incontro via filippo re
REGIONE CAMPANIA
NAPOLI
Via Toledo ( vicino fermata metro)
piazza Dante
SALERNO
Piazza della Concordia
REGIONE PUGLIA
BARI
via sparano
Piazza Mercantile
TARANTO
piazza maria immacolata
piazza della vittori
ANDRIA
Corso Cavour
REGIONE EMILIA ROMAGNA
BOLOGNA
piazza Re Enzo
piazza del nettuno (centro di boligna, crocevia)
piazza galvani
RAVENNA
piazza del popolo
MODENA
piazza matteotti
REGIONE PIEMONTE
TORINO
piazza vittorio veneto
piazza bengasi
piazza solferino
Piazza Carlo Felice
piazza statuto
piazza castello
Piazzetta Reale
Piazza XVIII Settembre
Piazza della Repubblica
ALESSANDRIA
piazza garibaldi
REGIONE LOMBARDIA
MILANO
piazza diaz
Piazza . cairoli
Piazza san babila
MONZA
Piazza Roma
BRESCIA
Piazzetta Vescovado
PAVIA
Piazza della vittoria
Piazza cavagneria
REGIONE TOSCANA
FIRENZE
Piazza dell'Indipendenza
Piazza della Stazione
Piazza di Santa Maria Novella
Piazza di San Marco
Piazza dei Ciompi
Piazza degli Strozzi
Piazza di Santa Croce
SIENA
piazza dante
LIVORNO
piazza grande
LUCCA
piazza duomo
PISA
corso italia
REGIONE SICILIA
CATANIA
piazza duomo
piazza stesicoro
piazza cavur
PALERMO
piazza politeama
REGIONE VENETO
TREVISO
piazza duomo
piazza dei signori
Piazza Giuseppe Garibaldi
MESTRE
piazza carducci
RIVIGO
Corso del Popolo
PADOVA
Prato della valle
Piazza dei frutti
VICENZA
Piazza dei signori
VERONA
Piazzetta 14 novembre
REGIONE ABRUZZO
PESCARA
piazza salotto
CHIETI
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TERAMO
Piazza martiri della libertà
REGIONE MARCHE
ANCONA
piazza del plebiscito
FANO
piazza xxii settembre
SENIGAGLIA
piazza roma
piazza garibaldi
Piazza Sassi
REGIONE FRUILI
PORDENONE
piazzale duca d'aosta
Piazza San Marco
GORIZIA
Corso Verdi
UDINE
Piazza della libertà
REGIONE UMBRIA
PERUGIA
Piazza IV novembre (Duomo
TOTALE REGIONE UMBRIA 1
REGIONE LIGURIA
GENOVA
Piazza Giacomo Matteotti
piazza de ferrari
Piazza della Vittoria
Piazza Durazzo
Celje castle HD
I resti del castello sorgono in un punto dominante, su una collina a sudest del centro storico cittadino. Il castello appartenne ai baroni di Heunburg in Carinzia e successivamente a quelli di Sanneck (odierna Žovnek), diventati più tardi conti (dopo il 1333) e poi anche principi di Cilli (Celje). Dopo l'assassinio dell'ultimo discendente del casato, il castello nel 1456 divenne proprietà della regione. Nel sec. XVII pian piano andò in rovina e alla fine del secolo rimase senza tetto per la prima volta. Nel 1755 fu acquistato dal conte Gaisruck che lo usò come cava di pietra. Il suo lavoro nel sec. XIX venne continuato da un proprietario agricoltore. Dopo il 1846, i muri furono protetti e le rovine pian piano ricostruite. La manutenzione e la ricostruzione dei muri del castello di Celje sono quindi l'opera di restauro ininterrotto più duraturo della Slovenia.
Il complesso del castello è composto, dalla parte orientale, dall'alta torre detta Friderikov stop (di Federico), a pianta quadrata, sul colle, e dalla zona ovest con i locali dell'economia del castello, le strutture militari e il pozzo. La parte residenziale centrale ebbe una protezione supplementare, un fossato interno. La parte più vecchia del castello si sviluppò dalla torre residenziale con cortile murato, risalente alla prima metà del sec. XIII, costruita dai signori di Heunburg (documentato indirettamente dal 1241). Dal sec. XIII al sec. XVI il castello andava espandendosi sul colle del castello, diventando così uno dei castelli medievali più grandi della Slovenia.
