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Tempio di Antas - Storia di Nuragici, Punici e Romani
Il tempio, nato come santuario nuragico, probabilmente intercantonale, fu attivo anche in epoca precoloniale, punica e romana, ma non rivela tracce di una fase fenicia.
Sin dall'inizio dell'età del ferro, nel IX secolo a.C., il sito ebbe una valenza funeraria, forse legata al culto degli antenati, come attesta una serie di tombe a pozzetto monosome rinvenute presso il podio. Una delle tombe restituì una figurina in bronzo, di fattura nuragica, ma di chiara influenza levantina, rappresentante una divinità maschile nuda che impugna con la mano sinistra una lancia, mentre alza la mano destra in segno benedicente. La statuina può essere associata alla fisionomia e ai tratti cultuali del dio punico Sid, guerriero e cacciatore, trasposizione della divinità locale Babai, che ricomparirà in età romana col nome di Sardus Pater Bab(a)i.
In età punica il santuario conobbe due fasi costruttive: la prima attorno al 500 a.C., subito dopo la conquista cartaginese dell'isola; la seconda, d'impronta punico-ellenistica, attorno al 300 a.C. Le labili tracce delle due fasi sono state individuate sotto la scalinata monumentale di età romana.
Che il tempio in età punica rivestisse una notevole importanza è testimoniato da diversi elementi architettonici e numerosi ex voto rinvenuti fuori contesto. Lo stato di frammentazione degli ex voto ha portato gli studiosi a ipotizzare una deliberata distruzione del santuario. Questa potrebbe essere avvenuta al tempo della rivolta dei mercenari cartaginesi di stanza in Sardegna, nel III secolo a.C., ovvero ad opera dei primi cristiani.
La struttura attualmente visibile risale all'età romana: un primo impianto è augusteo, mentre una seconda fase di ristrutturazione, con la collocazione dell'iscrizione di Caracalla nel frontone, risale al III secolo d.C.
Nell'epigrafe si legge: Imperatori Caesari M. Aurelio Antonino. Augusto Pio Felici templum dei Sardi Patris Babi vetustate conlapsum ... A ... restituendum curavit Q Coelius o Cocceius Proculus: in onore dell'imperatore Marco Aurelio Antonino Augusto, Pio Felice, il tempio del dio Sardus Pater Babi rovinato per l'antichità fece restaurare Quinto Celio (o Cocceio) Proculo.
Il monumento, costruito col calcare locale, presenta una gradinata d'accesso e un podio realizzato in opus quadratum. La gradinata, di cui restano solo tre gradini in parte ricostruiti, si componeva originariamente di numerosi ripiani pavimentati in cocciopesto; sul quarto ripiano, in corrispondenza di quella che doveva essere la roccia sacra del tempio punico, si elevava l'ara sacrificale, secondo i canoni rituali romani.
Il tempio si suddivide longitudinalmente in pronao, cella e adyton (o penetrale) bipartito. Il pronao, profondo m 6,6, ha quattro colonne sul prospetto e una su ciascun lato; le colonne hanno fusto liscio (m 8 circa di h ricostruita), basi attiche e capitelli ionici. La cella, di circa m 11 di profondità, presenta dei pilastri addossati alle pareti, mentre il pavimento conserva il rivestimento di mosaico bianco per l'intera superficie. Nel muro di fondo della cella si aprono due porte che immettono in due minuscoli vani quasi quadrati (l'adyton bipartito) dotati di due cisterne quadrangolari.
L'area sacra intorno al tempio, da sempre considerata parte integrante del precedente tempio punico, è stata invece recentemente interpretata come una parte aggiuntiva di età posteriore a Caracalla.
Fonte: Sardegna Cultura