Il castello aveva triplici mura di difesa e larghi fossati. Lavori di costruzione, consolidazione e riparazione si svolsero ancora alla fine del sec. XVI. Con la ristrutturazione e gli adattamenti, il castello ebbe successivamente il teatro estivo e le terrazze panoramiche. L'interno non ospita attività adeguate. Il complesso del castello è il più importante e il più grande castello medievale del territorio sloveno, si tratta di un tipo di castello gotico oblungo con nucleo romanico e anello di fortificazioni rinascimentali.
Enrica Quattrocchio - Il castello di Blonay Avise - Il cammino di San Martino. Puntata 4 parte 16
Il castello di Blonay o Torre Blonay è una delle torri più massicce e spesse presenti in Valle d'Aosta.
il sogno del gran scozzese.avi
condizioni del 20/02/2013 saliti i primi 4 tiri dopo il pellegrinaggio in val remir dopo l'indidente di 2 mesi fa
Dervio e le sue stagioni ALBA L
Ruote Nelle Storia 2018 Cisternino Brindisi Auto d'Epoca ACI Sport Magazine
Ruote Nelle Storia 2018
Cisternino (Brindisi)
Auto d'Epoca ACI Storico
ACI Sport Magazine
Montalcino, Cantine e Castello Banfi in HD 1080 (manortiz)
Il castello di Poggio alle Mura, noto anche come Castello Banfi in quanto proprietà e sede di rappresentanza di questa importante azienda vitivinicola, fu eretto, nella sua forma attuale, su un poggio presso la confluenza dei fiumi Orcia ed Ombrone nel 1438. La sua posizione e la storia del territorio circostante fanno supporre che l'origine possa addirittura risalire ai Longobardi, che qui avrebbero eretto una delle loro torri di guardia. Non esite documentazione comprovante questa teoria, anche se è certo che la costruzione del primo nucleo fortificato è antecedente all'anno mille. Il primogrande ampliamento risale invece alla seconda metà del 13° secolo [dopo la battaglia di Montaperti, 1260]. Le fonti scritteparlano di Poggio alle Mura per la prima volta solo nel 1377, indicando il castello fra le proprietà degli eredi di Francesco di Tommaso Colombini. Dopo l'ulteriore sopracitata ricostruzione del 1438, così importante da fare di Poggio alle Mura uno dei castelli più grandi del contado senese, altri lavori furono portati avanti nel corso del 17° secolo. Un'ala del fortilizio fu minata durante l'ultima guerra mondiale e ricostruita nell'ambito del recente magnifico restauro intrapreso dall'attuale proprietà.
Oltre che le valli dell'Orcia e dell'Ombrone dal colle di Poggio alle Mura è sempre stato facile controllare le vie di comunicazione fra Siena, ilMonte Amiata e la Maremma, quindi la posizione strategica ha da sempre posto il castello al centro di aspre contese fra la Repubblica Senese, che in questa direzione cercava il vitale sbocco al mare, gli Aldobrandeschi, signori del territorio, e Firenze, che temendo una troppo grande espansione commerciale della nemica Siena aveva interesse a chiudere ogni accesso a nuove risorse logistiche. Fra i proprietari del castello annoveriamo le famiglie dei Tolomei e dei Placidi, la Repubblica di Siena [che confiscò il castello proprio ad Ardello Placidi, accusandolo di essere un ribelle, per consegnarlo allo Spedale di Santa Maria della Scala], di nuovo i Placidi. Oggi la proprietà è della Banfi SpA che ne ha fatto un importante centro enoturistico.
La lettura dell'impianto fortificato non è delle più semplici a causa lestratificazioni architettoniche avvenute nel corso dei secoli. Il castello, di forma quadrata più o meno regolare, si articola attorno ad uncortile, tre lati sono occupati da vari edifici, il quarto è chiuso da unacortina muraria. Su questo fronte si apre la porta principale sormontata da apparato difensivo a sporgere. Una torre merlata svetta dal complesso. Lungo il perimetro esterno si può, in alcuni punti, ancora notare il basamento scarpato e la bella torre all'angolo nord, l'unica con ancora l'aspetto medievale originario. Sul lato nord si apre unaseconda porta, alla quale si accede grazie ad una rampa [aggiunta successiva] in pietra poggiata su due grandi archi. Il cortile d'onore è uno splendido esempio di architettura rinascimentale [così modificato quando il castello divenne un 'palazzo'] con basse arcate su pilastri ottagonali, un grande camino, volte a vela, lunotti decorati e uno stemma mediceo risalente al 16° secolo, successivo alla caduta di Montalcino. Si possono notare ancora alcune feritoie, poste oggi poco al di sopra del livello del suolo. Questo testimonia l'avvenuto rialzamento dell'area antistante alle mura: originariamente l'accesso avveniva mediante una cordonata a rampa. Con la successiva aggiunta di edifici interni si è venuto a creare un secondo portico di servizio, privo di decorazioni. Oggi il castello ospita il museo del vetro e del vino.
Un viaggio nelle carceri italiane
Basta non guardare le porte e potrebbe sembrare un convitto, o anche un ospedale. Invece è proprio un carcere.
Siamo a Bollate, hinterland di Milano. Vengono da tutta Europa a trarre ispirazione da un modello che responsabilizza il detenuto e ne prepara il reinserimento. Con i suoi laboratori - e c'è perfino l'ippoterapia - è un ideale che funziona davvero.
Per ora, però, il sogno si ferma qui. La Casa di reclusione II di Bollate fa ancora figura di cattedrale nel deserto, rispetto alle altr…
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Rovasenda (Vercelli, Piemonte) Castello - videomix
Il documento ufficiale dove compare per la prima volta il nome di Rovasenda è il diploma con cui il re Carlo il Grosso, discendente di Carlo Magno, conferma, nell'882, al vescovo di Vercelli, Luitvardo, il possesso del territorio vercellese. L'atto, tra l'altro, dice: «...confirmamus totam silvam Rovaxindam pertinentem ad plebem S. Laurentii» (cioè alla pieve di San Lorenzo di Gattinara). Il paese però non si trovava nella posizione attuale, ma sulle rive del torrente Marchiazza, in località Pievanasco.
La signoria dei Rovasenda ha inizio nel 965, quando Ingone, vescovo di Vercelli concede in feudo a Aimone, conte di Vercelli, il territorio coperto per la maggior parte dalla Silva Rovaxinda.
Nel 1170 Alberto di Rovasenda inizia la costruzione del Castello, circondandolo con un ampio fossato.
Il castello riveste nel corso dei secoli diverse funzioni: nasce per scopi esclusivamente militari, si trasforma in abitazione signorile tra il XV e il XVI secolo, diviene fulcro di una struttura economica e agricola nel XVIII secolo. Nel 1355 Rovasenda diventa confederata con i Marchesi del Monferrato; questo è anche il periodo in cui la Casata dei Savoia inizia la sua ascesa come nuova potenza egemone del territorio. Nei primi anni del Quattrocento tutte le terre del vercellese sono assoggettate al dominio sabaudo, solo il feudo di Rovasenda resiste non intendendo passare sotto i Savoia. Nel 1413, però, dopo che Amedeo VIII di Savoia pone sotto assedio il castello, anche i signori di Rovasenda sono costretti a cedere e si sottomettono. Il castello nel corso dei secoli subì numerose trasformazioni e ampliamenti. Nel 1459, ad opera di Antonio di Rovasenda viene eretta la torre attuale, alta 48 metri (ancora oggi una delle costruzioni più alte di tutto il vercellese). Questa torre è uno degli esempi più importanti del vercellese; essa poggia su un unico arco, mentre il terrazzo dell'ultimo piano è aggettante sulle pareti esterne, per lasciar posto ad una corona di caditoie quadre, undici per ogni lato. Contemporaneamente sul lato nord, attigua alla torre, è stata costruita anche un'ala fortificata, che presenta lo stesso stile architettonico con i merloni sostenuti da barbacani in pietra, sporgenti sul muro sottostante per l'apertura di caditoie quadre. Una nuova ala viene successivamente costruita in epoca rinascimentale e decorata con affreschi, soffitti a cassettoni ed ampie volte. Nel 1667, durante la guerra tra gli Spagnoli e Carlo Emanuele I il castello subisce gravi danni per assedi, saccheggi e incendi.
Nel 1721 Un fulmine si abbatté sul lato occidentale della nuova torre provocando uno squarcio di 15 m. nell' angolo Sud-Ovest che verrà riparato solo nel 1927.
Negli anni settanta è stato restaurato l'interno della torre su progetto dell'ingegnere Paolo Caccia Dominioni, che fu a lungo ospite del castello, sotto lo pseudonimo di Silva, nel periodo della resistenza,
Agli inizi del Novecento venne copiato dall'architetto Carlo Nigra per realizzare il Castello nuovo di Rovasenda.[1]
Due targhe commemorative datate 1971, poste sulla facciata del castello ricordano il primo millennio della Comunità di Rovasenda e la morte del valoroso Cavaliere di ventura Pierre Terrail de Bayard Cavaliere senza macchia e senza paura, ferito a morte il 30-4-1524 nei pressi del Castello.
Da Lessolo l'unica canavesana alle primarie di Sel
Vanda Bonardo, originaria di Dronero ma da 30 anni in Canavese, è l'unica candidata canavesana alle primarie di Sel per il Senato. Vive a Lessolo, insegna matematica a Banchette, è stata presidente di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta dal 1995 al 2011.
Il castello medievale
Approfondimento sulla storia del castello e sulla vita nel medioevo, tratto dalla serie di documentari Ulisse di Alberto Angela
Il Castello Aragonese di Belvedere Marittimo (CS) Come Non Lo Hai Mai Visto
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Tra i castelli più belli e meglio conservati della Calabria, il castello di Belvedere Marittimo, altrimenti detto del Principe, fu costruito nella seconda metà del XI secolo per volere di Ruggiero il Normanno.
In origine la sua dimensione doveva essere limitata e, probabilmente si sviluppò intorno ad un preesistente castrum bizantino. Solo successivamente il castello venne adibito a dimora stabile dei signori locali succedutisi nel feudo di Belvedere Marittimo. Divenuto e adibito quindi a residenza, prese il nome di castello del Principe. Nel corso dei secoli molte famiglie nobili si successero nel possesso del maniero.
Nel 1269 passò da Carlo I d'Angiò a Giovanni di Montfort. La baronia continuò con Simone di Bellovidere e con il feudatario Ruggero di Sangineto, che restaurò la struttura sia nel 1287 che nel 1289. Rimase proprietà dei Sangineto fino al 1376. Seguirono i Sanseverino fino al 1382, gli Orsini del Balzo fino al 1405, i Cutrario fino al 1426 e nuovamente i Sanseverino.
Quando il regno di Napoli fu conquistato dagli aragonesi nel 1426, molti feudi vennero confiscati, e tra questi anche quello di Belvedere Marittimo. Ferdinando d'Aragona infatti, raggiunse la Calabria per sedare l'infausta congiura dei Baroni ordita contro di lui. Fece quindi potenziare i castelli di Castrovillari, Corigliano e Belvedere Marittimo, oltre a edificare quello di Pizzo.
Nel 1490 il castello venne munito di ponte levatoio e ampliato con mura e due torri cilindriche merlate alla maniera guelfa. Ancora oggi l'ingresso è sormontato da una lapide con stemma aragonese retta da due putti. Nel 1494 il feudo ritornò ai Sanseverino fino al 1595, tempo intervallato da un breve dominio dei Giustiniani. Nel 1622 il comune di Belvedere Marittimo fu scisso dalla baronia dei Sangineto e divenne proprietà della famiglia feudataria dei Carafa, ai quali rimase fino alla confisca.
Il castello di Belvedere Marittimo è una struttura a pianta quadrata con le due torri esposte a sud. Sia queste ultime che le mura presentano accorgimenti di carattere difensivo tipicamente aragonesi, come il redondone e base scarpata. A sud e a ovest si vedono i ruderi del fossato e i piccoli spazi in cui erano legate le catene del ponte levatoio. Il castello del Principe di Belvedere Marittimo è stato dichiarato monumento nazionale e il modello in plastica è riprodotto ne L'Italia in miniatura a Rimini.
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* Le riprese sono di Massimo Iannuzzi - 320.0652319
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